Mentre la pandemia di coronavirus (Covid-19) continua ad imperversare nel mondo, le applicazioni e le iniziative tecnologiche si stanno moltiplicando nel tentativo di controllare la situazione, trattare i pazienti in modo efficace e facilitare gli sforzi degli operatori sanitari sovraccarichi di lavoro. Tutto questo mentre nei centri di ricerca si lavora ancora allo sviluppo di un efficace vaccino.
Per questo il Parlamento Europeo si è concentrato su uno studio che esamina in dettaglio come dieci diversi settori tecnologici stanno aiutando la lotta contro questa malattia pandemica mediante applicazioni innovative.
“Ten technologies to fight coronavirus” quindi offre uno spaccato sullo stato dell’arte e gli esempi più rilevanti di impiego efficace delle tecnologie più utili nella definizione delle strategie sanitarie. Tuttavia accompagna questa disamina con una riflessione attenta sulle principali sfide giuridiche e regolamentari, senza nascondere i principali dilemmi socio-etici che i vari usi di queste tecnologie pongono quando applicati in un contesto di emergenza pubblica come quello attuale.
Una scansione dell’orizzonte tecnologico nel contesto di Covid-19 indica che la tecnologia in sé non può sostituire o compensare altre misure di politica pubblica, ma che ha un ruolo sempre più critico da svolgere nelle risposte alle emergenze. Il Covid-19, la prima grande epidemia del nostro secolo, rappresenta un banco di prova importante per i responsabili politici e i regolatori che sono chiamati a riflettere sulla plausibilità legale, la solidità etica e l’efficacia delle tecnologie emergenti sotto la pressione del tempo. Trovare il giusto equilibrio sarà cruciale per mantenere la fiducia dei cittadini d’Europa sulle politiche a difesa della salute di tutti.
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Di fronte all’emergenza sanitaria Covid-19, l’Intelligenza Artificiale è stata utilizzata tanto in campo clinico quanto in quello sociale. Sono stati registrati esempi d’applicazione in ambiti diversi con risultati positivi ma anche risvolti problematici sul piano etico.
In ambito clinico, per esempio, l’IA è servita per il rilevamento di tracce di Covid-19 su immagini da scansioni polmonari di tomografia computerizzata.
Allo stesso modo ha reso possibile il monitoraggio, in tempo reale, dei cambiamenti della temperatura corporea attraverso l’uso di sensori indossabili.
In campo epidemiologico l’intelligenza artificiale, grazie alla capacità di elaborare grandi quantità di dati testuali non strutturati, è un ausilio di primaria importanza per prevedere il numero di potenziali nuovi casi in una specifica area e quali popolazioni saranno maggiormente a rischio.
È considerato uno strumento di grande importanza in fase di analisi e valutazione delle strategie di contenimento della malattia.
Altre applicazioni di intelligenza artificiale sono servite per scansionare grandi database di farmaci approvati per valutare quelli che potrebbero anche funzionare contro Covid-19.
Le tecnologie di intelligenza artificiale sono state sfruttate per sviluppare nuove molecole e per ridurre il tempo impiegato per analizzare la struttura secondaria dell’RNA del virus.
Grazie all’intelligenza artificiale sono stati sviluppati una serie di algoritmi di valutazione del rischio per Covid-19 per l’uso in contesti sanitari, incluso un algoritmo per le principali azioni che devono essere seguite per la gestione dei contatti di casi Covid-19 probabili o confermati, come sviluppato dal Centro europeo per Prevenzione e controllo delle malattie.
Sul piano sociale, soluzioni di intelligenza artificiale sono state usate, ovviamente, per l’individuazione di fake news sui social. Attraverso tecniche di apprendimento automatico vengono rintracciati i contenuti sensazionalistici o, al contrario, per identificare fonti autorevoli online.
Facebook, Google, Twitter e TikTok hanno collaborato con l’OMS per riesaminare ed esporre false informazioni su Covid-19. Ma qui, cominciano i problemi di ordine etico e democratico.
Lo studio sottolinea come nella gestione della risposta all’emergenze sanitaria, con le deroghe al diritto alla privacy, alla non discriminazione e alla libertà di movimento degli individui, l’impiego di tecnologie di intelligenza artificiale abbia assunto una forma spesso repressiva.
Per esempio, applicazioni di intelligenza artificiale per il riconoscimento facciale sono state usate per tenere traccia delle persone che non indossavano mascherine in pubblico.
I sistemi di rilevamento della febbre basati sull’intelligenza artificiale, nonché l’elaborazione dei dati raccolti su piattaforme digitali e reti mobili per tracciare i movimenti delle persone hanno contribuito all’applicazione draconiana di misure restrittive finalizzate a contenere l’epidemia.
Il colosso cinese della ricerca su Internet Baidu ha sviluppato un sistema che utilizza la tecnologia a infrarossi e di riconoscimento facciale per scansionare e scattare fotografie di oltre 200 persone al minuto presso la stazione ferroviaria di Qinghe a Pechino. A Mosca, le autorità stanno utilizzando la tecnologia di riconoscimento facciale automatizzata per scansionare i filmati delle telecamere di sorveglianza nel tentativo di identificare i recenti arrivi dalla Cina, messi in quarantena per paura di Infezione da covid19.
Infine, le autorità cinesi stanno impiegando droni per pattugliare luoghi pubblici, usare immagini termiche o rintracciare persone che violano le regole di quarantena. L’apporto delle soluzioni di AI, quindi, non dipenderà solo dalle capacità tecniche, ma anche dal modo in cui decisori pubblici, controllori umani e sviluppatori supervisioneranno i loro percorsi di implementazione in conformità con ben definiti standard algoritmici, principi legali e garanzie etiche.
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La natura altamente contagiosa del Covid-19 implica l’urgenza di trovare soluzioni appropriate su diversi aspetti: rendere più veloce ed efficace il tracciamento dei contagiati, arrestare la diffusione del virus, condividere i passaggi per lo sviluppo di un vaccino. Le applicazioni blockchain potrebbero fornire un mezzo solido, trasparente ed economico per facilitare un processo decisionale efficace e, di conseguenza, potrebbero portare a risposte più rapide durante le emergenze di questo tipo.
Secondo lo Studio la blockchain ha il potenziale per diventare parte integrante della risposta globale al coronavirus attraverso il suo principale punto di forza: l’impiego diffuso dei “registri” sicuri, certificati, aggiornati centinaia di volte al giorno.
Inoltre, l’utilizzo della blockchain può migliorare l’accuratezza diagnostica e l’efficacia del trattamento, semplificare il rapido isolamento di casi positivi, tracciare le catene di approvvigionamento di farmaci e forniture mediche, gestire i dati medici e identificare i modelli di propagazione della malattia.
In casi come un focolaio di virus, in cui viene rilasciato un numero elevato di dati in arrivo in tempo reale, la blockchain può ridurre l’incertezza e offrire un supporto computazionale certo e una piattaforma automatizzata per la registrazione e lo scambio di informazioni fattuali coerenti tra più parti.
Oltre al valore della blockchain come strumento di monitoraggio dei dati sanitari, le autorità sanitarie possono utilizzare sistemi blockchain autorizzati per affrontare la sfida dell’interoperabilità sanitaria e aiutare ad accelerare gli studi clinici facilitando l’archiviazione e la condivisione dei dati tra i ricercatori, garantendo nel contempo l’affidabilità dei dati degli studi clinici.
Cosa resta da fare secondo gli esperti? Affinché l’applicazione della blockchain in un contesto di emergenza sanitaria riesca a garantire un tangibile valore aggiunto, si dovrà fare ampio uso delle sue caratteristiche di crittografia combinate con un impegno peer-to-peer decentralizzato in modo da migliorare la sicurezza, la conformità normativa, il consenso, la privacy selettiva e la tempestività delle informazioni.
Lo Studio voluto dal Parlamento Europeo si è soffermato su alcuni esempi rilevanti di impiego delle piattaforme blockchain. Per esempio una piattaforma blockchain è stata di grande ausilio per il tracciamento delle donazioni nell’area di Wuhan. Grazie a questa soluzione i donatori potevano monitorare dove fossero necessari fondi, ricevere notifiche sulle donazioni e, quindi tracciare il loro corso. La natura senza confini di Covid-19 e la carenza globale di mascherine richiedono una collaborazione più ponderata e pianificata per affrontare la vulnerabilità della catena di fornitura.
A questo scopo è stata lanciata una piattaforma basata su blockchain che consente agli utenti di tracciare la domanda e le catene di approvvigionamento di forniture mediche, data la carenza di maschere facciali, e di far fronte alle sfide associate alla gestione, assegnazione e donazione delle forniture di soccorso.
Nel contesto del tracciamento dei dati sulle epidemie, un tracker abilitato alla blockchain ha un dashboard speciale per tracciare infezioni, decessi e recuperi in tutto il mondo in tempo reale, assicurando che ogni informazione condivisa non possa essere manipolata o modificata. La società blockchain con sede a Singapore, Algorand Foundation, ha recentemente lanciato un’applicazione chiamata IReport-Covid per consentire agli utenti sintomatici e non sintomatici di riportare direttamente tutte le informazioni che desiderano sul virus in forma anonima compilando questionari volontari.
La Blockchain può gestire le cartelle cliniche in modo sicuro, garantendo l’interoperabilità senza compromettere la sicurezza e la privacy dei pazienti. Un’altra applicazione basata su blockchain aiuta le agenzie governative a tenere traccia dei pazienti e dei nuovi casi sospetti e consente ai medici di analizzare i sintomi dei pazienti e monitorare i dati diagnostici in tempo reale, integrando i dati sull’anamnesi dei pazienti.
Insomma, in un mondo interconnesso che affronta serie sfide di interoperabilità, le tecnologie blockchain potrebbero contribuire a un robusto sistema di allarme epidemico. Tuttavia, per gli esperti esistono ancora diversi aspetti critici specie sul piano delle garanzie legali: data la natura distribuita dell’informazione nella blockchain, chi dovrebbe essere responsabile dei dati? Chi dovrebbe essere in grado di accedervi? Come dovrebbero essere identificati i pazienti e le organizzazioni di sanità pubblica nel database? Chi controlla la blockchain? Dove si trovano i server e quali tipi di controlli digitali e fisici esistono?
L’applicazione delle tecnologie blockchain in un contesto di emergenza ha un grande potenziale ma deve ancora fare i conti con limiti significativi che si riferiscono ai costi in termini di potenza computazionale, alla mancanza di integrazione con i sistemi legacy, al carattere aperto dell’informazione che può diventare una responsabilità seria in ambienti che hanno requisiti di privacy rigorosi.
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Durante le epidemie, la rapida condivisione dei dati è fondamentale in quanto consente una migliore comprensione delle origini e della diffusione dell’infezione e può servire come base per la prevenzione, il trattamento e l’assistenza efficace. La capacità delle tecnologie dell’informazione di consentire la diffusione a basso costo dei dati ha portato alla creazione di una moltitudine di repository e piattaforme informatiche per la condivisione dei dati. La maggior parte di queste attività di raccolta dei dati sono coordinate da organizzazioni internazionali come l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Allo stesso tempo, è stato anche sviluppato un numero crescente di iniziative dal basso verso l’alto e di open data e progetti open source, che facilitano l’accesso ai dati di ricerca e alle pubblicazioni scientifiche, nonché la condivisione di progetti per la produzione di attrezzature mediche critiche come ventilatori e visiere. La caratterizzazione del virus 2019-nCoV è stata la più rapida nella storia, un database open l’8 gennaio 2020, ha aperto la strada agli scienziati di tutto il mondo per iniziare a lavorare sullo sviluppo di un trattamento della malattia e ha consentito ai laboratori di sviluppare la diagnostica necessaria in un arco di tempo molto limitato. Da allora, tutte le agenzie di sanità pubblica e le università di tutto il mondo hanno condiviso pubblicamente oltre 183 sequenze di varianti di SARS-CoV-2 nello sforzo gigantesco di sviluppare un vaccino efficace contro questo nuovo virus. In effetti, le iniziative più importanti per prevenire e monitorare la diffusione della malattia si sono basate su un ecosistema in continua crescita di open science, open data e piattaforme open source che condividono dashboard, informazioni e risorse di vitale importanza per i decision maker. Ad esempio, le autorità sanitarie pubbliche, le università e i laboratori clinici stanno rilasciando dati genomici da campioni Covid-19 a una velocità senza precedenti, l’OMS fornisce rapporti sullo stato giornaliero, compresi nuovi casi, mentre più di 30 importanti editori hanno accettato di rilasciare tutte le pubblicazioni sul Covid-19 come immediatamente accessibili su archivi pubblici. I principali editori, tra cui Elsevier, Springer Nature, Wiley Online Library, Emerald e Oxford University Press, hanno creato una pagina di risorse open liberamente disponibili. La condivisione dei dati e le tecnologie open source possono offrire un grande progresso su temi come l’accessibilità delle informazioni o gli standard aperti che, loro volta, favoriscono la rapidità di sviluppo di prototipi e scoperte scientifiche.
In questo contesto, sono state sviluppate diverse iniziative in tutto il mondo per sviluppare nuovi design a basso costo e open source per qualsiasi cosa, dai ventilatori agli schermi facciali. Gli strumenti di analisi open source per lo studio dell’epidemia di coronavirus Covid-19 hanno contribuito alla costruzione di un’intelligenza collettiva sul virus e alla generazione di approfondimenti dal basso che possono semplificare il processo decisionale in modo collaborativo e accessibile e hanno persino contribuito a affrontare la carenza di apparecchiature medicali.
Just One Giant Lab, per esempio, ha sviluppato una metodologia di test coronavirus open source per condividere i progetti in modo che i laboratori certificati possano produrre facilmente kit di test.
NextStrain è un’applicazione open source che traccia l’evoluzione di virus e batteri. Questa soluzione raccoglie tutti i dati provenienti dai laboratori che sequenziano il genoma SARS-CoV-2 e li centralizza in un unico posto sotto forma di un albero genomico.
I ricercatori hanno anche condiviso nuove scoperte sul profilo genomico del virus attraverso pubblicazioni open source e siti di prestampa come BioRxiv e Chinaxiv.
Tuttavia, esistono dei punti critici. È necessario semplificare e coordinare le principali attività open source dello stesso tipo in modo da capitalizzare e concentrare il valore di interesse pubblico dei dati raccolti e del software aperto.
Purtroppo persistono problemi di sostenibilità finanziaria, affidabilità, manutenzione tecnica, complessità e licenze. La creazione di database aperti, inoltre, solleva preoccupazioni sulla tutela della privacy e della sicurezza e anche sulla proprietà dei dati divulgati e sull’esperienza necessaria per accedere e utilizzare le informazioni.
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La pandemia di Covid-19 pone sfide molto impegnative per l’erogazione dei servizi di assistenza sanitaria.
Praticamente in tutti gli stati del mondo nella fase più severa della crisi sanitaria sono stati chiusi i servizi sanitari non essenziali per alleggerire il carico negli ospedali sovraffollati.
I servizi di telemedicina allora sono stati una importante alternativa, consentendo un adeguato livello di assistenza, anche in presenza di regimi di isolamento domiciliare e quarantena.
Le tecnologie di telemedicina consentono ai pazienti di essere visitati e diagnosticati a distanza dai medici tramite un sistema di comunicazione interattiva bidirezionale audiovisivo. Ciò include le “visite” tramite computer, tablet e smartphone abilitati per la webcam, chatbot e algoritmi automatizzati.
Le soluzioni di erogazione a distanza di servizi di assistenza clinica offrono numerosi vantaggi.
Innanzitutto, consentono agli ospedali di essere tenuti liberi per i casi più seri; in secondo luogo riducono le velocità di trasmissione del virus, poiché non vi è alcun rischio di esposizione al patogeno; e in terzo luogo, sono disponibili in qualsiasi momento e consentono di gestire più pazienti rispetto all’assistenza di persona.
Gli ospedali e le autorità sanitarie in diversi Paesi stanno attualmente impiegando controlli online dei sintomi per verificare le condizioni dei pazienti e per ottenere storie dettagliate di viaggi ed esposizioni al rischio di contagio.
La telemedicina, inoltre, è il mezzo più pratico per portare le competenze cliniche sulle malattie infettive dei paesi avanzati in aree geografiche che non hanno accesso a risorse d’eccellenza.
Infine, la telemedicina può migliorare il triage efficace – l’ordinamento dei pazienti prima che arrivino al pronto soccorso – e il coordinamento delle cure per i sospetti con Covid-19 o le persone che sono state esposte a un paziente Covid-19.
Lo studio cita diversi casi. Tra questi, quello che dell’Amministrazione americana che ha annunciato la possibilità per i cittadini statunitensi iscritti a Medicare di parlare con un medico per telefono o chat video senza costi aggiuntivi.
Il Center for Disease Control and Prevention (CDC) degli Stati Uniti offre, invece, uno strumento di autocontrollo del coronavirus, sotto forma di un bot online soprannominato Clara.
Diciotto stati oltre a Washington DC hanno emanato norme di emergenza per aumentare l’uso della teleassistenza per proteggere gli operatori sanitari e le popolazioni di pazienti ad alto rischio.
In questo periodo le aziende di telemedicina che hanno sviluppato servizi online per l’autocontrollo dei sintomi del Coronavirus hanno visto un aumento del 50% della domanda negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
Tuttavia, una serie di vincoli può influire sulla diffusione delle tecnologie di telemedicina su larga scala. Questi includono la capacità tecnologica e l’accessibilità dei sistemi da parte degli utenti, la capacità della maggior parte dei sistemi di sanità pubblica di integrare queste tecnologie al proprio interno e la necessità di una formazione adeguata per operatori sanitari già sovraccarichi.
L’introduzione dei servizi di telemedicina solleva anche una serie di preoccupazioni etiche in relazione alla privacy, alla riservatezza, alla convenienza e ad una possibile disumanizzazione della medicina. Sebbene permangano alcune sfide normative, tecnologiche ed etiche, l’epidemia di Covid-19 potrebbe fornire il giusto impulso ai legislatori e alle agenzie di regolamentazione dell’UE per allentare i rigidi requisiti normativi e tecnologici attuali e introdurre esenzioni che consentirebbero, per esempio, di utilizzare anche i sistemi di comunicazioni tramite smartphone per applicazioni di vera telemedicina.
Per il futuro, un’ipotesi sarebbe quella di offrire i servizi di telemedicina gratuitamente, abilitando tutte le modalità di crittografia e privacy disponibili quando si utilizzano tali applicazioni in modo da proteggere le informazioni sensibili sulla salute.
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Dato l’elevato rischio di saturazione della capacità di assistenza del sistema sanitario, compresa la disponibilità di hardware medico (maschere per il viso, ventilatori e filtri respiratori) per il trattamento dei pazienti Covid-19, i governi di tutto il mondo stanno adottando misure sempre più decise per incrementare la produzione e ottimizzare l’offerta di attrezzatura medica.
La stampa tridimensionale (3D) può svolgere un ruolo importante come tecnologia di produzione di apparati utili a mantenere in vita i pazienti.
La stampa 3D è una tecnica di produzione additiva in cui gli oggetti vengono creati unendo o stampando un materiale strato su strato, sulla base di modelli digitali.
Il vantaggio principale di questa tecnica è che le parti necessarie possono essere realizzate anche in piccole quantità e prodotte a basso costo, poiché è necessario un solo tipo di macchina di produzione, i file CAD (computer-aided design) possono essere distribuiti e i materiali possono essere di provenienza locale.
Data l’accessibilità, la relativa facilità di progettazione, i test dei prodotti e la flessibilità, la stampa 3D diventa preziosa quando le catene di approvvigionamento di prodotti critici vengono messe a dura prova, come nel caso della pandemia di Covid-19.
I produttori hanno unito le forze per affrontare i problemi di approvvigionamento delle strutture sanitarie durante la pandemia di Covid-19, producendo valvole per ventilatori, filtri respiratori, kit di test e fermagli per maschere facciali. Molti operatori del settore stanno anche creando prodotti nuovi come adattatori per maniglie in plastica che consentono una facile apertura per migliorare l’efficacia delle misure di igene.
È importante che le organizzazioni che detengono file di progettazione proprietari per le apparecchiature mediche li rendano immediatamente disponibili in modo che possano essere prodotti ovunque. A tal fine, per esempio, è stato creato un foglio Google pubblico per riunire i produttori e fornire servizi di stampa 3D per componenti come le valvole dell’ossigeno.
In risposta alla richiesta urgente della Commissione europea di attivare modi alternativi di produrre attrezzature, l’Associazione europea delle industrie di macchine utensili e le relative tecnologie di produzione (CECIMO) ha recentemente chiesto ai suoi membri di aiutare nella “produzione di attrezzature” gli ospedali europei.
Allo stesso tempo, si stanno moltiplicando i progetti di prodotti medici stampabili in 3D da utilizzare per affrontare l’epidemia. Lo studio cita l’esperienza dei volontari italiani che hanno usato una stampante 3D per fare copie modificate di una valvola brevettata distribuite in un ospedale di Brescia dove 250 pazienti con coronavirus avevano bisogno di macchine respiratorie.
Oltre alle protezioni per il viso stampate in 3D che emergono dalla Polytechnic University di Hong Kong, Ultimaker sta mettendo a disposizione la sua rete globale di centri di stampa 3D, esperti e designer per gli ospedali, e una società di New York ha trasformato la sua attività di stampa 3D in un sito di produzione per gli schermi facciali che gli operatori sanitari devono usare per eseguire i test Covid-19.
In Cina, oltre 5.000 paia di occhiali protettivi stampati in 3D sono stati progettati, fabbricati e donati agli ospedali cinesi nell’arco di sole due settimane.
Anche in questo caso lo studio sottolinea quali siano le principali criticità. Per la stampa 3D la sfida consiste nel confronto sul tema del diritto contrattuale, della responsabilità civile, della legge sulla protezione dei consumatori, la protezione dei dati, la sicurezza dei materiali e la legge sulla proprietà intellettuale, inclusi problemi di copyright, brevetti, design, marchi tridimensionali e persino indicazioni geografiche.
È probabile tuttavia che molti sviluppatori o persino Stati membri chiedano una deroga temporanea a determinati requisiti procedurali della direttiva sui dispositivi medici, data l’urgenza della situazione e introducano una procedura accelerata.
A tale proposito, il 16 marzo 2020 la Commissione europea ha adottato la raccomandazione 2020/403 sulla valutazione della conformità e le procedure di vigilanza del mercato nel contesto della minaccia Covid-19.
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Nel caso di Covid-19, sono bastate due settimane dalla segnalazione del virus all’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) affinché gli scienziati lo isolassero e scoprissero l’intera sequenza del suo materiale genetico. La divulgazione di questo codice genetico può far luce sulle origini e sulla diffusione della malattia e anche indicare potenziali bersagli farmaceutici per lo sviluppo di farmaci. Secondo lo Studio sono già in fase di sviluppo almeno 20 vaccini contro il coronavirus e il primo studio clinico di fase I per un potenziale vaccino Covid-19 è iniziato a Seattle, Washington, a metà marzo. Lo studio ha coinvolto 45 partecipanti che hanno ricevuto una prima dose del vaccino nell’arco di sei settimane, seguite da una seconda dose dopo 28 giorni.
Il tempo, in questa crisi, gioca un aspetto cruciale e per questo potrebbero venire in aiuto le tecnologie genetiche – in particolare le CRISPR (ripetizioni palindromiche brevi intersecate periodicamente) – Cas9 (proteina 9 associata a CRISPR).
Le CRISPR sono state impiegate per trattare la distrofia muscolare e l’Alzheimer nei topi, combattere i batteri resistenti ai farmaci e allevare pomodori più gustosi.
Sebbene siano in corso numerosi studi clinici che utilizzano l’approccio CRISPR-Cas9 per il trattamento delle malattie genetiche umane, c’è ancora spazio per migliorare l’efficienza, la specificità e la diffusione di questa tecnologia per la sua più ampia applicazione in medicina.
Anche se i risultati degli studi clinici sull’editing del genoma CRISPR finora sono stati promettenti, i ricercatori affermano che è ancora troppo presto per sapere se la tecnica sarà sicura o efficace sul fronte clinico.
Gli scienziati hanno testato la capacità molto meno controversa del CRISPR di disabilitare o correggere i geni problematici in altre cellule al fine di trattare diverse malattie. I medici del Casey Eye Institute dell’Oregon Health & Science University di Portland hanno recentemente utilizzato la modifica del gene CRISPR su un paziente per la prima volta.
Nonostante la loro natura sperimentale, le tecnologie ogm potrebbero aiutare nella lotta contro le infezioni batteriche sempre più resistenti e i virus in rapida mutazione.
Potrebbero facilitare una migliore comprensione delle interazioni ospite-patogeno e migliorare la diagnosi o fornire un modo di trattare le malattie infettive più rapido e meno costoso.
La tecnologia CRISPR-Cas9 sta migliorando la comprensione delle interazioni microbo-ospite come non era possibile fare in precedenza e viene applicata per sviluppare nuovi sistemi diagnostici per le malattie infettive.
Le tecnologie CRISPR ideate di recente rappresentano un’opportunità senza precedenti per rimodellare la sorveglianza epidemiologica e la diagnostica molecolare sviluppando strumenti di diagnosi espressa sotto forma di kit di facile utilizzo per la rilevazione rapida di un virus nei campioni umani.
Gli aspetti critici in questo caso riguardano le preoccupazioni rispetto a possibili effetti collaterali delle tecnologie genetiche. Sebbene gli scienziati stiano sviluppando un modo per rendere più sicura la tecnologia di editing genetico, uno dei principali ostacoli alla traduzione di CRISPR / Cas9 in strumenti clinicamente utili è la possibilità di effetti off-target che possono provocare trasformazioni maligne.
Una delle maggiori preoccupazioni sull’uso di CRISPR / Cas9 in ambito clinico riguarda il potenziale rischio che, col ridursi delle barriere tecniche, la tecnologia possa essere utilizzata in modo improprio per lo sviluppo di armi biologiche. Più specificamente, CRISPR potrebbe facilitare la modifica di un patogeno esistente per renderlo più dannoso, modificare un organismo non patogeno per incorporare geni e tratti patogeni e persino, teoricamente, sintetizzare un nuovo patogeno.
Nonostante l’accessibilità economica, la facilità d’uso e la disponibilità diffusa del CRISPR, rimangono quindi grandi dubbi di tipo etico e rischi potenziali molto seri.
Alla luce di queste sfide e, poiché le tecnologie di modifica genetica sembrano far parte della corsa internazionale alla sperimentazione di farmaci e vaccini antivirali coronavirus, lo sviluppo di sistemi diagnostici basati su CRISPR e di possibili vaccini o terapie richiederà una forte supervisione etica, forti prove a dimostrazione di un grado sufficiente di sicurezza ed efficacia di tali interventi nonché la dimostrazione dei vantaggi della tecnologia genetica rispetto ad altre strategie antivirali e metodi standardizzati.
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La nanotecnologia è un campo multidisciplinare che utilizza particelle e dispositivi di dimensioni nanometriche per varie applicazioni, tra cui diagnostica, la consegna mirata di farmaci e la produzione di nuovi materiali terapeutici.
Le nanoparticelle come l’oro e l’argento sono state utilizzate in applicazioni biomediche e diagnostiche, ad esempio, per il rilevamento di particelle virali.
La nanotecnologia ha dimostrato di aiutare nel trattamento dell’infezione virale mediante vari meccanismi. Le nanoparticelle possono agire come sistemi antivirali di rilascio di farmaci, possono interagire e legarsi a un virus e quindi impedirgli di entrare nella cellula ospite, possono essere progettati per avere effetti antivirali.
Un gruppo di scienziati dell’Institute for Protein Design dell’Università di Washington ha prodotto nanoparticelle per creare un vaccino più efficiente contro il Covid-19 attraverso modelli computazionali che consentono di prevedere e progettare proteine autoassemblanti.
Inoltre, un gruppo di ricercatori dell’Università di Lille e della Ruhr-Università di Bochum ha recentemente dimostrato che l’aggiunta di nanoparticelle d’oro e punti quantici di carbonio (CQD) al terreno di coltura cellulare prima e durante l’infezione con coronavirus riduce notevolmente il tasso di infezione delle cellule.
Sona Nanotech ha sviluppato un test di screening per identificare il nuovo Coronavirus, 2019-nCoV, in meno di 15 minuti, applicando la sua tecnologia proprietaria nanorod.
Nel frattempo la Commissione europea e il Ministero spagnolo della scienza e dell’innovazione hanno recentemente annunciato la loro intenzione di finanziare un progetto di ricerca, CONVAT, per sviluppare un test Covid-19 basato su nanobiosensori. CONVAT fornirà un nuovo dispositivo basato sulla nanotecnologia di un biosensore ottico che consentirà il rilevamento del coronavirus direttamente dal campione del paziente entro circa 30 minuti, senza la necessità di test in laboratori clinici centralizzati. Una startup israeliana, Sonovia, ha sviluppato un tessuto a nanoparticelle che può essere utilizzato in maschere mediche, indumenti protettivi e materiali ospedalieri, mentre i ricercatori dell’Università di Scienza e Tecnologia di Hong Kong hanno sviluppato un rivestimento polimerico antimicrobico multilivello (MAP-1) efficace nell’uccidere virus, batteri e spore.
Su questa linea, nel frattempo, vengono testati disinfettanti a base di nanopolimeri che possono eliminare batteri, virus, lieviti, muffe e altri microrganismi con un effetto dichiarato fino a 21 giorni nei mezzi di trasporto pubblico di Praga.
Infine, una società di Hong Kong ha recentemente annunciato la produzione di maschere tecnologiche brevettate nanoDiamonds antibatteriche e antivirali, che possono aiutare a combattere la pandemia di Covid-19.
Tuttavia le dimensioni delle nanoparticelle costituiscono un rischio, si teme che possano penetrare in altre parti del corpo. Il potenziale di rischi ed effetti collaterali imprevisti, la tossicità di nanoparticelle e nanomedicina e la funzione incontrollata e l’autoassemblaggio di nanoparticelle sollevano molti dubbi.
La nanomedicina non è regolata in modo specifico nel diritto dell’UE. Il regolamento UE sui dispositivi medici, che si applica solo limitatamente di nanomedicina, diventerà pienamente applicabile a maggio 2020 e riguarda i requisiti di informazione (etichettatura) sui nanomateriali e la valutazione della sicurezza di questi materiali.
Nella sua guida sulla determinazione dei potenziali effetti sulla salute dei nanomateriali utilizzati nei dispositivi medici, il Comitato scientifico sui rischi sanitari emergenti e recentemente identificati (SCENIHR) afferma che il rischio potenziale derivante dall’uso dei nanomateriali nei dispositivi medici è principalmente associato alla possibilità di rilascio di nanoparticelle libere dal dispositivo.
Oltre alle sfide associate all’assenza di una definizione uniforme di nanomateriale, è necessario stabilire metodi e strumenti validati per il rilevamento, la caratterizzazione e l’analisi, il completamento di informazioni sui pericoli dei nanomateriali e lo sviluppo di metodi per valutarne l’esposizione umana prolungata.
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Nella biologia sintetica, gli scienziati adottano un approccio multidisciplinare, usando biologia, ingegneria, genetica, chimica e informatica per alterare sostanzialmente il genotipo dei virus. Questo può portare progressi in campi che vanno dallo sviluppo di farmaci e vaccini al controllo dei parassiti delle specie invasive. In risposta all’attuale pandemia, i biologi sintetici stanno applicando strumenti all’avanguardia per accelerare lo sviluppo del vaccino.
Convenzionalmente, i ricercatori studiano un virus isolandolo dalle cellule di un paziente malato e coltivandolo in una capsula di Petri. Tuttavia, quando si verifica un focolaio di malattia lontano, i laboratori possono impiegare mesi per accedere ai campioni fisici. In tali situazioni, i ricercatori possono utilizzare una versione sintetica del virus, noto come clone infettivo, in modo da poter iniziare a studiarlo senza perdere tempo. Il virus sintetico è solo un sostituto del virus reale.
Un altro grande vantaggio della biologia sintetica è che gli scienziati possono eseguire modelli computerizzati di milioni di diverse sequenze proteiche per trovarne una che formerà spontaneamente la nanoparticella ideale, ovvero la forma e la composizione proteica ottimale.
Un nuovo tipo di vaccino che può essere conservato a temperature più calde, eliminando la necessità di refrigerazione, è già stato progettato utilizzando uno scaffold di proteine sintetiche che potrebbe rivoluzionare il modo in cui i vaccini vengono progettati, prodotti e conservati.
Nel contesto della pandemia di Covid-19, la biologia sintetica è stata vista come il prossimo passo nel progresso nello sviluppo della vaccinazione in quanto viene utilizzata come strumento di progettazione per rendere i vaccini più efficaci.
In occasione dell’emergenza Covid-19, Bill e Melinda Gates Foundation e il National Institutes of Health hanno investito nel campo della biologia sintetica, con l’obiettivo di progettare vaccini. Un vaccino, sviluppato attraverso la biologia sintetica, non sarebbe solo più “scalabile” ma funzionerebbe anche senza la necessità di essere refrigerato.
Dal 2018, nell’ambito del programma DARPA Pandemic Prevention Platform (P3), AbCellera sviluppa una piattaforma tecnologica per la risposta pandemica in grado di sviluppare contromisure mediche pronte sul campo entro 60 giorni dall’isolamento di un patogeno virale sconosciuto. Nel mentre, i ricercatori del Vanderbilt Vaccine Center hanno recentemente creato un “kit di strumenti” completo per identificare e analizzare gli anticorpi isolati dal sangue dei sopravvissuti per la loro capacità di neutralizzare la SARS-CoV-2. Allo stesso modo, un laboratorio di Cambridge ha utilizzato la biologia sintetica per individuare un’area critica del codice genetico del virus che potrebbe aiutare a sviluppare un vaccino pronto per il test in un arco di tempo molto breve.
Nonostante i potenziali benefici della biologia sintetica, sussistono tuttavia diverse incertezze scientifiche, giuridiche ed etiche. Queste sono associate allo sviluppo della vita sintetica, delle cellule o dei genomi e riguardano il loro potenziale impatto sull’ambiente, sulla diversità biologica e sulla salute umana. Questi rischi comprendono la possibilità che gli organismi artificiali possano sfuggire di mano e causare disastri ambientali, sollevando preoccupazioni per la sicurezza intorno ai sistemi biologici ingegnerizzati e preoccupazioni per gli effetti dannosi e non intenzionali delle nuove tecnologie sintetiche. Il recente ingresso di un vaccino sintetico non dimostrato direttamente negli studi clinici ha anche sollevato preoccupazioni in termini di sicurezza in quanto non sono stati condotti test sugli animali prima di quelli su volontari umani, esponendoli a possibili rischi.
Un grande timore nel campo della biologia sintetica riguarda il suo potenziale uso improprio.
In effetti, i virus frutto di ingegneria potrebbero anche portare alla creazione di agenti patogeni ancora più mortali di quelli presenti in natura.
Sebbene il diritto internazionale e dell’UE tocchi molti dei rischi asimmetrici associati alla biologia sintetica, il suo uso responsabile nel contesto delle risposte alla pandemia si basa in gran parte sull’applicazione proporzionata della legislazione settoriale piuttosto che su un quadro specifico per la tecnologia.
È necessario sviluppare sistemi di monitoraggio armonizzati e introdurre proattivamente misure di salvaguardia per impedire possibili minacce chimiche e biologiche.
Pertanto, la governance dei sistemi di ricerca e produzione della biologia sintetica deve concentrarsi sul modo in cui le minacce alla biosicurezza possono essere mitigate in specifiche aree normative tra cui il controllo delle esportazioni, lo screening della ricerca sulla biologia sintetica prima della diffusione pubblica e l’approvazione normativa degli esperimenti proposti alla luce delle potenziali implicazioni e danni a duplice uso.
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Nella lotta al Covid-19 i droni vengono utilizzati per monitorare le misure di quarantena, facilitare la trasmissione aerea, spruzzare disinfettanti, condurre il rilevamento termico aereo, monitorare il traffico e fornire prodotti medici nelle aree infette.
Man mano che la situazione sta diventando più grave, il software dei droni viene riscritto per acquisire una moltitudine di funzioni, con i droni utilizzati per sostituire le pattuglie di elicotteri e la tradizionale disinfezione regolare, a fini di contrasto e per il trasporto a terra per prevenire e controllare le epidemie in diversi paesi.
L’uso di droni e altre tecnologie di sorveglianza aerea nella pandemia di Covid-19 può facilitare il compito di imporre misure di contenimento e di allontanamento sociale, contribuendo a ridurre il numero di contatti faccia a faccia ma anche a liberare risorse umane cruciali (come gli operatori sanitari e le forze dell’ordine) e ridurre al minimo la loro esposizione al virus, riducendo così le possibilità di contaminazione.
Il vantaggio principale dell’utilizzo dei droni per contenere la diffusione di Covid-19, oltre alla loro capacità di eseguire attività tecniche in modo efficiente, risiede nella loro capacità di minimizzare l’esposizione umana diretta al virus coinvolgendo un minor numero di persone in diverse operazioni. Ciò potrebbe essere fondamentale per il controllo delle infezioni mantenendo alcuni operatori sanitari fuori dalle zone calde e consentendo al personale medico di identificare nuovi potenziali casi senza dover toccare quelli che potrebbero essere infetti. Allo stesso tempo, la consegna di articoli di consumo e campioni medici tramite drone può garantire che le persone in aree remote o in quarantena abbiano accesso alle forniture, riducendo significativamente il contatto umano non necessario.
Antwork, una società del gruppo del produttore di droni industriali giapponesi Terra Drone, ha sperimentato la consegna di campioni medici e materiali di quarantena in Cina durante l’apice dell’epidemia. I droni originariamente progettati per spruzzare pesticidi per applicazioni agricole sono stati adattati in Cina per spruzzare disinfettanti in alcuni spazi pubblici e per trasportare merci tra le aree colpite, mentre la Corea del Sud li ha implementati per aiutare a disinfettare le aree di Daegu, un hotspot epidemico. La polizia ha utilizzato droni dotati di sensori termici, telecamere per la visione notturna, obiettivi zoom ad alta definizione e altoparlanti per applicare restrizioni di movimento in Spagna, Francia, Belgio, Regno Unito, Grecia, Lituania, Bulgaria e California durante le campagne di blocco, mentre in Cina il loro ruolo sta diventando sempre più cruciale nel mantenere milioni di persone a casa e nell’identificazione di coloro che non indossano maschere nei luoghi pubblici mediante telecamere con zoom 40x. L’Autorità per l’aviazione civile italiana (ENAC) ha recentemente confermato l’approvazione dei droni per consentire alla polizia locale in Italia di utilizzare i droni per monitorare i movimenti dei cittadini durante la pandemia di coronavirus. Mentre la pandemia si diffonde, vengono sviluppati nuovi droni di rilevamento specifici per coronavirus per eseguire funzioni più sofisticate come rilevare la temperatura, le frequenze cardiache e respiratorie e / o rilevare le persone che starnutiscono e tossiscono in mezzo alla folla. Uno di questi “droni pandemici” è stato sviluppato dai ricercatori dell’Università del Sud Australia.
Senza mettere in discussione il ruolo svolto dai droni nella gestione dell’epidemia di Covid-19, il loro uso diffuso e il potenziale ‘multi-tasking’ solleva interrogativi sul tipo di dati raccolti, i metodi di elaborazione dei dati e le procedure di consenso informato che vengono seguite. L’uso di droni e altre tecnologie di sorveglianza in un contesto di emergenza potrebbe spianare la strada a una maggiore identificazione delle persone, influire sul diritto delle persone all’anonimato e favorire la discriminazione e la stigmatizzazione. La legittimità e la solidità etica del loro utilizzo dipenderanno in definitiva dal fatto che le misure restrittive siano rafforzate attraverso metodi di sorveglianza persistenti e procedure di conservazione dei dati severe e di garanzia per i cittadini.
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Come i droni, i robot sono un’altra nuova tecnologia implementata per contenere la diffusione di Covid-19. Dallo scoppio iniziale del coronavirus (Covid-19) in Cina alla sua diffusione in tutto il mondo, i robot sono stati utilizzati per fornire servizi e assistenza a coloro che sono stati messi in quarantena o praticano l’allontanamento sociale. Gli sviluppatori di robotica stanno rispondendo rapidamente alle preoccupazioni e alle esigenze della salute pubblica e la pandemia ha accelerato i “test” di robot e droni in pubblico, con tutte le parti interessate alla ricerca del modo più conveniente e sicuro per affrontare l’epidemia e limitarne l’ulteriore diffusione.
I Robot disinfettano interi ospedali, decontaminano siti pubblici e privati, gestiscono rifiuti a rischio biologico o forniscono cibo e farmaci. Ci sono robot che misurano la temperatura dei pazienti e fungono da assistenti sanitari.
La tecnologia robotica viene utilizzata per ridurre il rischio di trasmissione del virus tra persone specialmente laddove sono presenti focolai.
I robot vengono utilizzati per ridurre al minimo il contatto umano e l’esposizione al virus e per rendere gli ospedali più sicuri. Centinaia di robot autonomi a disinfezione ultravioletta con guida autonoma vengono utilizzati per disinfettare aree definite, diffondendo luce UV che può spazzare via rapidamente i patogeni. Sei tipi di robot in grado di offrire assistenza nelle aree di sicurezza, ispezione, disinfezione e consegna sono stati donati agli ospedali cinesi da CloudMinds.
A Wuhan è stato aperto un reparto ospedaliero, gestito da robot che svolgono compiti tra cui la misurazione della temperatura dei pazienti, la consegna dei pasti e la disinfezione della struttura. In un ospedale di Shenzhen sono stati inoltre impiegati robot specializzati nel trattamento di pazienti Covid-19 per svolgere compiti che includono la fornitura di servizi di videoconferenza per pazienti e medici e il monitoraggio delle temperature corporee di visitatori e pazienti. Un robot che uccide i germi, noto come GermFalcon, progettato per disinfettare gli aeroplani, è attualmente utilizzato in diversi aeroporti USA come parte dei loro sforzi di risposta alle emergenze. A Hong Kong, in Cina e in Corea del Sud, il robot israeliano Temi è stato distribuito in case di cura per consentire alle famiglie di comunicare con i residenti tramite videochiamate, ed è stato anche distribuito in ospedali, aeroporti e luoghi di lavoro. I robot per le videochiamate sono stati anche impiegati in case di cura per anziani in Belgio. In Cina, la polizia ha utilizzato robot per il pattugliamento e il monitoraggio dei posti di blocco, per monitorare l’uso della
maschera e misurare la temperatura corporea con termometri a infrarossi, mentre a Shanghai i robot pattugliano le strade per informare il pubblico sulla prevenzione delle malattie, identificare le persone che non indossano maschera e distribuisce disinfettante per le mani. I robot vengono anche utilizzati nel processo di sviluppo dei farmaci poiché i laboratori usano la robotica per facilitare la valutazione delle molecole sottoposte a test per la loro capacità di combattere la diffusione del virus. La Spagna ha recentemente annunciato l’intenzione di utilizzare robot per effettuare tamponi su 80.000 persone al giorno in modo da espandere la capacità di test e ridurre l’esposizione umana alle infezioni.
Nonostante i benefici associati all’utilizzo dei robot nella gestione di questa pandemia, l’uso comporta una serie di rischi etici e sociali. I rischi e le sfide dipendono principalmente dal tipo di robot in funzione. Le preoccupazioni sollevate da robot guidati dall’uomo come robot di disinfezione o robot utilizzati per le consegne di farmaci, il trasporto di dispositivi medici, la rimozione dei rifiuti e il controllo della temperatura si riferiscono principalmente alla sicurezza o agli effetti sulla salute legati alle radiazioni. La Direttiva 42/2006 e la Direttiva generale sulla sicurezza dei prodotti 95/2001 insieme ad alcune norme volontarie, tra cui ISO / TS 15066: 2016, ISO 14971 e IEC 60601, IEC 80601-2-77, IEC 80601-2-78 e IEC TR 60601-4-1 stabilisce alcuni requisiti minimi relativi al funzionamento di questi particolari robot collaborativi sanitari.
L’introduzione di robot autonomi che svolgono attività medica di routine per pazienti contagiosi, può invece significare la sostituzione o l’eliminazione degli operatori sanitari.
I robot utilizzati a fini di sorveglianza devono rispettare i principi fondamentali del regolamento generale sulla protezione dei dati, in particolare quelli relativi alla minimizzazione e alla proporzionalità dei dati. Quando vengono utilizzati robot di cura e test autonomi con pazienti e/o persone anziane, si deve tenere conto del potenziale impatto sulla privacy, della dignità umana e dell’autonomia e della possibilità di dipendenze tecniche e emotive, che può essere accentuato a causa della solitudine e di altre vulnerabilità generate dalle norme di quarantena e di allontanamento sociale. Permangono anche dubbi di sicurezza dato che questi robot di servizio potrebbero operare anche in case di cura per anziani, ambienti non strutturati in situazioni imprevedibili. Si teme che un ricorso diffuso a robot di servizio possa avere come conseguenza la disumanizzazione dell’assistenza sanitaria in situazioni di emergenza. Inoltre, l’alto costo di queste tecnologie nei sistemi sanitari potrebbe aggravare ulteriormente le disparità tra i paesi in termini di preparazione alla lotta contro una pandemia.
In assenza di un quadro legislativo specifico per la robotica dell’UE, è stata prestata particolare attenzione alla necessità di introdurre uno schema di governance etica, indipendentemente dal fatto che le applicazioni si basino sulle capacità dell’intelligenza artificiale. Tale sistema dovrebbe garantire che le decisioni nel campo della robotica, compreso il tipo di dati che vengono comunicati e il modo in cui vengono tradotte in una decisione, siano comunicate in modo trasparente agli utenti e si basino sui principi dell’autonomia controllata dei robot, intelligibilità, correttezza, reversibilità e tutela della privacy.
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