Mobilità lenta … e cambia il volto della città

La mobilità pubblica e privata per gli spostamenti nei contesti urbani e i nuovi mezzi di trasporto dopo la pandemia
22 Aprile 2021 |
Maria Cristina Farioli

Non so quando è accaduto, ma è accaduto molto velocemente che gran parte delle nostre città sono state invase da rastrelliere riempite da biciclette, scooter, mono-pattini e da torrette di ricarica elettrica.

Colori, biciclette abbandonate, monopattini che ti tagliano la strada, piste ciclabili che intersecano i percorsi delle automobili, mezzi pubblici semivuoti…

Complice la pandemia o un fenomeno già in atto destinato a cambiare la morfologia delle nostre città ed il nostro modo di muoverci attraverso?

Probabilmente entrambi.

Di certo la mobilità sta giocando un ruolo centrale nel processo di trasformazione delle città, della comunità ed in genere dei comportamenti e abitudini di tutti.

Basti pensare che il termine “Mobilità” racchiude un mondo, molto più ampio e complesso rispetto a monopattini ed auto elettriche cui spesso genericamente associamo la parola Mobilità.

Potremmo invece dire che la Mobilità parte dalle linee produttive delle auto di nuova generazione più sostenibili e connesse, passa attraverso i mezzi pubblici su gomma e rotaia, si muove tra cielo e terra ripensando all’esperienza di viaggio del turista o dei lavoratori, coinvolge la logistica dei mezzi pesanti per il trasporto di merci ammiccando agli hub di ingresso alle città e si ferma alla mobilità privata del singoli e della famiglia.

Questo intreccio di mezzi, strade e flussi di persone e merci è stato messo in discussione dalla pandemia anche se la sfida di riduzione di almeno il 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030, richiesto dal Green Deal Europeo e dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, stava già indirizzando alcuni interventi. Seppur lenti.

Inoltre ricordiamoci che in Italia il traffico urbano e veicolare è prima sorgente di ossidi di azoto (NOx), sia che si parli del livello nazionale, del livello regionale o di quello urbano, mentre secondo il Report 2019 dell’Ispra, i trasporti su strada incidono per il 46% sulle emissioni di NOx con punte addirittura del 70% in città come Milano.

Una situazione quindi che già richiama ad interventi strutturali della mobilità in genere, cui la situazione pandemica ha premuto l’acceleratore.

Boston Consulting Group nell’indagine “How COVID-19 Will Shape Urban Mobility” intervistando cinquemila persone residenti in varie grandi città negli Stati Uniti, in Cina e in alcuni Paesi dell’Europa occidentale (Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito) ben traccia come le priorità e modalità di spostamento sono cambiate. Con il lockdown è crollato l’uso del trasporto pubblico e dei servizi di sharing o flessibili, mentre è cresciuto l’uso dell’auto privata come mezzo principale e si è anche diffusa l’abitudine di spostarsi in bicicletta, monopattino o a piedi. (1) Indagine confermata anche da E&Y nel suo “Consumer Mobility Index” come da grafico sotto.

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Cambiamento delle abitudini di mobilità con confronto pre e post prima ondata covid-19 – Fonte EY Consumer Mobility Index 2020

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Uno studio condotto dalla Ipsos Group sui cambiamenti nelle preferenze di trasporto dei cinesi nel post emergenza Covid‐19 rileva che la quota di individui che sceglierà di utilizzare un’automobile privata per i propri spostamenti crescerà dal 34% al 66%.

La quota di utilizzatori abituali di mezzi pubblici come autobus e metropolitane nella fase di riapertura sarà più che dimezzata passando dal 56% al 24%. Questa tendenza traspare anche dall’incremento delle intenzioni di acquisto, secondo lo studio infatti il 72% dei cinesi che non possedeva un’automobile sta valutando seriamente di acquistarla e di questi il 77% ha affermato che la volontà di acquistare un’auto è dettata dalla speranza di ridurre le possibilità di contagio. Allo stesso tempo, rischiano di essere fortemente penalizzati il car sharing e tutte le forme innovative di condivisione di mezzi di trasporto. (2)

Dalla ricerca emerge che gli italiani restano un popolo affezionato all’auto privata e sono secondi, dopo i cinesi, per il suo utilizzo come mezzo principale e terzi, dopo cinesi e statunitensi, per interesse nell’acquisto di un’auto. Il 37% dei nostri connazionali ha dichiarato che dopo il lockdown userà molto meno di prima i mezzi pubblici, preferendo piuttosto la propria auto, la bici o le camminate: e nel medio termine il mezzo che vince è proprio la bicicletta. Nei prossimi 12-18 mesi, complici forse anche i recenti incentivi all’acquisto, un quarto degli italiani ha fatto sapere di voler usare più che in passato le due ruote per spostarsi in città, una percentuale che porta l’Italia al primo posto insieme a Paesi in cui l’uso della bicicletta è storicamente più diffuso. Subito dopo il lockdown, in quasi tutti i Paesi del mondo le scelte di trasporto hanno subito cambiamenti profondi, con oltre la metà degli intervistati che da allora presta molta attenzione alla distanza sociale e alla pulizia, ricercando modalità di viaggio senza contatti con altre persone. Per questo motivo, una percentuale tra il 40% e il 60% degli abitanti di tutti i Paesi ha espresso la volontà di usare il trasporto pubblico meno o molto meno frequentemente. (3) (4)

È evidente la pandemia ha accelerato lo sviluppo della mobilità dolce.

Ciò che è veramente significativo è stata la conseguenza ovvero la costruzione di nuove piste cicalabili e bike-lane.

Una tendenza che unisce tutta Europa, con 2.300 km di nuovi tratti ciclabili e oltre un 1 miliardo di euro di investimenti, secondo le stime della European Cyclists Federation in «Covid Lanes», dossier di Legambiente uscito a fine dicembre 2020. Un record, che non costituisce però un traguardo. I vari Pums – Piani Urbani di Mobilità Sostenibile – prevedono infatti l’ambizioso traguardo di 2.626 km di nuove piste ciclabili, da sommare ai 2.341 km già esistenti in 22 città italiane.

Secondo Legambiente in Itala ci sono quasi 200 i chilometri di nuove ciclabili “leggere”, ma non solo, per la prima volta sono apparse negli incroci stradali le “case avanzate”, ossia appositi spazi per le bici che hanno l’obiettivo di tutelare la sicurezza dei ciclisti, rese possibili dalle recenti modifiche al codice della strada. Milano è la città dove sono stati realizzati più chilometri di ciclabili d’emergenza, ben 35, seguita da Genova con 30. Nel complesso sono 21 le città dove sono stati realizzati nuovi tratti ciclabili anche se con finalità e risultati differenti. (5) Vedi tabella a lato.

La Pandemia ha quindi portato e ripensare alla mobilità e ha spinto a cambiare alcune abitudini di trasporto strettamente correlate anche all’evoluzione di nuove formule di lavoro come lo “smart working” e all’emergere di nuovi complessi urbani più sostenibili e digitali.

Di di certo non possiamo dimenticare il ruolo giocato dalla tecnologia, il digitale in particolare, nel dare un forte impulso al cambiamento o diremmo nel dare una forte sterzata all’evoluzione della mobilità per essere più sostenibile e sociale. Bike-sharing e car-sharing sono stati modelli possibili e di facile diffusione grazie al digitale.

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Dati sulla mobilità ciclabile in Italia – Fonte Legambiente


La città aumentata post Covid

Trovo interessante il concetto di “città aumentata” espressa da Maurizio Carta nel suo libro “Augmented Ciity. A Paradigm Shift”. “Dobbiamo cominciare a pensare in termini di “città aumentate” che per me sono lo strumento per entrare nel Neoantropocene generativo e collaborativo, superando il Paleoantropocene erosivo e dissipativo che ha caratterizzato la società – e la città – industriale dell’Ottocento e del Novecento. La città aumentata pretende un salto di paradigma in tutti i settori e cicli di vita, ma forse è la mobilità una delle sfide più importanti, poiché essa è ancora ferma al modello novecentesco della macchina privata inquinante. Serve un modello urbano in cui la mobilità sostenibile sia il propulsore più efficace del cambiamento.

Nuove infrastrutture per il trasporto collettivo e slow per connettere una città sempre più policentrica e reticolare che concorrano non solo a soddisfare gli attuali fabbisogni di mobilità (che nel post Covid-19 muteranno), ma siano indispensabili attivatrici di nuovi stili di vita e abilitatrici di opportunità per generare attorno ad esse nuovi spazi, socialità e diritti.”

Le città aumentate integrano i diversi modi di trasporto collettivo e condiviso (ferrovie, metropolitane, tram, bus, car-sharing, bike-sharing, etc,) in un sistema unitario di offerta, garantendo elevata qualità delle interconnessioni, e sostenendo l’integrazione attraverso un’urbanistica e una politica per la mobilità coerenti: accessibilità ai nodi delle stazioni di interscambio, sviluppo di corsie preferenziali, istituzione di “zone 30” sono tutte componenti determinanti per accompagnare il necessario mutamento nelle preferenze di mobilità dal trasporto individuale alla mobilità sostenibile. Inoltre l’interconnessione digitale, sempre più diffusa, delle auto e dei mezzi pubblici genererà una mole di dati sulla vita urbana (“big data”), raccolti e scambiati in tempo reale dalle vetture, e che saranno la base sia del prossimo salto infrastrutturale e della rivoluzione urbanistica basata sulla conoscenza distribuita e condivisa.

La rivoluzione infrastrutturale delle città aumentate porterà ad un nuovo concetto di spazio e a rimodellare dalle aree di parcheggio ai nodi di interscambio, dalla pedonalizzazione e ciclabilità a nuove architetture sotterranee e nuovo spazio pubblico della “città-arcipelago”. Spazi sottratti alle auto che ritornano come luoghi per le persone, necessarie estensioni dell’abitare da riprogettare e riconfigurare, come sta accadendo nel Poble Nou di Barcelona con il progetto Superilla, a Madrid con il Proyecto Madrid Centro, a Parigi e a Milano con la “città dei 15 minuti”. (6)

Progettare la città aumentata richiede un cambio di paradigma, ma soprattutto ha bisogno della continua sperimentazione delle sue declinazioni spaziali, sociali, culturali ed economiche in grado di aumentare l’intelligenza collettiva dei suoi abitanti. Ha bisogno di alimentare una nuova agenda urbana pratiche e necessita di trasferirsi negli apparati normativi e richiede un corpus tecnico di supporto. Richiede quindi di percorrere la sfida del progetto urbanistico.

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La città in 15 minuti:
le strade un luogo di socialità?

«È tempo di passare dalla pianificazione urbanistica alla pianificazione della vita urbana. Ciò significa trasformare lo spazio della città, ancora altamente mono-funzionale con le sue diverse aree specializzate, in una realtà policentrica, basata su quattro componenti principali -vicinanza, diversità, densità e ubiquità per offrire a breve distanza le sei funzioni sociali urbane essenziali: vivere, lavorare, fornire, curare, imparare e godere …Dobbiamo essere creativi e immaginare, proporre e costruire un altro ritmo di vita, altri modi di occupare lo spazio urbano per trasformarne l’uso. Preservare la nostra qualità di vita ci impone di costruire altre relazioni tra due componenti essenziali della vita cittadina: il tempo e lo spazio». Così dichiara il professor Carlos Moreno nel suo manifesto per le città dei 15 minuti. (7)

Il modello di città dei 15 minuti propone una pianificazione sostenibile dello spazio urbano basata sul concetto di prossimità, in modo da ridurre gli spostamenti in automobile in ambito cittadino, favorendo quelli in bicicletta o a piedi. Ad introdurre il concetto di città dei 15 minuti è stato il professore franco-colombiano Carlos Moreno, docente alla Sorbona di Parigi, proponendo una nuova concezione dell’idea di prossimità all’interno delle città, orientata allo sviluppo sostenibile, ma dobbiamo risalire al 1923 quando in un concorso nazionale di architettura a Chicago viene introdotto il concetto di “neighborhood unit”, unità di vicinato come proposta per costruire nuovi quartieri residenziali compatti. (8)

Secondo Moreno in un contesto urbano, il lavoro, i negozi, l’assistenza sanitaria, l’istruzione, il benessere, la cultura, lo shopping e il divertimento dovrebbero essere idealmente tutti raggiungibili entro quindici minuti da casa propria, a piedi o in bicicletta. Obiettivo di questo approccio alla pianificazione è quello di connettere le persone con il loro territorio e così eliminare gli spostamenti inutili con mezzi inquinanti ed energivori.

Si cambia la prospettiva: se finora urbanisti e architetti pensavano a come far raggiungere punti distanti tra loro nel minor tempo possibile, oggi la sfida diventa avvicinare questi punti, in modo da ridurre la necessità di muoversi per soddisfare le esigenze primarie individuali.

Le strade private delle auto non fungerebbero più da percorsi di passaggio, liberando così spazio per nuove aree pubbliche come parchi, fontane, alberi e orti urbani che andrebbero a mitigare l’effetto “isola di calore”, rendendo il quartiere un luogo più piacevole da vivere e in cui soffermarsi.

È quindi fondamentale concertare la gamma dei servizi attraverso la tecnologia digitale e i modelli di collaborazione e condivisione. «Ritornare alla vita urbana locale significa passare dalla mobilità come abbiamo vissuto alla mobilità che abbiamo scelto; si tratta di avvicinare la domanda degli abitanti all’offerta che viene loro proposta», così conclude il teorico della nuova rivoluzione urbanistica.

La prima città a sposare questo modello è stata la città di Parigi. Infatti la Ville du quart d’heure è stato uno degli assi giocati in campagna elettorale dall’attuale sindaco di Parigi Anne Hidalgo che propone “Parigi 100% ciclabile” intervenendo ad infittire la rete fino ad avere una corsia ciclabile in ogni strada e ponte, e rimuovere 60.000 degli 83.500 parcheggi in strada per trasformarli in piste ciclabili, aree verdi, spazi gioco. Il Financial Times ritiene che “Parigi sarà la prima città post-automobile”.

Di seguito Melbourne ha varato il piano “twenty minutes neighborhood”, impegnandosi a garantire ai cittadini la possibilità di soddisfare la maggior parte dei propri bisogni quotidiani con una passeggiata da casa. Mentre a Copenaghen è nato il quartiere soprannominato “five minutes to everything”, a Genova si sta ripianificando secondo un modello detto “la città dei 2 km” ed anche a Milano si è varato un piano di ripensamento urbanistico in tal senso. (9, 10)

MA se ci pensiamo questo modello, più o meno inconsapevolmente, non è già stato almeno in parte sperimentato da molti cittadini durante la pandemia?

Il percorso di cambiamento della mobilità urbana sembra ormai tracciato e stanno emergendo nuovi modelli che necessariamente portano a riconfigurare la città dagli spazi alle reti di collegamento, dal centro alle periferie prediligendo un modello “policentrico”.

Modelli che si devono basare su una stretta sinergia tra pubblico e privato in grado di portare ad una chiara definizione di un piano urbanistico integrato e ad un graduale rinnovamento ed espansione delle infrastrutture abilitanti (es.wifi e 5G), tenendo presente però che la formula funziona solo con una partecipazione attiva dei cittadini.

La pandemia ci insegna che dobbiamo tornare a progettare per rigenerare. Non è più il tempo di interventi ordinari e piccoli aggiustamenti, ma è venuta l’ora del salto dalla città del Novecento alla città del Neoantropocene, la città della prossimità aumentata.
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Glossario della nuova mobilità


Casa avanzata

È una linea di arresto per bicicletta, collocata più avanti rispetto a quella predisposta per gli altri veicoli.

L’adozione della casa avanzata è finalizzata soprattutto a favorire la manovra di svolta a sinistra delle biciclette, che altrimenti risulterebbe impedita nel caso in cui il ciclista fosse posizionato su una pista ciclabile o sul lato destro della carreggiata. Il Decreto Rilancio ha introdotto la “linea di arresto per le biciclette in posizione avanzata rispetto alla linea di arresto per tutti gli altri veicoli”. La casa avanzata può essere realizzata lungo le strade con velocità consentita inferiore o uguale a 50 km/h, anche se fornite di più corsie per senso di marcia, ed è posta a una distanza pari almeno a 3 metri rispetto alla linea di arresto stabilita per il flusso veicolare. L’area delimitata è accessibile attraverso una corsia di lunghezza pari almeno a 5 metri riservata alle biciclette, situata sul lato destro in prossimità dell’intersezione. (18)


Connected Car o Veicoli connessi

Le auto connesse (connected car) grazie all’IoT (Internet of Things, Internet delle Cose) che ormai pervade qualsiasi ambito della quotidianità, sono in grado non solo di comunicare con altri oggetti, ma consentono anche al proprietario di controllare e gestire da remoto alcune funzioni. Oltre a consentire agli automobilisti di accedere, generalmente tramite smartphone, a informazioni relative allo stato dell’auto, alla sua localizzazione e ai dati tecnici, le auto connesse sono anche capaci di avvertire i servizi di emergenza in caso di incidente, di contattare l’officina se qualcosa nel motore non va come dovrebbe, di avvertire il gommista se si fora. (19)


Drone

È un velivolo a pilotaggio remoto, un aereo radiocomandato che grazie al GPS e sofisticati sensori (accelerometri, barometri, bussola, sonar e radar) è in grado di avere una certa autonomia nel volo, fino a poter volare in modo completamente automatico. In questa categoria ricadono aeromobili molto diverse tra loro. Molto diffusi sono i multicotteri (generalmente piccoli, meno di 25 kg) che si sostengono in aria grazie a quattro, sei o otto eliche (raramente di più), ma ci sono aeroplani, elicotteri, dirigibili. Non è la forma a fare il drone, ma la sua caratteristica saliente, cioè quella di non avere pilota a bordo. (20)


Intermodalità

Il trasporto intermodale è una tipologia particolare di trasporto, effettuato con l’ausilio di una combinazione di mezzi diversi. All’interno di questa categoria si possono distinguere almeno due differenti campi di applicazione dell’intermodalità: il trasporto merci e il trasporto passeggeri. Esempi di trasporto intermodale merci sono “camion + treno” o “camion + nave”. (21) Esempi di trasporto persone sono “treno + metro” o “auto personale + bike”.


Ride sharing

È un nome generico che definisce i viaggi condivisi tra privati. Una persona percorre un determinato tragitto con la sua auto e porta con sé un’altra persona, che ha la stessa meta. Tali opportunità di viaggio condiviso vengono di norma organizzati e addebitati tramite siti web o app.


Ride hailing

Con il ride hailing il cliente prenota un viaggio in auto tramite un’app. L’autista professionista va a prendere il cliente nel punto di incontro concordato e lo conduce a destinazione. La corsa è a uso esclusivo del cliente, come quella su un taxi. Il pagamento della corsa avviene tramite app.


Ride pooling

Quando diversi passeggeri condividono un autista professionale. Esempio: la persona X ha prenotato un servizio di ride hailing perché desidera andare dal punto A al punto B. Coincidenza vuole che una persona Y richieda un percorso uguale o simile allo stesso fornitore del servizio. L’algoritmo unisce i viaggi. La persona Y sale insieme alla persona X nel taxi che offre il ride pooling durante il viaggio o viceversa. Il singolo viaggio magari dura un po’ di più, ma il fornitore del servizio di ride hailing può offrire tariffe convenienti grazie al fatto che il viaggio sia stato condiviso. Senza contare che ogni condivisione snellisce il traffico e riduce l’inquinamento ambientale. (22)


Robotaxi

Non è altro che un’auto a guida autonoma quindi capace di muoversi nel traffico con nessuno alla guida, per uso pubblico con una capienza massima di 4 persone, nata da un’idea di Enrico Frazzoli, professore del MIT, italiano trapiantato negli Stati Uniti, ma impegnato a rivoluzionare Singapore che ha fondato la nuTonomy nel 2013 (società esperta nella robotica del Massachusetts Institute of Technology). (23)


“Ultimo Miglio”

È la distanza tra i punti di accesso alle reti pubbliche e le abitazioni. Es. Da casa alla metropolitana o linea bus più vicina.


“Zone 30”

Le zone o città “30” si riferiscono alle strade che hanno il limite di velocità a 30 Km/h tranne la viabilità principale, rendendo la città meno inquinata, meno rumorosa, meno pericolosa e quindi più vivibile, accessibile e realmente inclusiva. Olanda e Spagna hanno recentemente votato in Parlamento una legge che prevede i 30 Km/h in tutte le strade urbane di tutto il paese.


Maria Cristina Farioli
Oggi ricopre il ruolo di Professore in Management and Organization in Digital Economy presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e presta consulenza alle aziende come Senior Advisor in Digital Transformation. Inoltre, come Digital Strategy and Services Design Director presso la RED s.r.l. contribuisce alla conduzione di un grande progetto Real Estate: Milano4you, un distretto digitale alle porte di Milano. Le competenze ed esperienza di MC.Farioli rappresentano la lunga carriera maturata in IBM Italia dove nel corso di trent’anni ha ricoperto diversi ruoli apicali.

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