Lo scorso febbraio l’OICE l’Associazione di categoria, appartenente a Confindustria, che rappresenta le organizzazioni italiane di ingegneria e architettura ha presentato il rapporto annuale sul monitoraggio dei bandi per servizi di progettazione riservando uno sguardo attento alla diffusione dei partenariati pubblico-privato in Italia.
Secondo quanto rilevato dall’associazione, il 2019 ha visto un aumento significativo dei bandi di gara per progetti di partenariato, più evidente nell’ambito delle gare su proposta del promotore (comma 15 dell’art. 183 del Codice dei Contratti Pubblici), nella proporzione di 375 contro 91 bandi su iniziativa di amministrazioni pubbliche.
Nei dodici mesi del 2019 il valore delle gare miste, cioè di progettazione e costruzione (appalti integrati, project financing, concessioni di realizzazione e gestione) ha raggiunto i 14.271,7 milioni di euro, con 694 bandi. Rispetto al 2018 il valore cresce del 52,2% e il numero del 10,2%.
Il ricorso al PPP, in tempi di grandi vincoli alla spesa pubblica, è dunque un modello in crescita e rappresenta un punto di riferimento per le Amministrazioni che intendono portare avanti progetti complessi di ammodernamento infrastrutturale o dei servizi offerti ai cittadini.
In effetti questa tendenza è coerente anche con quanto emerge per gli anni precedenti dal quadro offerto dal DIPE (Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica) nella “Relazione sulle attività concernenti il Partenariato pubblico privato 2017-2018”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 2 luglio scorso.
La disamina, fornita dalla struttura della Presidenza del consiglio dei ministri, utilizza dati forniti dall’Osservatorio Nazionale del Partenariato Pubblico Privato che ricostruiscono l’evoluzione del settore lungo un arco di diciassette anni, dal 2002 al 2018, dove il trend di crescita appare sempre più rilevante.
In questo lungo arco di tempo il mercato del PPP italiano, rispetto all’intero mercato delle opere pubbliche, è passato da una percentuale inferiore all’1%, con 332 iniziative nel 2002, a una percentuale del 17% nel 2018 con quasi 4.000 iniziative.
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Il dato nazionale è in controtendenza rispetto a quello che accade in Europa dove negli ultimi anni (2009-2018) il mercato del Partenariato Pubblico Privato ha evidenziato un trend decrescente, sia in termini di numero di operazioni sia in termini di valore. Nel 2018, nel vecchio continente, 39 operazioni di PPP hanno raggiunto il closing finanziario (il numero più basso di transazioni dal 1997), per un importo complessivo di circa 14,6 miliardi di euro.
Nell’arco del decennio 2009-2018 il ricorso dell’Italia ai partenariati pubblico privato l’ha posizionata al sesto posto con 39 contratti chiusi e 14,9 miliardi di euro di valore, preceduta dalla Germania e seguita dalla Grecia.
Sul mercato italiano dei PPP i settori che hanno mostrato maggior dinamicità sono: energia e telecomunicazioni, trasporti, porti e logistica, sanità e cimiteri.
Per quanto riguarda le tipologie contrattuali adottate, il 72% delle Amministrazioni Pubbliche fanno ricorso alla concessione di servizi. Da notare che tra il 2002 e il 2018 circa il 67% dei Comuni italiani ha attivato almeno una procedura di PPP.
In effetti sono proprio i Comuni, con una percentuale superiore all’80%, gli Enti che con maggiore frequenza fanno ricorso al PPP.
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Nel 2018 il volume dei PPP in questo ambito ha avuto un valore di circa 3,4 miliardi di euro con 3.125 bandi.
Secondo il Rapporto, pubblicato a luglio 2019, il D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) il 19 aprile 2016 e, successivamente, il decreto correttivo D.Lgs. n.56/2017 il 20 maggio 2017, hanno avuto un impatto sui procedimenti in corso nel periodo di transizione ma hanno anche rappresentato l’opportunità di operare un concreto rafforzamento del mercato del PPP, dando il via alla ricerca di nuovi modelli per l’identificazione e valutazione dei rischi e per il monitoraggio.
Su questo aspetto si incentra l’attività di assistenza fornita dal DIPE alle pubbliche amministrazioni. Nel corso del 2017 e del 2018 sono state effettuate dal DIPE assistenze che hanno riguardato le operazioni in PPP in tutte le fasi, dalla programmazione all’esecuzione. In particolare, n. 20 nel 2017 e n. 22 nel 2018.
L’intervento è servito nel dare aiuto nella redazione dei progetti di fattibilità, per la valutazione delle proposte e delle offerte in sede di procedura, sino alla negoziazione dei contratti o alla revisione di quest’ultimi con gli operatori privati.
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Nel corso del 2017, le Amministrazioni che hanno maggiormente fruito dell’assistenza su PPP e Project Financing sono state quelle comunali (con più del 70 per cento delle richieste all’attivo), a seguire le Aziende Sanitarie Locali, le Amministrazioni regionali e provinciali. Ma con il 2018, le richieste hanno assunto uno sviluppo sensibile interessante: alle amministrazioni locali (circa 70%) si sono aggiunte richieste di assistenza provenienti da amministrazioni centrali, Regioni e Provincie, università e autorità portuali.
Il Partenariato Pubblico Privato (PPP) indica una vasta gamma di modelli di cooperazione tra il settore pubblico e quello privato. La normativa nazionale di riferimento all’art. 180, comma 8 del D.Lgs. n. 50/2016 raccoglie le diverse tipologie dei contratti rientranti nel PPP. Una PA può ricorrere al PPP quando intende affidare a un operatore privato l’attuazione di un progetto per la realizzazione di opere pubbliche e per la gestione dei relativi servizi, nell’ambito di una cooperazione di lungo termine. È un modello di realizzazione di opere e servizi pubblici che ha i suoi punti di forza ma richiede il rispetto di vincoli precisi. Un valido orientamento è fornito da: “Partenariato Pubblico Privato (PPP): 100 domande e risposte. Una guida per le Amministrazioni” da cui abbiamo sintetizzato il quadro che segue.
ll rischio di mercato – In un’operazione di PPP, tipicamente, sono presenti i seguenti elementi: progettazione; finanziamento; costruzione o rinnovamento; gestione e manutenzione. I progetti realizzabili in PPP possono essere classificati, poi, in due categorie: quelli in cui la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato e quelli in cui ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente. Da notare che, nel primo caso il rischio di mercato è a carico dell’operatore economico mentre, nel secondo caso, il rischio di mercato rimane sostanzialmente in capo al concedente.
La durata – la durata relativamente lunga della collaborazione tra il partner pubblico ed il partner privato per il completamento di tutte le varie fasi e componenti di un PPP è un aspetto rilevante per il ricorso a questo tipo di modello di collaborazione. Sul piano del finanziamento del progetto, questo è tipicamente garantito da parte del settore privato. Spesso, tuttavia, quote di finanziamento pubblico si aggiungono a quello privato.
Il ruolo del partner pubblico – Al partner pubblico spetta la responsabilità di definire con attenzione gli obiettivi di interesse pubblico, definire sla e qualità dei servizi offerti, di politica dei prezzi e garantisce il controllo del rispetto di questi obiettivi.
Il PPP in Europa – Il “Libro verde relativo ai Partenariati Pubblico‐Privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni”, presentato dalla Commissione Europea il 30 aprile 2004, rappresenta il punto di partenza per la classificazione del PPP a livello europeo e distingue due categorie di partenariati: il primo è il partenariato contrattuale, basato su legami contrattuali tra i soggetti partecipanti alle operazioni, in base ai quali uno o più compiti vengono affidati ad un privato. È il tipico modello concessorio: il partner privato fornisce un servizio alla collettività sotto il controllo del partner pubblico. L’altro modello è il partenariato istituzionalizzato. In questo caso viene a crearsi una struttura societaria, costituita dai partner pubblici e privati, con lo scopo di assicurare il servizio a favore della collettività. In effetti nella maggior parte d’Europa si ricorre a questa formula per gestire servizi pubblici a livello locale perché permette al partner pubblico di conservare un livello di controllo più diretto nello svolgimento delle attività attraverso la propria presenza nella partecipazione azionaria e in seno agli organi decisionali dell’impresa comune. Rientra in questa casistica anche il passaggio a controllo privato di una società pubblica già esistente (privatizzazione).
Quando è opportuno utilizzare schemi di PPP – Si ricorre ad uno dei tipi di PPP esistenti quando il ricorso a risorse dei privati può comportare benefici per la PA e per gli utenti finali dei servizi. Tali benefici possono essere sia di carattere economico, e concretizzarsi in una riduzione dei costi complessivi di realizzazione e gestione dell’infrastruttura, sia riconducibili ad un incremento dell’efficienza, dell’efficacia e della qualità dei servizi erogati. Il ricorso al PPP può consentire, anche a livello locale, di superare i vincoli sulla spesa pubblica e sui saldi di bilancio derivanti dall’adesione all’Unione monetaria. Inoltre, il coinvolgimento di soggetti privati nel finanziamento e nella gestione consente e richiede l’affinamento delle metodologie di valutazione dei progetti, sull’intero ciclo di vita dell’infrastruttura. Il PPP richiede una stima rigorosa dei benefici che l’operatore pubblico può conseguire con soluzioni alternative al tradizionale finanziamento a carico del bilancio pubblico e, soprattutto, prevede la possibilità di trasferire, in modo trasparente, proporzionato e mirato, parte dei rischi del progetto alle imprese.
Un modello che ha le sue criticità – Le principali criticità riscontrate nel nostro Paese in relazione ai partenariati pubblico privati risiedono nel vedere nel PPP un’alternativa alla carenza di risorse pubbliche disponibili. Occorre fare molta attenzione alle verifiche preliminari sulla reale convenienza del ricorso al PPP in termini di ottimizzazione dei costi per la pubblica amministrazione. Allo stesso modo, spesso, può risultare inadeguata la capacità delle amministrazioni pubbliche di confrontarsi con la parte privata, che risulta fondamentale per definire i rispettivi obblighi contrattuali, compiere le giuste valutazioni economico finanziarie. Non meno semplice è l’attività di monitoraggio dell’esecuzione del contratto, il controllo dei tempi, la complessità generale delle procedure e la capacità contemperare le esigenze di tutti gli attori coinvolti nel PPP: PA, impresa e utenza finale del servizio.
Il Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica (DIPE) è una struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri che svolge funzioni di supporto al CIPE e alla Presidenza del Consiglio. Istituita con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del il 21 giugno 2007, si focalizza sui temi di rilevanza strategica come infrastrutture, tariffe dei servizi di pubblica utilità, sviluppo sostenibile, energia, sanità. Si tratta, non a caso, dei settori nei quali si concretizza la possibilità di ricorre alla formula di compartecipazione del Partenariato Pubblico Privato. Per questo, con la legge di stabilità 2016, il DIPE ha assunto anche le competenze sino ad allora assegnate alla l’Unità tecnica Finanza di Progetto (UTFP).
Da qui deriva la responsabilità del DIPE nel diffondere e promuovere le corrette prassi tra le amministrazioni pubbliche del Partenariato Pubblico Privato (PPP) per la realizzazione e gestione di opere pubbliche utilizzando tecniche di finanziamento con ricorso a capitali privati. Per questo la struttura opera anche fornendo assistenza alle pubbliche amministrazioni, che ne fanno richiesta, con servizi di assistenza tecnica, legale e finanziaria, in tutte le fasi dei procedimenti di partenariato.
Non secondaria, poi, è la funzione di raccolta dei dati e il monitoraggio ai fini della stima dell’impatto sul bilancio pubblico delle operazioni in PPP.
Ma in cosa consiste l’assistenza alle diverse amministrazioni pubbliche? Prima di tutto nell’individuare se e come le loro necessità rientrino in uno dei modelli di partenariato previsti. Questo supporto continua poi lungo tutti i risvolti tecnici, legali e finanziari previsti dall’Iter.
Quindi, in fase di programmazione dell’iniziativa il DIPE aiuta ad individuare le opere pubbliche o i servizi che possono essere finanziati con capitale privato, oppure, le procedure più idonee al raggiungimento dello scopo. Il suo coinvolgimento può proseguire, o essere richiesto, anche nella fase di valutazione delle proposte ricevute dai privati; nelle fasi di gara, che seguono, per la predisposizione dei relativi bandi e della documentazione necessaria e per la risoluzione di questioni tecniche, giuridiche o economiche, in sede di valutazione delle offerte. L’affiancamento prosegue anche nella fase di esecuzione del contratto per l’analisi delle eventuali criticità.
Alle PA che lo richiedono il DIPE, gratuitamente, fornisce chiarimenti in risposta a quesiti elabora pareri e relazioni con contenuti di natura tecnica, giuridica ed economico-finanziaria.
Non si tratta di pareri vincolanti. In effetti, le amministrazioni richiedenti rimangono libere di assumere le decisioni che ritengono più opportune e coerenti rispetto al proprio problema. Il DIPE, in altre parole, non si sostituisce all’amministrazione ma fornisce elementi di valutazione sulla base di una competenza altamente qualificata. Possono richiedere l’intervento di questa struttura le figure dotate di rappresentanza esterna dell’amministrazione come Presidente della Giunta, il Sindaco, l’Assessore competente, nel caso di Enti territoriali; il Direttore generale o il Segretario generale, nel caso di altri Enti. La richiesta di assistenza avviene attraverso PEC.
La documentazione da fornire al DIPE dipende dal tipo di assistenza richiesta e dalla fase del procedimento. In linea generale, la documentazione deve contenere tutti gli elementi necessari per consentire lo svolgimento dell’attività di assistenza come, ad esempio, il progetto di fattibilità, la bozza di convenzione, il piano economico finanziario in versione editabile.
• infrastrutture e trasporti;
• regolazione tariffaria dei servizi di pubblica utilità (autostrade, aeroporti, porti, ferrovie, settore idrico);
• riparto delle risorse nazionali e comunitarie per lo sviluppo e la coesione
• territoriale;
• attività produttive ed energia;
• ricerca e innovazione tecnologica;
• sanità;
• politiche sociali e abitative;
• sviluppo sostenibile dell’ambiente e del territorio, interventi per le bonifiche dei siti e la riqualificazione idrogeologica.
In una fase (molto prolungata) di scarse risorse pubbliche risulta molto interessante la possibilità di ricorrere ad uno strumento previsto dalla Legge sin dagli anni novanta ma ancora poco usato: il Partenariato Pubblico Privato (PPP).
Pensato in origine per la realizzazione di opere pubbliche, consente ad aziende di proporsi come finanziatori e realizzatori di un progetto di utilità pubblica che preveda nel tempo la remunerazione delinvestimento lasciando poi il servizio o la struttura alla comunità.
Uno degli aspetti più interessanti è il meccanismo che inverte l’iter tipico per cui sono gli operatori economici che propongono ad una amministrazione la realizzazione di servizi evoluti per i quali si assumono i rischi economici. Ci sono imprese che si stanno specializzando su questo tema e la possibilità di replicare le best practice, per loro e le amministrazioni, potrebbe diventare un metodo efficace di disseminazione di modelli efficaci.
Cerchiamo, allora, di approfondire con il contributo di Stefano De Capitani, presidente di Municipia Spa, società del Gruppo Engineering, le opportunità ma anche i vincoli che caratterizzano questa modalità di collaborazione tra Amministrazioni pubbliche e questo nuovo genere di investitori/partner.
Presidente, con quali criteri le amministrazioni possono ricorrere a questo strumento?
È utile sottolineare l’importanza della parola ‘partenariato’. Sta a significare che deve esserci una partnership nella quale le due parti in causa devono concorrere a realizzare qualcosa che da soli, autonomamente, non potrebbero realizzare. La prima conseguenza che se ne deve trarre è che se non è necessario un contributo da entrambe le parti, vengono a mancare i requisiti giuridici che consentono alle amministrazioni pubbliche di utilizzare questo strumento. Non si tratta di un’ovvietà, perché non tutte le attività e non tutte le condizioni si prestano ad essere affrontate attraverso il partenariato pubblico-privato.
Quindi il partenariato pubblico privato non è un’alternativa equipollente ad un appalto di servizio.
Il PPP non è in alcun modo un’elusione di una procedura di evidenza pubblica.
Si può utilizzare quando esistono determinate condizioni. E inoltre, senza entrare in aspetti più giuridici, c’è un secondo aspetto da sottolineare. Una volta recepito un progetto da parte di un’impresa è sempre richiesto un passaggio di evidenza pubblica.
Qual è quindi il vantaggio di ricorrere a questa procedura, piuttosto che alla normale gara di appalto?
Il privato investe dei soldi propri nella realizzazione di un servizio e quindi il vantaggio della Pubblica Amministrazione è conseguentemente un minore esborso. Tuttavia, il punto più rilevante è il fatto che l’operatore privato deve portare in dote un progetto preciso.
Porta, in altre parole, le competenze che servono per progettare un servizio complesso e innovativo che, altrimenti, la pubblica amministrazione dovrebbe sviluppare al suo interno o appaltare a fronte di un costo aggiuntivo, magari a una società di consulenza che però non avrebbe poi alcuna responsabilità su fattibilità e sostenibilità del progetto. Con il PPP, l’Amministrazione Pubblica riceve un progetto senza avere nessun vincolo di fatto e, se lo ritiene di interesse pubblico, coerente alle finalità generali dell’Ente, lo può fare proprio e a quel punto esperire la gara di evidenza pubblica.
Quali sono i vantaggi per le imprese?
Consistono nella possibilità di portare avanti proposte dalla forte caratterizzazione tecnologica e innovativa. Le gare d’appalto per l’acquisto di servizi o la realizzazione di opere, per la loro natura, hanno spesso un ridotto contenuto innovativo quando sono concepite all’interno dell’ambito pubblico. Non si tratta di un difetto; dipende dal fatto che l’avanzamento tecnologico è così veloce che soltanto chi opera in modo specialistico su un settore è in grado di proporre le soluzioni più avanzate. Oggi, per esempio, si parla molto di blockchain. Si tratta di una tecnologia molto interessante che consente di rendere certo e immodificabile un determinato flusso di dati e informazioni ma al momento è già abbastanza difficile trovare le competenze per utilizzarla con padronanza all’interno delle aziende di settore, quindi ancora di più all’interno di una pubblica amministrazione di medie o piccole dimensioni.
Un altro aspetto fondamentale riguarda il concetto di rischio. Può spiegarci quale ruolo gioca nel meccanismo del partenariato?
Molto spesso la realizzazione di servizi pubblici comporta l’assunzione di un rischio come, per esempio, il raggiungimento di determinati risultati economici per ripagare l’investimento. È più giusto che tale rischio sia assunto da un operatore di mercato piuttosto che da un’amministrazione pubblica perché questa rischierebbe denaro che appartiene alla collettività. D’altra parte, la presenza di questo requisito è determinante per rendere attuabile un PPP, perché, se mancasse, vorrebbe dire che l’Amministrazione sta utilizzando uno strumento contrattuale impropriamente.
Possiamo fare un esempio concreto?
Diciamo che un Comune intende dotarsi di una infrastruttura intelligente per gestire il traffico ovvero l’accesso alla ZTL e il pagamento dei parcheggi.
In questo modo potrà attuare politiche di accesso anche a vantaggio della sostenibilità ambientale, favorendo, limitando, gestendo i flussi di accesso al centro. Questo è l’obiettivo pubblico. Realizzare questo progetto richiede un investimento in infrastrutture e tecnologie come sensori e telecamere. Si tratta di un investimento che si può ripagare con i ticket che i singoli utenti pagheranno per l’accesso. È chiaro però che, se i flussi di accesso sono stimati in modo più alto o più basso del reale, l’importo economico raggiungibile sarà significativamente diverso. Se questa iniziativa fosse fatta in una modalità tradizionale, il Comune dovrebbe investire decine di milioni cercando di ammortizzare i costi con l’utilizzo che ne faranno i cittadini. Ma se questo non avviene, l’amministrazione si mette nella condizione di mancare i propri obiettivi e, se per farlo ha contratto un mutuo, magari si trova nelle condizioni di non avere le risorse per rimborsarlo. Grazie al PPP questo rischio viene assunto da un’impresa che ne ha la vocazione.
È chiaro che stimare i flussi in modo corretto, senza sovrastimarli o sottostimarli, è interesse sia del pubblico sia del privato perché altrimenti l’investimento non sarebbe vantaggioso per una delle due parti. Purtroppo, però, questo alle volte avviene e la legge prevede a tutela delle parti dei meccanismi di adeguamento nel tempo. In questo modo, laddove per diversi motivi la realtà si rilevi diversa in modo sensibile da quelle che sono state le previsioni, con la parte privata che ha registrato un lucro eccessivo, il contratto può essere rivisto e riportato in una logica di giusto trade off.
Quali sono gli ambiti nei quali si ricorre con maggiore frequenza a questo strumento?
Storicamente il partenariato pubblico-privato è stato utilizzato per realizzare opere come strade e infrastrutture. Da alcuni anni sono in corso nuove applicazioni relative a servizi pubblici. Per esempio, il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani che richiede un significativo impiego di personale, mezzi e supporti. Si tratta, però, di un servizio che può essere reso molto più efficiente attraverso l’uso di tecnologie dispiegate nei cassonetti, sui mezzi di raccolta e di tecnologia di intelligenza artificiale nella definizione di percorsi ottimali di raccolta in base alle previsioni di riempimento. Si può abilitare il cassonetto alla raccolta differenziata e, quindi, associare il conferimento ad un singolo nucleo familiare per calcolare la quantità di rifiuti conferiti suddivisi per tipologia e arrivare a far pagare la Tari in ragione dell’effettiva quantità di rifiuti prodotta e della loro tipologia. Fare tutto questo richiede investimenti, progettualità e anche strumenti di revisione del processo applicato ad un servizio pubblico locale.
L’applicazione del PPP ai servizi pubblici è abbastanza recente, ma negli ultimi due o tre anni sta diventando frequente. Una cosa da ricordare è che i progetti di iniziativa privata, per essere ammissibili, non devono già essere previsti dalla programmazione dell’Ente, nel DUP (documento unico di programmazione). Bisogna ricordare che il progetto non deve nascere necessariamente da una proposta del soggetto privato; oggi si assiste anche a qualche iniziativa pubblica con un Ente che chiede una manifestazione di interesse per un particolare partenariato.
Esiste uno spazio per la co-progettazione con l’ente interessato o il progetto deve comunque essere prodotto dall’impresa?
Bisogna distinguere: nel caso in cui l’iniziativa sia privata, è il soggetto privato che, sulla base della conoscenza che ha dell’ente e del problema, fa il progetto. Viceversa, in caso di iniziativa pubblica, l’Ente predispone una progettazione iniziale, magari di massima, che definisce parte dei requisiti e quindi chiede ai privati di rappresentare un loro progetto affinerà quanto iniziato. A quel punto l’ente sceglie il progetto migliore. Non parlerei, però, di co-progettazione se con questo intendiamo i due attori che progettano insieme il servizio. Anche nel caso dell’iniziativa pubblica i due momenti sono distinti.
Municipia ha una proposta che si articola su diversi ambiti di servizio pubblico. Quale in questo momento riscuote maggiore interesse nelle amministrazioni?
C’è un interesse crescente delle Amministrazioni locali al tema della mobilità privata e, quindi, gestione dell’accesso, sosta e transito di mezzi privati all’interno dei nuclei urbani, in particolare delle zone a traffico limitato o comunque dove le amministrazioni vogliono controllare il livello di emissioni. Questo avviene sull’onda di diverse spinte: eccessiva congestione da traffico all’interno delle città, fenomeni come la pressione dei bus turistici e, oggi, anche dei mezzi commerciali che consegnano gli acquisti e-commerce.
Le amministrazioni comunali hanno quindi il problema di assicurare la sostenibilità del traffico ma anche quello di limitare l’inquinamento.
Trova che le amministrazioni oggi abbiano la capacità di ricorrere in modo agevole a questo strumento?
Il livello di conoscenza del PPP è ancora poco diffuso. Anche dal punto di vista degli iter amministrativi che portano a compimento questo tipo di procedure sicuramente le lacune sono frequenti. Gli Enti di maggiori dimensioni sono sicuramente più esperti. Le centrali di committenza aggregate come le città metropolitane o le centrali d’acquisto regionali hanno grande competenza. Sono le realtà cittadine e locali che hanno più difficoltà.
In effetti, i maggiori problemi consistono nella capacità e nella padronanza di condurre l’iter amministrativo che è di assoluta ed esclusiva competenza dell’attore pubblico nel modo corretto. Cominciamo però ad assistere ad indicazioni importanti di Province, nella giustizia ammnistrativa, presso l’Anac che forniscono linee guida significative per tutti.
Noi abbiamo presentato diverse proposte relative al miglioramento della gestione delle entrate sia per la mobilità che in ambito turistico. Inoltre, nell’ambito infrastrutturale abbiamo proposte per la gestione dell’illuminazione pubblica. Il partenariato non è ancora uno strumento utilizzato su larga scala ma c’è la convinzione che, nel rispetto delle regole e nell’equilibrio tra costi e benefici, possa essere la soluzione per affrontare le grandi sfide dell’amministrazione locale: trasporti, rifiuti, sicurezza.
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