Alan Fabbri

Sindaco di Ferrara
4 Ottobre 2021 |
Lisa Bonfatti

Tra le città eiliane, Ferrara è forse quella dal fascino più discreto e dalla storia apparentemente meno blasonata. Sono forse troppo lontani, ai più, i tempi illustri in quando era capitale del Ducato degli Estensi alle cui corti si riunivano scrittori, artisti, architetti e si intrecciavano storie che diventavano Storia. Tanti gli artisti che nel tempo passarono di lì:  Piero della Francesca, Leon Battista Alberti, Andrea Mantegna e Rogier van der Weyden. E poi quelli che furonno l’anima della scuola ferrarese in pittura, Cosmè Tura, Ercole de’ Roberti e Francesco del Cossa. Arrivarono Dosso Dossi, Tiziano Vecellio, Giovanni Bellini, Matteo Maria Boiardo, Ludovico Ariosto e Torquato Tasso. Definita prima città moderna d’Europa in virtù dell’addizione erculea di fine XV secolo voluta da Ercole I d’Este, che con il suo architetto di corte Biagio Rossetti ne ridisegnò l’urbanistica, avevo giù aperto le porte della propria Università a Niccolò Copernico, Giovanni Pico della Mirandola, Paracelso e Gabriele Falloppio. Nel 1492 è sempre Ercole I d’Este che lega la storia della città al destino degli Ebrei, in particolare ai Sefarditi in fuga dalla Spagna, creando un legame mai più interrotto. Dopo gli Estensi, la città stenta a ritrovare quel ruolo centrale nonostante continui a produrre nomi illustri: Giorgio De Chirico, Filippo de Pisis, Giovanni Minzoni, Giorgio Bassani, Florestano Vancini, Michelangelo Antonioni… Scrisse Byron, ne Il lamento del Tasso, O Ferrara, | Quando più i duchi fra le mure tue | Dimoreranno, decadrai e i tuoi | Palazzi senza vita non saranno | Che ruine sgretolate, e la ghirlanda | Di un poeta sarà la tua corona | Unica”. In questo clima metafisico, a tratti onirico, silenzioso, la vita politica del dopoguerra è proseguita all’insegna della continuità e della sobrietà: le amministrazioni di centro-sinistra si sono succedute al governo della città per 73 anni. Fino a quando nel 2019 qualcosa cambia: Alan Fabbri, che già era stato il primo sindaco leghista dell’Emilia Romagna vincendo le elezioni del 2009 nel suo comune nativo, Bondeno, si candida con una lista civica trainata dalla Lega e vince. Classe 1979, laurea in Ingegneria, una passione per il basso e le popolazioni preromane nonché convinto sostenitore del Carroccio dal 1994, Alan Fabbri si trova – come già durante uno dei suoi due mandati a Bondeno – a gestire da sindaco un’altra situazione di emergenza: dopo il terremoto, il Covid. E lo fa partendo da una situazione tutt’altro che semplice: la città è demoralizzata, l’economia stenta a decollare, ci sono problemi di sicurezza e quindi di integrazione, il malessere si esprime a tratti con parole forti, tutt’altro che accoglienti, cui in parte danno sostegno anche alcune affermazioni di membri della Giunta, riflesso diretto di un linguaggio avvallato a monte. Insomma, per chi non la pensa come lui ci sono tutti i presupposti per prevedere il peggio. In questa lunga intervista Alan, come lo chiamano tutti, fa trasparire una innegabile chiarezza di intenti e la volontà di riportare la sua città ad aprirsi verso il mondo per accoglierlo, così come è nel DNA della sua storia e dei suoi 9 km di mura, dimostrando una sensibilità e attenzione ai temi sociali che di fatto lo collocano – anche se non nominalmente – in un ambito che è forse quello cui tutte le amministrazioni dovrebbero ambire: efficienza, servizio, responsabilità.
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Ferrara è stata città ideale del Rinascimento. Che aspetto ha per Alan Fabbri la Ferrara ideale di oggi?

La storia di Ferrara parla da sé. Abbiamo avuto la fortuna di arrivare a governare una città che dal punto di vista urbanistico e architettonico è stata preservata nella sua perfezione dalle amministrazioni che mi hanno preceduto, in particolare per quanto riguarda il centro storico, motore dell’alto livello di gradimento di cui gode a livello turistico. I turisti stanno ritornando, e non soltanto quelli italiani ma anche quelli internazionali. In queste ultime due, tre settimane (inizio giugno ndr) anche girando per la città si respira un’aria diversa rispetto a qualche mese fa. La mia città ideale, legata al turismo e alla cultura, cerca di premiare anche l’intelligenza ferrarese attraverso i suoi esponenti di spicco nei vari campi: architettura, storia, ma anche cinema. Proprio ieri (15 giugno, ndr), abbiamo tenuto una conferenza stampa relativa a una fiction Rai che vedrà la nostra città come scenografia. Per il 2022 abbiamo la volontà di Padiglione di Arte Contemporanea, in accordo con la moglie, lo Spazio Antonioni, regista e cittadino illustre ferrarese probabilmente più apprezzato fuori dai nostri confini che dentro, mentre nel 2019 abbiamo inaugurato la Scuola d’Arte Cinematografica Florestano Vancini. Cosa voglio dire in sintesi: credo che le amministrazioni precedenti abbiano guardato più fuori che dentro la città; noi stiamo cercando di fare il contrario. Tant’è vero che all’assessore alla cultura Marco Gulinelli avevo dato anche la delega alla Identità ferrarese, cosa che ha scatenato non poche polemiche. Ma voglio sottolineare che non si tratta di una logica di chiusura rispetto all’esterno, bensì della volontà di riappropriarsi e dare valore a certe peculiarità di Ferrara nella sua interezza, con l’intento di valorizzarle e di renderle fruibili al mondo. Detto questo, tornando alla domanda sulla città ideale, al netto della parte culturale, turistica e universitaria che gioca un ruolo fondamentale (24.000 studenti iscritti, 18.000 dei quali risiedono in città), noi crediamo si debba puntare anche a un rilancio di carattere economico-industriale. È stato un anno difficile da questo punto di vista; la crisi economica dovuta alle ordinanze restrittive per Covid ha bloccato molto di quello che avevamo iniziato a fare. Noi puntiamo a far diventare Ferrara un raccordo strategico tra Bologna e Padova, due città che sono sature dal punto di vista dell’industria della logistica, con il focus specifico di portare aziende nelle aree vicine al casello di Ferrara Nord. Anche perché turismo e cultura in una città come la nostra sono sì importanti, ma non si può pensare di vivere soltanto di quello. Ci vogliono anche artigianato, industria, agricoltura.
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Giorgio Bassani, mi sembra nel Romanzo di Ferrara, diceva che la città aveva perso l’occasione di ritornare a essere quel centro nevralgico che era stata durante il Rinascimento quando aveva detto no all’insediamento dello snodo ferroviario nord-sud lasciando a Bologna questa opportunità.

A mio avviso alcune scelte che sono state fatte nel passato in tutto il territorio provinciale sono frutto di poca lungimiranza da parte delle amministrazioni. E non ne faccio una questione di appartenenza politica perché Bologna, Modena, Reggio Emilia, hanno la stessa appartenenza politica di Ferrara da sempre ma con altri risultati. Forse è proprio il Ferrarese, o il sistema politico che si è succeduto nel tempo, che non ha guardato avanti, o magari ha pensato che tutto potesse appoggiarsi sull’agricoltura. Ma oggi il mondo è cambiato, e noi abbiamo delle peculiarità come il polo petrolchimico che dà lavoro a più di 3.000 persone, così come tante piccole medie aziende che lavorano sul territorio. Il nostro obiettivo è quindi cercare di aumentare anche questo tipo di indotto. Mi permetto di dire che il tema “Città della cultura del turismo” è fondamentale, ma viene da sé, è quasi la sua naturale vocazione. La sfida è andare anche oltre perché fuori c’è un mondo diverso che merita la stessa attenzione del centro. Per me Ferrara è un unicum, che include Palazzo Ducale, dove mi trovo in questo momento, e arriva alle periferie del Barco passando per le campagne di San Martino, di Ravalle così via.
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A proposito di questo è previsto anche un piano di sviluppo delle vie di trasporto?

Noi attendiamo con pazienza. Alcuni sviluppi sono di competenza di altri enti e della Regione: parliamo della Cispadana e della terza corsia che collega Bologna e Padova. Non ci competono, ma il nostro appoggio è incondizionato. Nel rispetto delle leggi e fuori dalla logica di alcune posizioni estremiste del tipo “not in my backyard”, non nel mio giardino, vogliamo guardare con lungimiranza alla costruzione di una rete infrastrutturale sia su gomma sia su rotaia importante. E questo perché non è scontato, lo dico anche da ex sindaco di altri territori. Assecondare certe piccole nicchie di persone che sono contro ogni tipo di sviluppo non porta ricchezza a tutti, mentre il compito di un amministratore è esattamente questo. Sin dai tempi dei Romani si sa che dove c’è una strada, c’è ricchezza. Prendiamo la via Emilia: è uno dei sistemi più ricchi a livello mondiale. Noi ne siamo fuori e paghiamo il prezzo. Ecco perché vogliamo riuscire a recuperare la Cispadana, la terza corsia e anche una mobilità diversa su rotaie. C’è una battaglia in corso con Trenitalia per garantire più fermate di Italo e Frecciarossa, e al tempo stesso vorremmo incrementare il turismo fluviale sul Po, la cosiddetta idrovia. Che io vedo non tanto legata al commercio e al trasporto di merci, appunto, ma proprio al turismo fluviale, il terzo per Pil.
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Restando in tema di mobilità sostenibile e turismo, quali altri interventi sono previsti?

Ferrara è la Città della bicicletta e non a caso stiamo ospitando molte manifestazioni anche di carattere sportivo-agonistico in questi giorni. Ma ciclabile vuol dire vita, vuol dire rispetto dell’ambiente e tutela della salute e anche vivere in modo diverso. Si parla molto di Slow Food, e la nostra idea è di vivere il paesaggio e la bellezza di Ferrara in maniera slow. Molte aziende stanno investendo sul noleggio delle biciclette, ragazzi aprono punti di riparazione bici. Quindi la ciclabile diventa funzionale anche per tutto l’assetto turistico e il relativo indotto: se guardi dall’alto la città di Ferrara, vedi che tutte le ciclabili terminano lungo il percorso delle mura. Per questo restaureremo la cosiddetta “casa dei polli”, una casa attaccata alle Mura che diventerà una sorta di foresteria-museo dove noleggiare bici, fermarsi per bere qualcosa prima di entrare in città, imparare. Un progetto che cuba circa due milioni e mezzo di euro e che sono convinto sarà innovativo. Abbiamo previsto degli orti sociali, metteremo anche un pollaio per ricordare la storia del luogo e al tempo stesso per far capire ai bambini da dove proviene ciò che mangiano.
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Qual è stata la tua sfida più grande fino ad ora per te, primo sindaco di centrodestra della città dopo 73 anni?

Credo sia limitativo pensare che ci sia stato un cambio di carattere, di orientamento politico. Io sono sicuro che Ferrara conservi la sua identità storica che è legata al mondo della sinistra. Il che non vuol dire per forza al Pd, ma ad un sistema valoriale che prescinde anche dai partiti. Noi abbiamo vinto con una coalizione che ha sbloccato un sistema ormai diventato stantio e amorfo, quindi autoreferenziale. Quando uno pensa di vincere a prescindere, dopo un po’ viene anche a mancare l’entusiasmo di fare le cose. Quindi abbiamo battuto non tanto la sinistra, quanto un sistema politico che si basava soltanto su se stesso e guardandosi allo specchio non vedeva il riflesso che invece trasmetteva alla gente. Hanno pagato lo smacco della chiusura della Cassa di Risparmio di Ferrara, situazione in cui la politica del Pd è stata assente e che ha visto decine di migliaia di risparmiatori – artigiani, pensionati, studenti – perdere delle certezze e delle sicurezze. Così come ha giocato un ruolo chiave la visione diversa nella della sicurezza.
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In effetti questo tema è stato un perno del programma. Come lo state mettendo in atto?

Il problema della sicurezza c’è, c’è per un sindaco di centrosinistra così come per uno di centrodestra. Lo spaccio, la delinquenza, i furti ci sono: il punto è come ci si pone nei confronti di questo sistema. Se le amministrazioni precedenti, alla domanda dei cittadini che chiedevano più tutele, rispondevano che è il problema della sicurezza non esiste, che si tratta solo di percezioni, va da sé che i cittadini guardino altrove. Noi abbiamo cercato di dire: il problema c’è, lavoriamoci. Insieme alle forze dell’ordine, in sinergia con la questura dei carabinieri, la Guardia di finanza e la polizia locale, ma anche investendo a livello urbanistico per migliorare le caratteristiche dei quartieri più degradati.
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E ha funzionato… 65% dei voti.

Sì, ma non senza i soliti pregiudizi che accompagnano la vita politica di ognuno, e forse me stesso per primo. Quando parlavamo di mafia nigeriana, ci dicevano che eravamo falsi, che quella mafia non esiste. Quando poi al termine di un’indagine qualche un anno fa sono stati arrestati più di 40 mafiosi nigeriani, parte di una organizzazione a delinquere con tanto di capipopolo che gestivano tutto, la verità è emersa. Ma il tema, come dicevo, è doppio: ridurre ed eliminare l’illegalità da una parte e al tempo stesso favorire la rinascita di alcune zone. Come nel quartiere GAD, fino a poco tempo fa la zona più problematica, con la riqualificazione del parco Marco Coletta. Alcuni imprenditori hanno iniziato a investire, nuovi hotel si stanno insediando in piazza Castellina, un’altra zona che era di spaccio. Abbiamo anche fatto una cosa, a mio avviso molto semplice e civile, che però le amministrazioni precedenti non riconoscono come tale: abbiamo chiuso il parco con delle recinzioni per evitare lo spaccio di notte. Si tratta di misure preventiva che vanno accompagnate sempre con attenzione, non abbiamo la superbia di dire che risolveremo tutti il problemi del mondo, ma qualcosa sì. In due anni la situazione è cambiata, è innegabile. Per questo dico sempre a chi è disilluso nel mondo della politica che si può incidere a livello locale.
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Per questo la scelta di lasciare la Regione?

Sì, ho smesso i panni del consigliere regionale per tornare a fare il sindaco. A volte mi chiedo se sono completamente pazzo… E mi do anche la risposta: alcune volte sì! Ma mi piace agire per cercare di migliorare la qualità della vita di tutti. Avere altri ruoli è sicuramente importante, più remunerativo dal punto di vista economico, ma non dal punto di vista dell’animo e della personalità che contraddistingue ognuno di noi. Questo per me invece è eccitante, mi piace stare in trincea.
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A proposito di GAD: come gestite il tema delle persone e della loro integrazione?

Non è spostandole in un altro luogo che le cose possono cambiare. Noi non vogliamo spostare o eliminare le persone, vogliamo eliminare delinquenza. I primi soggetti che subiscono di più i violenti sono le persone dello stesso gruppo di appartenenza, che devono sottostare ad autonominati capipopolo. Se vai in alcuni luoghi in Italia e chiedi cosa sia la mafia, ti rispondono, per paura, che la mafia non esiste. Non è necessariamente un atteggiamento omertoso, è paura nei confronti di chi usa la violenza. Noi vogliamo controllare chi usa la violenza. L’integrazione passa attraverso l’acquisizione di un principio fondamentale, ovvero che la parità dei diritti dei doveri non deve essere messa in discussione. Certi facili paternalismi di chi mi ha preceduto secondo cui il mondo è bello, vogliamoci bene che poi le cose si risolvono, non pagano. Le cose si risolvono dando lavoro a queste persone, dando la possibilità ai loro figli di studiare, dando la possibilità di integrare anche le donne in comunità, cosa che molto spesso viene sottovalutata invece è fondamentale. È stare insieme, riconoscere i pregi e difetti delle persone, conoscerne usi e costumi. È l’individuo che diventa sacro nella sacralità della difesa dell’individuo come dice la Costituzione italiana. Basterebbe applicarla. Chi la rispetta è il benvenuto, chi delinque, che sia italiano, nigeriano, cinese, neozelandese, deve essere contrastato. Bisogna uscire anche un po’ da certi schemi, perché con altre comunità che compongono il tessuto ferrarese di problemi grossi non ce ne sono mai stati. Mi riferisco ai Cinesi, ma anche a certe comunità dell’est Europa. Purtroppo qui c’era un problema di mafia, non di Nigeriani.
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Certi messaggi lanciati da membri della giunta hanno però fatto scalpore, andavano in tutt’altra direzione. Frasi e comportamenti di alcuni membri della giunta sono state riportate a livello nazionale.

So che anche noi molto spesso come amministrazione abbiamo sbagliato il linguaggio. Però la realtà è questa: Ferrara si è sempre dimostrata una città accogliente e posso dire di stampo mitteleuropeo nell’approccio verso le altre comunità. Cito l’esempio della comunità ebraica ferrarese: c’è da 600 anni, ha conservato la propria identità religiosa per tutti questi secoli, è integrata perfettamente nel tessuto. Significa che Ferrara ha nella sua storia, nel suo DNA, il fare integrazione. Non possiamo essere meno noi oggi degli Estensi 600 anni fa, perché altrimenti faremmo un salto indietro e questo non darebbe dignità a tutto il lavoro che stiamo portando avanti e alla nostra storia. Qualche giorno fa un ragazzo di colore che portava a spasso il cane è stato attaccato ed apostrofato in malo modo. L’ho chiamato qui in ufficio per scusarmi a nome della città e rassicurarlo che è il benvenuto. Tra l’altro è un ragazzo adottato da un parroco che è stato anche il parroco del mio paese, Burana. Gli ho dimostrato solidarietà, un piccolo gesto, sicuramente simbolico, ma importante.
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Parlavi di rispetto per la Costituzione; ma per chi non la conosce – e sono anche tanti gli italiani che non la conoscono – per le persone che, come dicevi, spesso si trovano in un sistema abbastanza oppressivo, cosa avete previsto?

Stiamo richiedendo fondi per fare formazione, così come continuano ad essercene per la mediazione culturale. Tutto si basa sul principio del volere e volersi integrare: perché l’altro principio fondamentale è questo. La maggior parte dei ferraresi vuole integrare, la maggior parte dei nuovi ferraresi si vuole integrare: ci sono delle nicchie dove si fa fatica a entrare in sintonia, lì servono costanza e perseveranza e anche una grande voglia di guardare alle prossime generazioni, saranno loro quelle che avranno il ruolo principale. Da questo punto di vista la scuola gioca un ruolo fondamentale, così come le famiglie. Vedere bambini di ogni colore integrati nelle nostre scuole è veramente bello. E questo ovviamente senza perdere l’identità: solo chi conserva la propria identità riesce ad accettare l’altro nella fierezza della diversità di ognuno. Questo secondo me è un valore fondamentale.
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Parola chiave giovani e quindi Next Generation Eu: a che cosa ambite come città, qual è la vostra priorità e come vi state muovendo per ottenerla.

Io sono di formazione scientifica, non umanistica, sono ingegnere e a volte cerco di sintetizzare il più possibile. Noi siamo arrivati in una situazione veramente difficile dal punto di vista della digitalizzazione. Le pratiche edilizie, per fare un esempio, vengono ancora portate avanti su carta e non attraverso le Pec. Sono quelle cose che si consolidano e che si pensa il cittadino non veda, che le vedano soltanto gli addetti ai lavori, una sorta di back office che non porta consenso. Non è così. Nel 2019, quando siamo arrivati, ci siamo posti subito su questo aspetto e stiamo investendo molto sulla digitalizzazione. In piena pandemia, quando tutti parlavano di smart working, avevamo 5 pc portatili da poter utilizzare. 5! Abbiamo 1.100 dipendenti… quindi con il contributo della Regione Emilia Romagna ne abbiamo acquistati più di 100 e stiamo modificando anche il sito internet per gestire il più velocemente possibile la comunicazione tra Comune e Cittadini senza costringerli a prendere un appuntamento per fare una firma. Quindi se vogliamo puntare ad essere smart dobbiamo farlo costruendo le basi. Abbiamo vinto un bando europeo della comunità europea, 7 milioni di euro per il tema ambientale che è collegato a questo, perché più tecnologia significa meno auto che girano, meno consumo di elettricità. E in più stiamo lavorando per ottenere i bandi che gestisce la Regione Emilia Romagna attraverso fondi della comunità europea per i giovani e per tutto quello che è il sistema smart.
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Cosa può aiutarvi ad accelerare il processo? Oltre all’hardware, a che punto è il software, ovvero le persone?

Noi abbiamo un’età media tra i nostri dipendenti tra i 55 e i 60 anni. Sarebbe fondamentale che il governo ci desse la possibilità di sbloccare il turnover. Se non si dà ai Comuni virtuosi la possibilità di abbattere i tetti di spesa, di poter assumere nuovo personale, è un gatto che si morde la coda. Quindi l’ANCI, e qui parlo da rappresentante, dovrà chiedere attraverso il nostro presidente Decaro di andare in deroga su questi temi perché altrimenti non riusciremo a ottenere dei risultati nell’immediato. Il dato emblematico è che quando sono arrivato c’era soltanto un under 30 tra i dipendenti del comune, però c’erano 33 dirigenti. Adesso sono molto meno. Abbiamo snellito la macchina amministrativa e dirigenziale sapendo che se uno vuole comprarsi la fedeltà dei dipendenti lo fa facilmente aumentando le posizioni organizzative. Il punto è che c’erano troppi colonnelli e generali e pochi soldati. Abbiamo cercato di riequilibrare questo sistema ottimizzando le risorse con un risparmio di circa 800.000 € all’anno.
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Cosa significa in concreto per i cittadini?

Meno tasse da pagare. Abbiamo abolito le tasse su alcuni passi carrabili, abbiamo tolto l’Imu dagli edifici strumentale agricoli, abbassato del 30% la tassa di occupazione del suolo pubblico per ristoranti e bar. Vogliamo razionalizzare il più possibile la tassa sulle pubblicità che era gestita esternamente dall’ICA e che creava malumore tra i commercianti. La nostra politica è quella di governare il più possibile questi fenomeni. Non sono contrario alle nuove privatizzazioni, perché sarebbe fuorviante e anti storico, però certi servizi devono rimanere dentro il Comune per poter intervenire in modo repentino. Quando esternalizzi i passaggi aumentano e i tempi si allungano. Qui ci si scontra tra due visioni politiche diverse, una più liberale – che fa parte anche di certi movimenti del centrodestra – che cerca di privatizzare e vendere il più possibile, e una più legata a alla gestione diretta delle cose. Per me è sempre stato così, anche quando ero sindaco a Bondeno: si riesce intervenire prima e si spende meno.
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A proposito di spesa: come si tiene in ordine un bilancio?

Devo spezzare una lancia a favore di chi mi ha preceduto. Abbiamo trovato un bilancio veramente in ordine e ben costruito, anche se forse con poco rischio d’impresa. Si tendeva più a fare i calcoli al ribasso che non a guardare a un vero equilibrio, tant’è che andremo a gestire circa 7 milioni di euro di avanzo del bilancio scorso. Nella graduatoria diffusa lo scorso mese di maggio, il Comune di Ferrara è entrato a buon diritto tra le città che hanno raggiunto la “maturità digitale”, secondo la ricerca commissionata da Dedagroup Public Services che ha tenuto conto dei servizi online a cittadini e imprese, integrazione piattaforme, utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione. Ma io credo che non siamo stati votati per risparmiare, bensì per gestire al meglio le risorse dei cittadini e per governarle in una logica virtuosa di investimenti. Quindi un bilancio deve essere sì in equilibrio, ma non al risparmio. Se si riescono a gestire in maniera virtuosa le spese, si possono abbassare le tasse ai cittadini e si possono reinvestire le risorse. Per questo voglio puntare il più possibile ad attingere a risorse extra tassazione, portando avanti la collaborazione con la Regione Emilia Romagna per accedere ai fondi europei. Un’altra cosa molto bella che hanno fatto le amministrazioni che mi hanno preceduto sono le aziende partecipate di proprietà al 100% del Comune. Parlo di Ferrara Holding, cui fa riferimento Ferrara Tua che gestisce i parcheggi e i cimiteri; AFM che include 11 farmacie comunali che hanno come mission non il fare cassa ma dare un servizio anche economicamente sostenibili, con diverse prestazioni gratuite. Tramite Ferrara Arte l’anno scorso abbiamo ospitato la mostra Banksi, un artista che ha avuto un enorme successo. La nostra offerta culturale è molto ampia e spazia tra nove mostre, musei, esposizioni aperte al pubblico. Poi abbiamo il teatro Comunale, la musica, e in generale possiamo parlare di un insieme di aziende e di enti virtuosi che ci dà la possibilità di dormire sonni tranquilli.
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Qualcuno ha detto “una nave è sicura nel porto, ma non è per questo che è stata costruita”: mi sembra in linea… A proposito di teatro: è stata grande la sorpresa di tanti quando avete comunicato che Moni Ovadia sarebbe diventato direttore artistico del teatro Comunale, affiancando il Presidente Michele Placido.

Io ho vissuto da sempre il pregiudizio per cui si diceva che se avessi vinto io a Ferrara sarebbero calate le tenebre. La verità è che ho un ottimo rapporto con il direttore dell’Internazionale il cui Festival continuerà a tenersi qui come da 14 anni a questa parte, così come il Busker Festival dove ho personalmente suonato l’anno scorso. Quindi non capisco, e sono rimasto anche un po’ stupito da certe prese di posizione. Fare una lotta ideologica su queste cose non so a cosa possa portare se non alla sconfitta, nel caso dei miei avversari. Però il tema è che abbiamo continuato a fare quello che si faceva prima e in più abbiamo cercato di innovare. Con l’arrivo di Vittorio Sgarbi sono arrivate anche mostre di prestigio e di carattere internazionale; adesso il Palazzo dei Diamanti ospita Antonio Ligabue, mostra aperta in piena pandemia, che chiuderà il prossimo 18 luglio e per la quale si prevedono 35mila visitatori. Stiamo collaborando con tanti artisti anche per il Ferrara Summer Festival a luglio, con artisti del calibro di Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Fiorella Mannoia, Emis Killa, Max Pezzali. Perché il contenitore Ferrara continui a restare vivo va spronato nell’individuare le realtà su cui investire. Una mattina Sgarbi mi chiama e mi dice: “ma se facessimo direttore del teatro Moni Ovadia?” Io dissi solo: “accetta?” E Sgarbi mi rispose: “sì, accetta”. “E allora facciamolo!” Io ne riconosco il valore artistico pur essendo lontano dalla sua idea politica o da certe posizioni su tematiche internazionali. Ma non voglio cadere nell’errore di chi mi ha preceduto che dava più peso all’appartenenza che all’idea. Ecco perché faccio fatica rispondere a certe domande perché sono cose che non sento.
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Occupazione femminile e parità di genere sono punti saldi dell’Agenda Onu 2030. La provincia e Ferrara negli ultimi due anni, nonostante la pandemia, ha visto crescere i dati relativi all’occupazione e si posizione meglio di Ferrara o Ravenna. Quali misure sono previste?

Al netto dell’indice di occupazione, bisogna far rispettare la parità di trattamento economico e la parità di diritti. Probabilmente anche noi, e intendo l’Italia, siamo legati a vecchi pregiudizi e schemi superati. Personalmente credo che oltre al lavoro dipendente si debba cercare di incentivare anche il lavoro autonomo, l’imprenditoria femminile. Io non credo che la parità si faccia con leggi ad hoc, ma che debba nascere all’interno della società stessa. Nella mia giunta ho nominato persone che erano competenti e non ho mai pensato di nominarli perché una donna e l’altro uomo, né tanto meno mi interessa il loro orientamento religioso o sessuale.
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Un sindaco di riferimento nel panorama attuale in Italia?

Bella domanda, non ci avevo mai pensato… se la domanda fosse relativa a un governatore a cui mi ispiro direi Luca Zaia. Come sindaco posso dire che sono molto in sintonia con quello di Treviso, Mario Conte. Con lui mi confronto molto anche perché gestiamo città simili da tanti punti di vista. Perché la verità è che ci chiamiamo tutti sindaci, ma le cose cambiano se amministri Milano, Bologna o un paesino: sono dinamiche e impegni completamente diversi. Anche se una cosa che ci accomuna forse c’è: un sindaco è sempre solo.

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