Intervista a Massimiliano Fedriga

A confronto con il Governatore della Regione Friuli Venezia Giulia.
31 Agosto 2023 |
Valerio Imperatori

Leghista della prima ora si direbbe. Ma per Massimiliano Fedriga 43 anni, Governatore della Regione Friuli Venezia Giulia e Presidente della Conferenza Regioni e Province Autonome, la  prima ora scattò già a 15 anni, minorenne, tanto che per certificare la sua adesione al movimento leghista si dovette ricorrere all’autorizzazione firmata dai genitori. Nato a Verona ma cresciuto a Trieste, deputato per tre legislature si rese protagonista da Capogruppo della Camera di un duro scontro con la Presidente Laura Boldrini che gli costò 15 giorni di sospensione. Leghista del nuovo millennio, leghista mite, dal Fedriga di lotta al Fedriga di governo, queste le definizioni più ricorrenti  tra coloro che in più occasioni lo davano pronto per divenire leader del partito. Ma lui ha scelto la sua Regione, la sua comunità che lo ha promosso, con uno straordinario risultato elettorale, per la seconda volta alla guida della regione Friuli Venezia Giulia.

Presidente Massimiliano Fedriga, al di là di ogni considerazione retorica, demagogica e rituale alla quale siamo spesso abituati ad ascoltare da parte della politica e dei suoi interpreti, per quali aspetti della sua azione di governo regionale l’elettorato del Friuli Venezia Giulia ha ritenuto giusto, a larghissima maggioranza, riconfermarla alla guida della Regione?

Credo che l’origine di questo ampio consenso non risieda in una singola azione di governo, ma nella capacità dell’amministrazione regionale di aver saputo mantenere saldo il timone in un contesto tutt’altro che ordinario. Potrei parlare delle politiche per la famiglia, degli investimenti esteri più che triplicati, dei dati record sul turismo, delle agevolazioni fiscali e dei dati su Pil ed export; preferisco invece sottolineare il ruolo dei cittadini. Come già in passato – penso al più celebre esempio del terremoto del 1976 – le pressioni generate da Vaia, dal Covid, dall’emergenza incendi e dal rincaro dei prezzi dovuto alla guerra in Ucraina hanno generato, al netto di isolati episodi, una risposta compatta da parte della nostra comunità, che si è largamente distinta per spirito di solidarietà e per resilienza. Ecco, ritengo che, se siamo riusciti a superare questi ostacoli, il merito vada principalmente attribuito alle donne e agli uomini del Friuli Venezia Giulia, cui la parte pubblica ha cercato di fornire tutto il supporto possibile in termini di aiuti, nei frangenti più bui segnati dal Covid, e di politiche di rilancio dell’economia e dell’occupazione, nel momento in cui siamo riusciti a lasciarci alle spalle le fasi più acute della pandemia.

Per questo secondo mandato, conquistato grazie a un indiscusso successo soprattutto personale confermato dal risultato ottenuto dalla sua lista, il 18% dei votanti, quali sono gli obiettivi programmatici prioritari per il nuovo quinquennio?

Anche qui, preferisco guardare a un obiettivo d’insieme più che alla singola misura. Il Friuli Venezia Giulia ha delle potenzialità straordinarie, penso in primo luogo alla sua collocazione strategica lungo due direttrici continentali (i Corridoi Mediterraneo e Baltico-Adriatico) o a una conformazione geografica tale da permettere di racchiudere, in poche decine di chilometri, il mare dell’Alto Adriatico e le montagne dell’arco alpino. Compito della parte pubblica è esaltare queste qualità, creando le condizioni affinché le condizioni di vantaggio regalate dalla natura possano rappresentare fonte di beneficio per il sistema produttivo e per i cittadini. Inoltre, il settore della ricerca avanzata può rappresentare – in Friuli Venezia Giulia, insieme alla logistica – uno degli asset fondamentali di sviluppo. Ed è proprio in questo contesto che si inseriscono i numerosi investimenti internazionali che si stanno registrando nella nostra regione. 

Il Friuli Venezia Giulia è uno straordinario territorio di frontiera, un confine che per oltre due secoli di storia si è rivelato mobile e conteso, dove si sono delineati i destini di migliaia e migliaia di persone. Cosa implica governare una regione di frontiera? Quali sono le criticità e le maggiori opportunità che lei ha riscontrato?

Relegata alla storia del Novecento la stagione delle contrapposizioni, oggi queste terre sono luogo di dialogo, di confronto e di sviluppo di progettualità mirate a consolidare le relazioni transfrontaliere in un’ottica di integrazione europea. Ne sono esempio qualificante, cito solo due esempi sui molti a disposizione, il primo progetto transazionale “Valle dell’idrogeno del Nord Adriatico” – che pone assieme soggetti pubblici e privati del Friuli Venezia Giulia, della Slovenia e della Croazia sul versante della ricerca e dell’innovazione – e l’assegnazione del titolo di Capitale europea della cultura alle città di Gorizia e Nova Gorica, riconoscimento attribuito per la prima volta a due realtà attraversate da un confine.

Scipio Slataper in una sua corrispondenza alla futura moglie Luisa Carniel scrisse: “…Tu sai che sono slavo, tedesco e italiano…”. Identità, culture e tradizioni, che si sono intrecciate, incrociate nel corso del tempo e che forse  da esse hanno origine le peculiarità della comunità/popolazione regionale. Un autorevole letterato ha scritto di “civiltà del frammento”.

Ecco, se dovesse descrivere oggi l’identità del Friuli Venezia Giulia come la rappresenterebbe?

C’è un luogo della nostra regione al quale sono particolarmente legato: il monte Lussari. Non è solamente una splendida destinazione invernale per gli sciatori o estiva per gli escursionisti, né soltanto meta di pellegrinaggio per i fedeli. È invece, ben di più, un sito a fortissima valenza simbolica, terra di incontro tra tre popoli – quello latino, quello germanico e quello slavo – che racchiude, nella sua straordinaria bellezza, l’essenza del Friuli Venezia Giulia. Ecco, credo che le parole di Slataper si sposino perfettamente con l’immagine di questo straordinario luogo.

Il prossimo anno si voterà per il rinnovo del Parlamento e successivamente verrà insediata la Commissione. Le criticità politiche, economiche, l’invasione dell’Ucraina e la conseguente guerra che ormai si trascina da oltre 15 mesi, l’emergenza migranti anzi non più emergenza ma dato strutturale e le stragi nei nostri mari, tutto ciò ha mostrato una debolezza della Comunità Europea. Qual è la sua valutazione? Se dovesse indicare un modello di Europa come lo sostanzierebbe? Quali processi d’integrazione ritiene sia utile accelerare?

Il Covid e la guerra in Ucraina hanno rappresentato un banco di prova durissimo non solo per i cittadini ma anche per le istituzioni, chiamate a interrogarsi sul proprio ruolo e sulle politiche da adottare. Ritengo a tal proposito che l’Europa abbia saputo trarre insegnamento dagli errori del passato e che le iniziative assunte – dal piano Next Generation Eu agli aiuti a supporto dei territori invasi dall’esercito russo – abbiano rilanciato le quotazioni della “casa comune”. La speranza è che la medesima concretezza possa orientare anche le decisioni relative al contrasto dell’immigrazione irregolare, con adeguate politiche di limitazione delle partenze e con il potenziamento dei controlli ai confini esterni dell’Unione.

Da qualche anno la politica discute dell’autonomia differenziata. Come giudica, anche nelle vesti di Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, i timori degli amministratori che hanno espresso contrarietà al Ddl Calderoli?

Voglio ricordare che la finalità dell’autonomia differenziata consiste nel miglioramento delle condizioni per cittadini e imprese nelle Regioni interessate da questo percorso, ferma restando la piena tutela, attraverso la definizione dei Livelli essenziali di prestazione, delle realtà che non intendano avvalersi dell’opportunità di acquisire ulteriori competenze. Come Presidente della Conferenza, auspico pertanto che si possa giungere a una ricomposizione con le Regioni che hanno espresso parere contrario al ddl Calderoli. L’autonomia va letta come un’opportunità per il Paese e per i cittadini: lo squilibrio di oggi trae infatti origine diretta da un’organizzazione fortemente centralizzata.

Veniamo al PNRR, al netto delle polemiche relative a presunti o reali ritardi dell’azione del Governo Meloni: può farci un primo e sommario bilancio sulle progettualità, finanziamenti assegnati e partecipazione ai diversi bandi da parte delle sue amministrazioni locali? Quali sono al momento i progetti più significativi per la vostra regione?

La quota di fondi del Pnrr destinata al Friuli Venezia Giulia ammonta a 2,16 miliardi di euro, ripartiti tra Regione (602 milioni), Comuni (615 milioni), Enti di decentramento regionale (41 milioni) e altri soggetti (902 milioni). Per quanto concerne nello specifico la Regione, tra i 312 progetti in essere cito volentieri i 14 milioni per la produzione di idrogeno nelle aree dismesse, gli oltre 11 milioni per il potenziamento dei Centri per l’impiego e i 210 milioni complessivi per il rafforzamento del Sistema sanitario, con importanti investimenti anche sul versante della telemedicina. Sottolineo inoltre che il Friuli Venezia Giulia ha recentemente inviato al Governo ulteriori proposte progettuali, per un totale di circa un miliardo di euro, da coprire a seguito di eventuali riprogrammazioni del Piano. Tali risorse beneficerebbero principalmente la riduzione del rischio idrogeologico (241 milioni), l’efficientamento delle risorse idriche (269 milioni) e il potenziamento dei servizi di assistenza e continuità territoriale (100 milioni).

Quali sono le linee guida programmatiche regionali in ambito sanità con particolare riferimento alla sanità pubblica e privata? Nell’ultimo periodo sono state registrate 1530 dimissioni volontarie dipendenti aziende sanitarie. Come intendete intervenire?

Come ho più volte avuto modo di ribadire, la sanità pubblica e quella convenzionata non devono entrare in competizione ma, al contrario, sono chiamate a integrarsi per rispondere nel modo migliore alle esigenze di salute dei cittadini. Per fugare ogni allarmismo, segnalo inoltre che, a fronte di una media nazionale del 17%, la quota di spesa sanitaria destinata al privato accreditato in Friuli Venezia Giulia ammonta all’8,9%. Quanto alla carenza di personale e alle dimissioni volontarie, fermo restando che si tratta di un’emergenza nazionale e che in regione il tasso di abbandono è nettamente inferiore rispetto al resto del Paese, con l’autonomia finanziaria riconosciuta al Friuli Venezia Giulia dalla recente sentenza della Corte Costituzionale avremo finalmente la possibilità di operare scelte politiche di prospettiva, che ci consentano di arginare almeno in parte il problema.

Veniamo al tema immigrazione. Qualche anno fa si è parlato di muro, di muro tecnologico (pattuglie miste, telecamere termiche, droni), nello scorso marzo sono state acquistate 65 telecamere per sorvegliare i confini con la Slovenia: quali politiche e provvedimenti intendete assumere per fermare l’immigrazione irregolare?

Ferme restando le risorse stanziate per arginare i reati e incrementare il livello di sicurezza della nostra comunità, le politiche di contrasto all’immigrazione irregolare non rientrano tra le competenze della Regione. Questo non significa tuttavia che non vi sia la massima attenzione, da parte della stessa Amministrazione, nei confronti di un fenomeno preoccupante quale l’incremento dei flussi lungo la rotta balcanica e la piena collaborazione con le forze di pubblica sicurezza. La nomina, da parte del Governo, di un commissario per l’emergenza migranti – che peraltro conosce benissimo queste terre, in quanto ex Prefetto di Trieste e Commissario di governo per il Friuli Venezia Giulia – rappresenta inoltre una svolta anche sul piano dell’intensificazione del dialogo tra le istituzioni su un tema che, ripeto, è di primaria importanza per la Regione e per il Paese tutto. 

La sua regione si distingue nel panorama nazionale per iniziative e interventi nel campo della ricerca, dell’innovazione tecnologia, nei processi di digitalizzazione, contando su apporti significativi proveniente da diversi enti pubblici: Università, Innova FGV, INSIEL, Friuli Innovazione. Nello scorso anno anche un accordo con Novartis per il Polo delle Scienze della Vita. Ambiti di grande attenzione e investimento da parte della regione. Quali progetti ritiene più significativi?

Ho già detto del progetto Hydrogen Valley, vero e proprio fiore all’occhiello sul fronte dell’innovazione, che unisce i principi di sostenibilità ambientale e di autosufficienza energetica a un aspetto, quello della cooperazione transfrontaliera con le vicine Repubbliche di Slovenia e Croazia, essenziale per affrontare le sfide del futuro rappresentando le istanze di un’area vasta di importanza strategica per l’Europa. Ovviamente l’elenco di progetti in essere è lungo, ma ne cito altri due: il menzionato Polo regionale sulle Scienze della vita, una partnership pubblico-privato con Novartis finalizzata alla ricerca e all’innovazione in campo medico, e i 5 milioni stanziati per la ricerca sulla cura delle malattie rare attraverso l’intelligenza artificiale, in collaborazione con l’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale, l’Università di Udine, Area Science Park e Sissa.

Secondo l’Ires Fvg su dati Istat, il mercato del lavoro del FVG nel 2022 ha registrato un aumento di oltre 10mila occupati. Un dato molto significativo e ovviamente positivo. Qual è stata la differenza di approccio rispetto al Reddito di Cittadinanza?

Sul versante delle politiche del lavoro, abbiamo messo in campo una serie di misure non di natura assistenzialistica bensì finalizzate a promuovere un’occupazione di qualità, incentrate principalmente sulla formazione, sull’incrocio di domanda e offerta e su incentivi mirati per le assunzioni e le stabilizzazioni di giovani, over 55 e donne con figli a carico: azioni che hanno portato, tra il 2018 e il 2022, a una riduzione del 30,5% del numero di disoccupati (scesi da 36mila a 25mila) e a un tasso di occupazione superiore di 7 punti rispetto alla media nazionale. Ecco, credo che questa sia la strada giusta lungo la quale proseguire per migliorare ulteriormente il livello di benessere della nostra comunità.

Lei nel suo percorso di studio e nelle sue attività lavorative prima di dedicarsi all’attività parlamentare e politica ha maturato esperienze nei settori del marketing e comunicazione. Come giudica oggi l’esplosione dei canali social e la comunicazione politica, sia essa istituzionale che di partito? Come secondo lei occorre comunicare con i cittadini?

I social media rappresentano un canale diretto di dialogo con i cittadini, dal mio punto di vista prezioso non solo per veicolare contenuti strettamente politici ma anche per raccontare un po’ di me e del territorio che sono stato chiamato ad amministrare. Nello specifico, per quanto concerne quest’ultimo aspetto, mi piace proporre ai miei follower località, tradizioni, culture e prodotti di una realtà, il Friuli Venezia Giulia, che racchiude un prisma di microcosmi tutti da scoprire. Non possiamo infatti dimenticare che i canali social sono in prima istanza un luogo di svago e che, di conseguenza, i codici comunicativi da adottare devono per forza discostarsi dalla rigidità dei parametri imposti in ambito istituzionale.

Un’ultima domanda, lei ha svolto ruoli molto importanti in sede istituzionale, è stato anche capogruppo della Lega alla Camera e oggi è Governatore. Come cambia essere un leader di parte (Lega) e leader/governatore non di parte ma di un’intera comunità?

La Lega ha un leader e il suo nome non è Massimiliano Fedriga, ma Matteo Salvini. Dopodiché certo, negli anni ho avuto la fortuna di ricoprire posizioni importanti, anche molto diverse tra loro sul piano istituzionale e operativo, ma sempre grazie al supporto del mio partito, della coalizione e, non ultimi, dei cittadini che mi hanno votato. Quanto alle differenze registrate tra il ruolo di parlamentare e quello di presidente di Regione, posso dire che l’esperienza in corso mi ha permesso – talvolta costretto, se penso alle emergenze affrontate – di misurarmi con situazioni tali da richiedere un approccio più equilibrato, inclusivo e pragmatico possibile, ripulito da valutazioni di natura ideologica e unicamente rivolto al problem-solving.


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