Direttore, dove nasce il progetto di ripensamento degli spazi per la didattica?
Ormai da qualche anno stavamo riflettendo su questo tema, monitorando usi, tradizioni e modalità di insegnamento e apprendimento. Una prima sperimentazione in questo senso è stata effettuata a fine 2016 con l’introduzione in un’aula dell’Ateneo di un sistema per la registrazione automatica delle lezioni. Poi la vera opportunità che ci ha permesso di iniziare a dare concretezza ad alcune nostre scelte progettuali è stata la realizzazione del Polo e del nuovo edificio dipartimentale, un progetto di diretta responsabilità della nostra Direzione Patrimonio Immobiliare, che poteva caratterizzarsi in termini innovativi anche dal punto di vista didattico, per le scelte degli apparati e delle strumentazioni audio e video da introdurre nelle nuove aule. Così, a seguito della definizione di un capitolato e un bando di gara, che ha di fatto dato concretezza alla progettazione delle diverse tipologie di spazi di apprendimento che andavano realizzati, il Raggruppamento Temporaneo d’Impresa (RTI) formato dalle società Newside e VideoGecom, si è aggiudicato la fornitura degli apparati audio e video. Per noi, proprio in quanto Centro per l’innovazione didattica, questo progetto ha rappresentato certamente la possibilità di sperimentare come introdurre nuove metodologie di insegnamento a partire da nuove tecnologie didattiche. Ma ci tengo a sottolineare che l’approccio che abbiamo adottato in fase di progettazione non è stato guidato da scelte tecnologiche.
Quale è stato il vostro approccio?
Il CTU opera da sempre anteponendo la componente metodologica e quella tecnologica. Questa è una nostra specificità che ci contraddistingue nella gestione di tutti i nostri progetti o servizi. Nel nostro Centro si pensa innanzitutto a come si può migliorare, in termini di efficacia, la didattica e poi, sempre internamente si va a progettare e sviluppare – oppure ad acquisire – la soluzione tecnologica che meglio risponde ai nostri desiderata. Così è stato anche in questo caso.
Siamo partiti inizialmente dalla considerazione che non possa esserci innovazione didattica senza ripensare anche agli spazi all’interno dei quali questa attività si svolge. Abbiamo quindi identificato gli elementi spazio, metodologie e tecnologie come fattori determinanti e strettamente correlati l’uno all’altro per l’innovazione.
Rispetto alla dimensione dello spazio, ne abbiamo analizzato le variabili di contesto: gli utenti che vivono nell’aula, gli attori del processo di insegnamento e apprendimento, docenti e studenti. Ne abbiamo osservato e analizzato comportamenti e modalità d’uso di questi spazi. Successivamente siamo andati a identificare gli scenari didattici più comuni all’interno del nostro Ateneo, prestando particolare attenzione a come il docente svolge abitualmente la propria lezione. Ci eravamo imposti l’obiettivo di progettare soluzioni che fossero innovative ma al contempo che non rappresentassero in alcun modo un ostacolo alle consuete modalità di insegnamento. Da qui la necessità di organizzare uno spazio concepito come strumento facilitatore, flessibile, integrato, adattabile, al servizio dell’apprendimento e dell’insegnamento.
Bene per i docenti, ma gli studenti?
Lo studente di oggi è uno studente diverso da com’era anche solo quello di vent’anni fa. Lo studente di oggi fa parte di un mondo digitale, è sempre connesso, è soggetto attivo sui social, crea storie su Instagram annotando immagini e filmati con una propria simbologia e assiste alle lezioni con il proprio tablet o computer con la necessità di fare propri i contenuti che gli vengono presentati anche nel contesto formale della vita universitaria.
Abbiamo quindi pensato che il nostro progetto di ripensamento degli spazi didattici dovesse tenere conto della necessità di consentire agli studenti di “appropriarsi” anche dei contenuti della lezione, perchè, per progettare un’aula oggi non è più sufficiente fare in modo che lo studente veda bene le slide proiettate sullo schermo o senta bene la voce del docente. Bisogna andare oltre e permettere allo studente di ricevere direttamente sul proprio dispositivo, in tempo reale durante al lezione, i contenuti didattici, farli propri, annotarli e – se richiesto al docente – anche ricondividerli.
Quindi per loro abbiamo immaginato spazi il più possibile esperienziali: spazi per fare, esprimersi, rendere visibile il proprio pensiero . Fare didattica in modo innovativo comporta sempre più spesso che il docente interroghi la platea dei discenti coinvolgendoli in un apprendimento attivo e dunque dovevamo trovare il modo – o meglio, la soluzione tecnologica più adatta – per favorire questa interlocuzione digitale.
Spazio, tecnologia, anche arredi?
Sì, abbiamo riflettuto anche sulle soluzioni di arredo per i nostri nuovi spazi, arrivando ad immaginare e progettare due aule, una a Lodi e l’altra a Città Studi, che nella loro configurazione – fortemente diversa dalle aule tradizionali – rappresentano oggi un unicum in Ateneo.
Due aule “polifunzionali”, dotate di arredi mobili per consentire diverse configurazioni spaziali tipiche del contesto di apprendimento collaborativo. Aule senza cattedre, dove non esiste una netta distinzione di ruolo tra chi apprende e chi insegna, dove il modello di erogazione frontale della lezione lascia il posto al confronto e alla collaborazione tra pari. Aule dalle pareti con vaste superfici scrivibili e dove la lavagna, così come lo schermo di proiezione, scompare per lasciare il posto a monitor interattivi di grandi dimensioni, dotati di funzionalità integrate per la condivisione dei contenuti. Le aule “classiche” non le abbiamo ovviamente trascurate, in questo nostro ripensare le soluzioni di arredo, e abbiamo ipotizzato di sostituire le cattedre con podi attrezzati e le lavagne con strumenti di visualizzazione digitale (visualizer) e di introdurre schermi di cortesia per favorire la visualizzazione dei contenuti anche agli studenti seduti nelle ultime file. Abbiamo previsto un pannello di controllo – ad uso del docente – per la gestione semplificata di tutta la domotica d’aula e per il setting di scenari di lezione, così come abbiamo introdotto piattaforme per la condivisione wireless dei contenuti da qualsiasi dispositivo, in ottica di approccio BYOD (Bring Your Own Device).
Ma quanto è complesso nel sistema accademico introdurre processi di innovazione?
Quando si parla di innovazione di processi di insegnamento e apprendimento, non è sicuramente semplice. Il docente universitario non è sempre favorevole a modificare le proprie pratiche didattiche. La scelta che abbiamo fatto, a partire dall’analisi dei loro comportamenti di cui abbiamo già detto, è stata quella di introdurre appunto il concetto di scenario governabile e attivabile, in autonomia dal docente, tramite un pannello di controllo touch posizionato sulla cattedra.
In altre parole, abbiamo ricondotto i diversi modelli di lezione che i nostri docenti sono soliti svolgere – lezioni frontali con l’uso della lavagna, oppure con slide e proiezione dei contenuti, oppure con visualizer o altri dispositivi – a scenari predefiniti, richiamabili dal pannello di controllo, e determinanti una diversa combinazione e attivazione degli strumenti e apparati dell’aula (luci, tende, proiettore, schermi, telecamere…). Volevamo che la tecnologia d’aula fosse il più possibile “trasparente” al docente, al punto da farne intuire la presenza solo attraverso i suoi effetti, ma anche solo introdurre il concetto di domotica d’aula, comandabile da pannello di controllo, non è stato banale.
Dottor Bove, partiamo dal discorso del controllo della domotica d’aula. Come la si governa?
Il pannello di controllo è il primo strumento che abbiamo previsto in fase di progettazione e poi introdotto di fatto nelle aule, perché è la soluzione più semplice per consentire al docente di governare in autonomia le diverse strumentazioni e gli apparati presenti nelle aule. Il docente entra in aula, dal touch pannel seleziona il tipo di lezione che vuole svolgere e, in base a questa scelta, la tecnologia si predispone per soddisfare l’esigenza del docente. Ad esempio immaginando che il docente voglia fare e registrare la lezione con il pc d’aula, selezionando lo scenario corrispondente sul pannello di controllo, si determina l’abbassamento del telo di proiezione, l’accensione del proiettore e l’attivazione del monitor di preview della registrazione. Così in proiezione in aula viene trasmesso il segnale del pc, la videocamera si predispone in modalità autotracking, seguendo automaticamente il docente, che quindi è libero di muoversi, e il layout di registrazione del modulo video prodotto, si compone automaticamente di due parti: il contenuto trasmesso dal pc e quello della telecamera che inquadra il docente. Lo stesso processo di “predisposizione aula” avviene con tutti gli altri scenari di lezione configurati.
Avete previsto anche la possibilità di accedere a sorgenti esterne?
Certo. L’infrastruttura garantisce al docente la possibilità di collegare sorgenti esterne o comunque la possibilità di usufruire, in modo semplice, di altre connessioni cablate. Abbiamo infatti predisposto sempre sulla cattedra, un’apposita placca con una serie di connessioni utili per collegare apparati o periferiche esterne al pc d’aula che è chiuso all’interno del rack. Invece, per quanto riguarda la condivisione di contenuti, non solo da parte del docente ma anche da parte dello studente, abbiamo inserito nelle aule apparati in grado di implementare, come detto, il modello BYOD, permettendo al docente di gestire e annotare contenuti provenienti da diverse sorgenti, anche wireless per smartphone, tablet e laptop, e visualizzarle contemporaneamente in finestre affiancate. Garantisce inoltre al docente l’accesso automatico ai contenuti di svariati servizi Cloud, compreso il servizio Unimibox, una sorta di Dropbox d’Ateneo. Grazie a questo apparato, gli studenti possono ricevere sul proprio smartphone o laptop, l’intero contenuto mostrato dal docente, anche se visualizzato in finestre affiancate; o, dietro autorizzazione del docente, diventare parte attiva della lezione, presentando (wireless) un proprio lavoro o inserendo annotazioni direttamente sul contenuto proiettato. Il monitor touchscreen installato sulla cattedra (e utilizzato anche come monitor del pc d’aula) migliora notevolmente l’esperienza di utilizzo del BYOD Gateway: il docente, tramite una semplice interazione con l’interfaccia touch, può aprire un browser, o affiancare più di un contenuto in proiezione, ad esempio le slide della lezione e il visualizer, utilizzato come “lavagna” per ulteriori spunti di approfondimento.
Contenuti, condivisioni, appunti, annotazioni, ma quali sono i processi di archiviazione?
Come detto, alcune aule dispongono anche di un sistema per la videoregistrazione automatica delle lezioni d’aula, in grado di combinare le diverse sorgenti dell’aula in layout video personalizzabili e selezionati sulla base del modello di lezione impostato dal docente (con contenuti proiettati o alla lavagna). Sempre tramite pannello di controllo, il docente è in grado, in autonomia, di avviare, mettere in pausa e fermare la registrazione. Il modulo video della lezione viene trasferito sui nostri server e il docente, a trasferimento avvenuto, può caricarlo automaticamente all’interno del proprio sito didattico disponibile nel LMS (Learning Management System) di Ateneo. Stiamo anche sviluppando soluzioni di video content management, che consentano funzionalità aggiuntive come l’indicizzazione delle slide e il transcript automatico, per consentire la ricerca testuale anche nei contenuti audio.
Dal 2016 state lavorando a queste innovative soluzioni. Dalla vostra esperienza passata quale criticità avete dovuto affrontare?
Rispetto alla prima aula in cui abbiamo introdotto ad esempio gli apparati di registrazione delle lezioni e il pannello di controllo della domotica, la criticità più significativa è emersa nella gestione e registrazione del segnale audio del docente che, soprattutto in aule piccole che non necessitano della diffusione sonora, può non accorgersi che il microfono non sta funzionando, o perché semplicemente è spento o perché le pile si sono scaricate durante la lezione. Il risultato è un video senza audio e quindi totalmente inutilizzabile. Per le aule di Lodi abbiamo quindi deciso di intervenire, predisponendo un alert acustico e visivo che, in caso di mancato segnale audio, avvisi il docente permettendogli di acquisire consapevolezza del problema. Inoltre, sempre sulla base delle esperienze pregresse, abbiamo rilevato la necessità di introdurre apparati per il roomcombining tra aule, per collegarle in audio e video in modo bidirezionale, optando per la tecnologia AV-Over-IP, in modo da assicurare scalabilità e flessibilità dell’infrastruttura. Questo sistema permette di gestire eventi con partecipazione superiore alla capacità di accoglienza di una singola aula, quali openday o conferenze.
Globalmente l’attività di progettazione condotta su queste nuove aree didattiche è stata pienamente soddisfacente. Ad avvio di anno didattico, lo scorso ottobre, i nostri docenti sono entrati nelle nuove aule e hanno svolto le lezioni senza richiedere alcun supporto al personale tecnico di servizio. Sicuramente nei primi mesi le tecnologie e gli strumenti d’aula più innovativi – e per questo non noti ai docenti – non sono stati utilizzati al massimo delle loro potenzialità. Per questa ragione e soprattutto per favorire il processo di innovazione dei processi didattici dell’Ateneo, in questi mesi è in corso un’attività di formazione, rivolta ai docenti e condotta dallo staff CTU, all’uso consapevole di questi apparati.
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