L’emergenza sanitaria, dovuta alla diffusione del Coronavirus, ha costretto non solo la Pubblica Amministrazione ma tutto il sistema produttivo del nostro Paese a rivedere in brevissimo tempo l’organizzazione dei processi lavorativi interni. Lavoro agile e smart working sono due parole che prepotentemente si sono imposte nella comunicazione quotidiana e che hanno condizionato le nostre abitudini professionali e familiari. Diverse sono le storie di Pubbliche Amministrazioni che, in differenti modalità, hanno garantito continuità lavorative nel periodo di #iorestoacasa. Tra queste ne raccontiamo una, quella di Città metropolitana di Roma Capitale in cui la quasi totalità del personale ha svolto l’attività professionale dal proprio domicilio, dimostrando una grande capacità di adeguarsi a una nuova e imprevista condizione.
Il successo conseguito dalla piattaforma di lavoro agile dimostra la capacità di Città metropolitana di Roma Capitale di intraprendere programmi IT di ampia portata. Sono felice di aver implementato un progetto che ha notevole rilevanza sotto il profilo sociale e della produttività, e che offre al contempo anche un ritorno economico. Una migliore gestione e maggiore efficienza si traducono anche in riduzione dei costi. Questo successo costituisce la base per dare una spinta al più ampio progetto di trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione italiana.
Chi parla è Stefano Iacobucci, il CIO (Chief Information Officer) di Città metropolitana di Roma Capitale, responsabile dei Sistemi Informativi, responsabile della sicurezza, dell’infrastruttura parte data center, insomma di tutto l’IT. La sua divisione offre il supporto alle 121 municipalità, mettendo a loro disposizione dei servizi previsti nel sistema Smart Metro.
Un supporto ai Comuni del territorio provinciale di Roma Capitale sul tema della semplificazione amministrativa tramite l’innovazione tecnologica. Un sistema al quale hanno aderito 73 dei 121 comune dell’Area Vasta. È un importante aiuto soprattutto per le municipalità più piccole che hanno meno capacità a livello infrastrutturale. Per queste sue mansioni, si è occupato anche dell’implementazione dell’infrastruttura che ha consentito al suo Ente di dare vita all’esperienza di lavoro agile.
Le sue parole comunicano soddisfazione: “essere riuscito in pochi giorni, nel pieno della pandemia di Covid-19, a permettere a oltre 1000 su 1280 dipendenti di prestare la propria attività professionale in modalità smart working è un gran successo”.
– In realtà la sperimentazione della modalità di lavoro agile è iniziata lo scorso anno e ha coinvolto 200 dipendenti, che per almeno un giorno alla settimana potevano lavorare dal proprio domicilio. Poi in osservanza del DPCM dell’8 marzo scorso siamo stati costretti a mettere tutto il personale in attività smart working. Con la collaborazione dei nostri partner tecnologici, VMware e R1 Group, abbiamo portato la nostra infrastruttura a supportare la modalità di lavoro agile per oltre il 90% dei nostri dipendenti. La parte restante svolge mansioni che devono essere inevitabilmente eseguite che sul campo, come polizia locale, cantonieri, autisti – spiega Stefano Iacobucci.
Cosa prevede il progetto Soft Mobility Smart Working?
Si tratta di una parte di un progetto più ampio chiamato Mobilità Dolce (MODOCIMER), definito nell’ambito di un programma finanziato per oltre 3 milioni di euro dal Ministero Infrastrutture e Trasporti, che ha l’obiettivo di migliorare la mobilità in tutto il territorio e di sviluppare il progetto Smart Working. Condizione fondamentale, la possibilità di garantire ai dipendenti di svolgere l’attività professionale senza allontanarsi dal proprio domicilio o comunque di usufruire di postazioni di lavoro più vicine alla propria residenza per registrare una riduzione degli spostamenti all’interno del territorio urbano. Tutto ciò è reso possibile grazie alla legge 81 del 2017, che ha normato lo smart working distinguendolo dal telelavoro. Lo smart working non prevede tempi e luoghi definiti per l’esercizio delle proprie funzioni ma solo la possibilità di svolgere la propria attività da un luogo diverso rispetto all’ufficio tradizionale.
Quale riorganizzazione tecnologica dei vostri sistemi vi ha permesso di realizzare il programma?
Abbiamo innanzitutto messo a valore la nostra esperienza e conoscenza delle piattaforme VMware, con l’evoluzione di Horizon 7. Uno sviluppo rispetto all’infrastruttura VDI (Virtual Desktop Infrastructure) che permette di fornire agli utenti finali una singola posizione per accedere ai desktop, alle applicazioni e ai servizi online ovunque si trovino e da qualsiasi dispositivo, utilizzando una semplice connessione internet. La piattaforma di postazioni virtuali è stata installata all’interno dei server del nostro data center. Postazioni virtuali significa avere pc virtuali, invece del case messo sotto la scrivania del quale tutti i dipendenti erano gelosi perché legati a quello che noi siamo soliti chiamare “pezzo di ferro”. Si è trattato di un adeguamento tecnologico che ovviamente ha richiesto tempo. Determinanti sono state la collaborazione e la consulenza del nostro partner R1 Group, che ci ha seguito sia nella fase di progettazione che in quella di realizzazione. Anche perché non è semplice orientarsi in un mercato caratterizzato da un’alta offerta. Ora stiamo studiando la modalità per trasferire questa piattaforma in ambiente cloud, anche per ragioni di sicurezza soprattutto nell’erogazione dei servizi. Però siamo ancora in una fase di studio e progettazione. Sarà una transizione obbligata per tutte le Pubbliche Amministrazioni, secondo quanto previsto dal Piano Triennale per l’Informatica nella PA e dalle indicazioni di Agid.
Dati e informazioni sensibili, quali misure di cyber security avete adottato?
Il sistema, come tutti quelli informatici, potrebbe essere vulnerabile nonostante tutti gli accorgimenti di sicurezza che abbiamo adottato. Quello che viene chiamato doppio fattore di autenticazione, il token che si utilizza anche per le banche, è stato adottato anche da noi per mettere tutto il sistema in totale sicurezza. Ogni dipendente è dotato del proprio “token” che certifica l’accesso all’interno delle macchine. Le funzionalità Horizon 7 consentono il consolidamento del controllo e la protezione delle risorse di End-user computing, con policy che si adattano dinamicamente all’ambiente di elaborazione dell’utente finale. Il sistema utilizza al meglio la rete virtuale per proteggere l’infrastruttura del data center e i carichi di lavoro.
Come cambia per lei la figura del dirigente e del proprio ruolo di leadership?
Abbiamo avuto modo di riscontrare che le persone che lavorano da casa svolgono la propria attività più assiduamente, sembrerebbe un paradosso ma è proprio così. Forse una diversa responsabilizzazione comporta anche una maggiore produttività. In questo contesto, il dirigente può misurare la performance solo sulla base dei risultati raggiunti, non su altri elementi come l’orario per esempio. Il profilo del dirigente cambia, dal controllo fisico si passa a un ruolo più di coach, le professionalità ci sono ma capisco sia uno sforzo anche culturale per loro.
Quali sono state le reazioni dei dipendenti?
I primi dipendenti coinvolti nella fase sperimentale hanno potuto contare anche su attività di formazione per l’utilizzo della piattaforma, mentre coloro che sono stati catapultati nella modalità di lavoro agile dalla pandemia non hanno usufruito di alcuna attività formativa. Per quest’ultimi non è stato semplicissimo. Ciò nonostante abbiamo registrato feedback molto positivi. Ho ricevuto diverse telefonate di colleghi che si complimentavano per il lavoro svolto in tempi assai celeri, data l’emergenza. L’8 marzo abbiamo, per ovvie ragioni, forzato la mano e inviato a tutti una email con le istruzioni base per il collegamento. Abbiamo costituito un team di supporto e nel giro di una settimana tutti i dipendenti erano connessi e attrezzati per svolgere le proprie attività.
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In modalità smart working, come si costruisce l’interlocuzione con i cittadini?
È questo il nostro obiettivo nella seconda fase del progetto. Dobbiamo prevedere delle piattaforme attraverso le quali il cittadino possa anche virtualmente interloquire con l’amministrazione pubblica. Ciò che il cittadino poteva fare recandosi allo sportello dovrebbe poterlo fare in modalità virtuale. Stiamo già pensando a piattaforme in grado di garantire questo.. Una è già quasi operativa e permette di inoltrare richieste di autorizzazioni, permessi che riguardano le deleghe proprie di Città metropolitana di Roma Capitale: l’acqua, trasporti, cantieristica ecc… È forse la più grande sfida che dovremo affrontare. Non avere la possibilità di interagire con i cittadini con la stessa modalità con cui i dipendenti svolgono la propria attività professionale renderebbe inefficace tutto quello che finora abbiamo fatto. D’altra parte, la crisi che stiamo vivendo ci ha catapultato in un mondo nel quale l’utilizzo della tecnologia e la predisposizione di piattaforme avanzate si sono rivelati indispensabili. Tecnologie e piattaforme che dovrebbero essere utilizzate da tutti, soprattutto dai cittadini.
Il vostro lavoro è stato attenzionato da Agid e dal Ministero per l’Innovazione?
Noi siamo stati coinvolti nelle attività predisposte dal Ministero, abbiamo lavorato con i loro team di consulenti e il nostro progetto è stato promosso verso altri enti. In particolare per il nostro progetto di smart working sono stati organizzati incontri presso la nostra sede ai quali hanno partecipato diversi Comuni. L’obiettivo è stato quello di pianificare per tutti un percorso verso l’adozione di questa innovazione tecnologica, nel rispetto delle condizioni delle singole realtà amministrative. In questo senso abbiamo condiviso la nostra esperienza con altre città.
Qual è l’ordine di grandezza della spesa?
I costi per la nostra infrastruttura non sono stati elevati, si parla di qualche centinaio di migliaia di euro. Un investimento destinato a ridursi per la seconda fase, nella quale si dovranno far crescere le potenzialità dell’infrastruttura.
Lei ha guidato questo ambizioso programma. Andrà ben oltre l’emergenza nella PA?
Immagino che alla completa ripartenza il ricorso allo smart working continuerà. Anzi, io credo possa divenire una condizione che si consoliderà sempre più anche perché per qualche mese, causa il distanziamento sociale, l’utilizzo di spazi fisici sarà limitato. E allora potrebbero anche essere sperimentate forme di turn over differenziate tra coloro che lavoreranno in ufficio e coloro che lavoreranno da remoto. Penso che questa nuova organizzazione del lavoro del nostro ente, in una condizione non emergenziale, possa contemplare in modo definitivo lo smart working. Sono consapevole che alcune figure professionali richiedono prestazioni sul campo e, al netto di situazioni particolari per le quali la presenza in ufficio è fondamentale, si potrebbe prevedere una rotazione per un giorno alla settimana in ufficio. Credo che la Pubblica Amministrazione nella sua organizzazione potrebbe cambiare pelle anche perché la situazione di emergenza vissuta in questi mesi ha spinto anche le figure dirigenziali a cambiare posizione rispetto al lavoro agile. Questa esperienza deve costituire la base di un futuro modo di lavorare anche nella PA. Una modalità che possa contribuire a migliorare la qualità della vita degli stessi dipendenti, a ridurre il traffico urbano e quindi anche l’inquinamento, a qualificare sempre più il lavoro e le prestazioni professionali dei dipendenti pubblici. Siamo di fronte a una sfida, a una forte trasformazione, che richiedono prima della tecnologia un cambiamento culturale.
Città metropolitana di Roma Capitale è un’area di governo locale situata nella regione Lazio, in Italia. Creata nel 2015, dopo l’entrata in vigore della normativa 56/2014, l’organizzazione include l’intero territorio di quella che era in precedenza la provincia di Roma, comprendente la città di Roma e altri 121 comuni. Con oltre 4,5 milioni di abitanti, è la più grande area metropolitana italiana.
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Con le società R1 S.p.A., Eurome, Gway, Cyber-Bee, Trice ed R1 Lease, il Gruppo combina le soluzioni e i prodotti dei partner con il valore della progettazione ed il proprio know-how tecnico grazie ad attività di project management, moderne soluzioni di virtualizzazione, di networking, di gestione documentale, di digital marketing e sicurezza IT. Nel 2019 e nel 2018 R1 ha ottenuto da CRIBIS D&B il livello 1. La certificazione, riconosciuta a livello mondiale, attesta l’affidabilità economica e finanziaria di un’impresa misurando fattori come puntualità nei pagamenti, solidità patrimoniale, finanziaria e redditività economica.
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