Mobilità urbana sostenibile fa rima con elettrificazione

Basta petrolio per muoversi in città: meglio l’elettrico, perché sposta le emissioni lontano dai grandi centri – ma per ridurre quelle complessive il mix energetico deve evolvere verso le fonti sostenibili. Lo racconta in questa intervista a Innovazione Pa il professor Michel Noussan
3 Luglio 2024 |
Giulia Galliano Sacchetto

L’utilizzo delle fonti energetiche sostenibili è l’unico modo per rendere la mobilità urbana pubblica e privata davvero sostenibile. Il loro impiego su larga scala consente infatti di abbassare le emissioni, migliorando la qualità della vita nelle città. Tra queste fonti quella su cui si punta maggiormente è l’elettrificazione, con un numero crescente di amministrazioni pubbliche che scelgono di dotare il loro Comune di veicoli elettrici. Ma non bisogna dimenticare l’importanza del modo in cui viene prodotta l’energia necessaria a far muovere questi mezzi: il cosiddetto mix energetico si deve muovere verso una maggiore quota di fonti sostenibili. Altrimenti i problemi relativi alle emissioni di CO2 e altri inquinanti vengono solamente spostati dalle città che utilizzano l’elettrificazione ad altre zone, specie quelle dove l’energia viene prodotta, e non risolti. Innovazione Pa ha parlato di tutto questo con Michel Noussan, ricercatore del Politecnico di Torino e professore del corso di Mobilità Sostenibile della Sciences Po – Paris School of International Affairs.

Qual è lo stato dell’arte in Italia riguardo l’uso delle fonti energetiche sostenibili nella mobilità urbana? Mi può dare qualche numero (anche in confronto con il resto d’Europa)?

Secondo me bisogna innanzitutto definire che cosa includiamo tra le fonti energetiche sostenibili: questo perché, a livello globale, il focus è sempre di più sul cambiamento climatico, ma non bisogna dimenticare altri fattori come l’inquinamento locale che, soprattutto a livello urbano, rimane un tema chiave. Direi dunque che come fonti energetiche sostenibili ci riferiamo a quelle alternative ai prodotti petroliferi, che però sono ancora padroni del settore, quindi ad oggi principalmente ai biocarburanti e all’elettrificazione. A livello di numeri c’è un indicatore utilizzato di solito nel sistema dei trasporti che è la quota di energia rinnovabile a livello nazionale: il target al 2030 è del 29%, ad oggi l’Italia è al 10-10,1%, rispetto ad un livello medio europeo del 9,6%, Quindi il nostro paese è leggermente sopra la media, Francia e Germania ad esempio sono leggermente sotto di noi; ma siamo ancora lontani dall’obiettivo fissato dall’Ue.

Però questi numeri non vanno presi alla lettera: ci sono, infatti, dei moltiplicatori che spingono su alcune fonti in particolare, come i biocarburanti avanzati, per cui la percentuale non è proprio matematica, ma ci sono ancora affinamenti da fare. Si tratta comunque di numeri a livello nazionale perché è facile avere delle statistiche in questo senso sul settore dei trasporti a causa soprattutto della tassazione sui carburanti; molto più difficile è, invece, fare delle stime a livello urbano. Spesso si hanno a disposizione solo i dati delle grandi città che in autonomia decidono di fare un censimento. Da esperto del settore posso dire che a livello urbano la soluzione preferita è l’elettrificazione, soprattutto grazie alla diffusione di tram, metropolitane, autobus elettrici e così via. Questo ha un vantaggio notevole anche in termini di inquinanti, permettendo alle moltissime persone che vivono in città di beneficiare di una riduzione generale delle emissioni: l’elettrificazione, infatti, sposta il problema, sia delle emissioni di CO2 che degli altri inquinanti, verso i luoghi di generazione dell’elettricità stessa. É infatti fondamentale che l’elettricità con cui vengono alimentati i mezzi di trasporto provenga da fonti sostenibili. Altrimenti in città avremo sì meno inquinamento ma il problema alla radice non si risolverà.

Su questo aspetto possiamo dire che l’Italia è abbastanza in linea con altri paesi europei, però bisogna tenere presente che un conto è il valore medio, un altro sono le misure prese in ogni città. Diverse città sono a diversi livelli di sviluppo: ad esempio sulle infrastrutture basate su ferro, sia metropolitane che tramvie, come si evince anche dal rapporto Pendolaria, c’è ancora da fare, con gli investimenti che sono diminuiti rispetto al passato. Si tratta comunque di scelte politiche sia a livello locale che nazionale, ma si dovrebbe tenere conto del fatto che questo tipo di infrastrutture sono più facili da elettrificare rispetto ai parchi di veicoli privati.

Ci sono differenze tra l’approccio italiano alle fonti energetiche sostenibili nella mobilità urbana e quello di altri paesi europei?

Ci sono alcune differenze generali che sono in parte culturali, ad esempio il livello di motorizzazione, con l’Italia che, insieme ad altri paesi del sud dell’Europa, ha un livello di possesso e utilizzo di auto private tra i più alti rispetto ai vari altri paesi europei. Si tratta di un fattore che può costituire un freno all’uso di fonti energetiche sostenibili, ed è correlato all’uso dei mezzi pubblici. É una sorta di circolo vizioso, in cui è difficile capire qual è la causa e qual è l’effetto: si può dire, infatti, che si usa tanto l’auto perché non ci sono alternative e viceversa che non si investe nelle alternative perché tanto tutti usano l’auto. É comunque una situazione che rallenta gli interventi volti all’uso delle fonti energetiche sostenibili. Ci sono comunque alcuni esempi virtuosi, come Bologna e Milano, dove si cerca di superare la concezione auto-centrica del trasporto.

C’è poi anche un tema tecnologico, ovvero bisogna sì cercare di cambiare fonti energetiche, ma anche usare al meglio quelle disponibili. Ad esempio utilizzare mezzi che trasportino più persone possibili a parità di consumi. Quindi da un lato il trasporto pubblico, dall’altro la mobilità attiva che riduce i consumi energetici, soprattutto sui percorsi brevi che sono poi molto spesso quelli urbani. Non bisogna poi dimenticare di utilizzare al meglio le auto che si hanno, ad esempio con soluzioni di car sharing, condividendo le auto e occupando così meno spazio, che in molte città è un problema grosso, e car pooling, che permette di usare la stessa auto in modo più efficace condividendo il viaggio. Anche in questo caso ci sono soluzioni e aziende virtuose. Ma rimangono grosse differenze tra nord e sud e tra grandi e piccoli centri.

Si tratta dunque di iniziative singole senza un coordinamento a livello nazionale?

Sì, perché a livello nazionale ci si concentra, più che sulla mobilità urbana in generale, sui singoli aspetti, come ad esempio la sostituzione dei mezzi. Si sta spingendo sull’adozione di veicoli elettrici, settore in cui d’altra parte l’Italia è indietro, soprattutto perché sia gli incentivi che le infrastrutture di ricarica non sono ancora sufficienti. E i costi dei mezzi elettrici sono ancora elevati. Si tratta comunque di un approccio abbastanza comune, perché di solito a livello nazionale si spinge verso politiche che permettano, ad esempio, di rinnovare il parco mezzi, fornendo comunque delle linee guida sulla base delle quali poi ogni città decide che tipo di approccio adottare per la mobilità urbana. Poi ci sono stati anche casi di città disallineate con le politiche del governo centrale. E questo fa capire come dal punto di vista della mobilità urbana le singole città giochino un ruolo fondamentale. Ha comunque senso che a livello nazionale vengano date linee guida e indicazioni, ma anche investimenti. Questo perché si sta spendendo meno sui fondi di gestione del trasporto pubblico, che sono decisi a livello nazionale. Ci deve essere interazione tra livello locale e nazionale, ma è anche vero che assistiamo sempre di più a scelte positive di singole città che vengono emulate da altre, in un modello di interazione bottom-up. Cercherei di evitare un approccio top-down in cui a livello centrale viene deciso che cosa deve fare ogni singola città. Questo perché io credo che ogni città debba fare il suo anche in funzione delle sue caratteristiche e peculiarità geografiche e culturali.

Può farmi qualche esempio di aziende e/o pubbliche amministrazioni virtuose in merito all’incentivazione dell’uso delle fonti energetiche sostenibili nella mobilità urbana?

Sulle fonti specifiche il grosso trend che si riscontra è l’elettrificazione. Nel mondo, a livello di città e amministrazioni, è la Cina ad essere più avanti di tutti gli altri avendo spinto molto sull’impiego di autobus elettrici, tanto che in molte città cinesi le flotte di autobus sono interamente elettriche. In questo caso il motivo principale non erano tanto le emissioni di CO2 quanto l’inquinamento locale che ha prodotto un’azione top-down a livello nazionale che ha spinto le singole città, soprattutto le più grosse, a dotarsi di una flotta interamente elettrica. Lo stesso sta succedendo in alcune città in Sudamerica, come Santiago del Cile, che è la prima città fuori dalla Cina come flotta elettrica di bus. Anche molte città in Italia, grazie al PNRR, stanno andando in questa direzione, investendo molto sull’elettrico e, in alcuni casi, stanno facendo sperimentazioni con alternative come biometano o autobus ad idrogeno.

A livello di aziende ci sono quelle che spingono sul car pooling, come Bla Bla Car, che come tutti i servizi di quel tipo ha avuto difficoltà durante la pandemia, ma ora si sta riprendendo ed è un esempio che ne ha spinti tanti altri. Si tratta secondo me di una buona soluzione perché utilizza le piattaforme online per far incontrare domanda e offerta di mobilità. Qualche anno fa, sono stati pubblicati anche alcuni studi per analizzare quali fossero gli effetti in termini di risparmi di emissioni e hanno dimostrato, anche tramite analisi da parte di terzi, che i loro vantaggi in termini emissivi erano significativi rispetto a viaggi che sarebbero stati compiuti senza i car pooling. Ci sono poi altri servizi specifici, ad esempio società che offrono car pooling per le aziende nell’ottica del mobility management. Questi sono alcuni esempi virtuosi di iniziative che si possono intraprendere per decongestionare il traffico urbano e ridurre le emissioni sia locali che di CO2 a livello globale.

Quali sono, secondo lei, le fonti energetiche sostenibili su cui la mobilità urbana pubblica e privata dovrebbe puntare e perché?

Secondo me il punto centrale è che bisogna adottare un approccio di sistema: l’obiettivo finale è decarbonizzare tutto il sistema energetico, possibilmente in tutti i paesi del mondo. Considerando questo obiettivo in chiave nazionale bisogna allocare nel modo più efficiente possibile le risorse limitate che abbiamo. Sia il biometano che l’idrogeno sono risorse limitate, il primo perché i feedstock, cioè le materie prime, da cui produrlo non sono infiniti, il secondo perché ha una catena di produzione con un’efficienza energetica più bassa rispetto ad altre soluzioni. Per questo, secondo me, questo tipo di risorse andrà utilizzato nei settori che non hanno alternative, come nei settori di produzione di acciaio e cemento, ma anche nel campo della navigazione e dell’aviazione. Lo stesso discorso vale per i biocarburanti. Quindi per la decarbonizzazione dei trasporti urbani credo che la soluzione migliore sia l’elettrificazione diretta che, come detto poco fa, ha il vantaggio aggiuntivo di annullare le emissioni locali, cosa che farebbe anche l’idrogeno ma solo se venisse usato nelle fuel cell e non bruciato. Comunque, in generale, l’elettrificazione è la soluzione più semplice e in questo senso ci sono due alternative: l’uso delle batterie a bordo dei veicoli oppure l’utilizzo diretto dell’energia elettrica, come nelle metropolitane, nei filobus e nei tram. Questa seconda opzione avrebbe il vantaggio di non dipendere dalle batterie, risolvendo quindi anche il problema della ricarica e della fornitura di molta energia in poco tempo, necessaria per i profili di ricarica degli utenti. Se si riuscissero a bilanciare queste due alternative, creando un sistema in cui una parte di veicoli utilizza per forza di cose la batteria, ma un’altra significativa parte è connessa alla rete elettrica, si aumenterebbero ulteriormente le opportunità di elettrificazione dei sistemi di mobilità urbana.

Quali ritiene che siano i maggiori ostacoli alla diffusione delle fonti energetiche sostenibili in ambito mobilità urbana?

Il fattore economico è un argomento da affrontare, soprattutto a livello di investimenti. Bisogna certamente investire nei veicoli per il trasporto pubblico utilizzando investimenti pubblici o partnership con privati. Ma c’è anche la questione dei servizi di ricarica: si deve investire prima in questi ultimi o sui veicoli? L’ideale sarebbe fare degli investimenti in parallelo sui due fronti. Ma le aziende a cui viene chiesto di investire in infrastrutture di ricarica vogliono la garanzia che poi ci siano dei veicoli che le utilizzano e viceversa chi investe in veicoli vuole essere sicuro che ci siano le infrastrutture dove ricaricarli. Anche in questo caso, dunque, il coordinamento tra le due azioni è fondamentale. L’unico altro punto che considero potenzialmente critico è la densità di energia richiesta in ambito urbano: stiamo già assistendo, infatti, in alcuni casi, ad un aumento di fabbisogno legato ad esempio al condizionamento, per ovvie ragioni dovute al riscaldamento globale, ma anche alla diffusione di nuovi servizi come pompe di calore e cucine ad induzione. Quindi molte città stanno già sperimentando un aumento dei consumi elettrici a cui bisognerà fare attenzione e rispondere efficacemente, migliorando le infrastrutture di rete. In questo senso alcune ricerche hanno dimostrato che le criticità sulle infrastrutture di rete sono soprattutto a livello locale e non nazionale. Per cui non si tratta di un problema di produzione di energia elettrica a livello italiano, che è risolvibile, ma di una situazione circoscritta ad alcune città molto popolate dove le reti di distribuzione dovranno essere notevolmente potenziate per gestire questo processo di elettrificazione dei veicoli. Quindi è un problema economico che si delinea però sotto diversi aspetti e coinvolge diversi attori, per questo è necessario coordinarsi per ottenere un effetto efficace.

Secondo lei, che percezione hanno le persone rispetto all’uso delle fonti energetiche sostenibili nella mobilità urbana? C’è la consapevolezza che si dovranno piano piano cambiare le abitudini?

Secondo me la consapevolezza c’è, con alcune differenze: tra queste sicuramente l’età media delle persone a cui viene chiesta un’opinione su questi temi. Le nuove generazioni sono più sensibili, come dimostrano anche alcune ricerche. Ma non c’è solo la sensibilità verso l’uso di nuove fonti, come può essere l’auto elettrica, associata a nuove tecnologie che propongono nuovi modelli di utilizzo, come ad esempio diverse aziende di auto elettriche, che puntano anche sull’offrire altri servizi oltre all’elettrificazione del veicolo in sé. C’è anche il tema dell’utilizzo più razionale dell’energia, come si diceva prima: bisogna favorire l’uso dei mezzi pubblici e la mobilità attiva, soprattutto quando si può. Quindi non va fatta una lotta contro l’auto, ma, se vogliamo diminuire le emissioni, bisogna veicolare l’idea che la si usa solo quando non c’è alternativa. In questo modo si ridurrebbero anche il traffico e la congestione stradale e, di conseguenza, il rumore e l’inquinamento locale, oltre ad un tema cruciale come gli incidenti stradali. Da questo punto di vista, secondo me, stiamo gradualmente migliorando, ma siamo ancora lontani dagli standard europei. Ad esempio, le biciclette e i mezzi pubblici da noi sono spesso ancora considerati un ripiego e non la prima opzione. Il vero successo sarebbe rendersi conto che sono spesso il modo più veloce, più comodo e più efficace per arrivare dove si vuole in ambito urbano. E su questo c’è ancora da lavorare, sia a livello culturale che di soluzioni. Perché l’atteggiamento degli utenti dipende anche dal tipo e dalla qualità dei servizi che vengono loro proposti. Proporre un trasporto pubblico affidabile, puntuale e con un costo sostenibile lo rende più attrattivo e crea un circolo virtuoso: infatti più persone lo utilizzano, più risorse ci sono, più investimenti si possono fare per migliorare ancora. Si tratta quindi anche di una sfida volta ad invertire il circolo da vizioso a virtuoso.


Giulia Galliano Sacchetto
Giornalista professionista, con alle spalle esperienze in diversi campi, dalla carta stampata al web. Mi piace scrivere di tutto perché credo che le parole siano un’inesauribile fonte di magia.

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