Partiamo con la storia del Registro. Quali sono le sue origini e finalità e come si inserisce nell’organizzazione del CNR e quindi dell’Istituto di Informatica e di Telematica?
La storia del Registro inizia nella seconda metà degli anni ‘80 quando stava iniziando a diffondersi la rete Internet. All’epoca, a Pisa all’interno dell’istituto CNUCE (Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico), nato nel 1964 e assorbito nel 1974 dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), lavorava un gruppo di ricercatori che facevano la spola con gli Stati Uniti e studiavano tutte le tematiche relative a questa nuova rete allora confinata a un utilizzo prettamente accademico, avviando anche nel 1986 il primo collegamento alla rete Arpanet, da cui derivava appunto Internet. Proprio in quegli anni emerse l’esigenza di trovare un sistema che permettesse di tenere a mente facilmente gli indirizzi di rete, costruiti in forma numerica e composti da quattro gruppi di tre cifre da 0 a 255 (i cosiddetti indirizzi IP, Internet Protocol). La soluzione fu trovata nel DNS (Domain Name System) ossia quel sistema che ancora oggi associa a ogni indirizzo IP numerico un indirizzo composto da parole permettendone la cosiddetta ‘risoluzione’. La nascita del DNS richiese nel contempo la creazione di strutture capaci di gestire tale traduzione e relativamente al ccTLD .it – Country Code Top-Level Domain, con TLD che identifica l’ultima parte di un indirizzo Internet, in questo caso quello di un Paese, mentre quelli .com, .org, ecc. sono genericTLD – l’incarico venne dato proprio al CNUCE da parte dell’organizzazione internazionale che sovraintendeva (e sovraintende) a queste tematiche – IANA (Internet Assigned Numbers Authority), oggi dipartimento di ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers). Ecco che il primo nome a dominio italiano a essere registrato fu proprio cnuce.cnr.it. Nel corso del tempo il CNUCE è cambiato, dividendosi, ma la funzione è rimasta sempre interna al CNR, con parte del personale migrato nel 1998 nello IAT (Istituto per le Applicazioni Telematiche) poi diventato IIT (Istituto di Informatica e di Telematica) dopo essersi fuso con l’Istituto di Matematica Computazionale IMC del CNR.
Come funziona il Registro? Quali sono gli attori e i processi coinvolti, a livello di registrazione e successiva gestione, e quali sono le sfide tecnologiche poste dall’attività anagrafica e di database?
Dal punto di vista organizzativo il Registro .it (in inglese Registry) ha contratti con circa 1.300 Registrar (un tempo chiamati Mantainer, vedere box sotto) che nella sostanza sono i provider ai quali il cosiddetto Registrante si rivolge per registrare un nome a dominio. Per fare un paragone, è lo stesso modello applicato dalle case automobilistiche che producono i veicoli e ne affidano vendita alle concessionarie. Ecco che per svolgere il suo ruolo il Registro it. è organizzato in più parti. La prima è quella tecnica che ha di fatto sviluppato il database dei domini e che può essere consultato dall’esterno tramite la funzione whois attraverso la quale è possibile accedere a un elenco aggiornato di tutti i registranti un nome a dominio, nel nostro caso .it. Una seconda attività, più operativa, è quella di supporto all’utenza generica così come ai Registrar, verificando la congruenza dei dati presenti nel database che possono a volte risultare incompleti o inesatti. Una terza è quella dedicata agli aspetti legali, a partire da quelli contrattuali che regolano il rapporto tra noi e i Registrar fino a quelli relativi alle opposizioni. Queste ultime avvengono quando un primo soggetto ritiene di avere diritto al nome che è stato registrato da un secondo soggetto. Una richiesta che può essere portata anche davanti a un tribunale, ma che in molti i casi passa prima per un conciliatore che la esamina e prova a dare una risposta che metta d’accordo le parti, stabilendo chi ne ha diritto o meno. Il Registro, inoltre, si occupa di una serie di questioni internazionali in ambito normativo così come strategico e politico, relazionandosi ad esempio con l’ICANN che, con sede in California, sovraintende alla gestione di Internet nel mondo. A livello europeo esiste invece l’organizzazione CENTR (Council of European National Top-Level Domain Registries) alla quale aderiscono i registri nazionali per lo scambio di informazioni e lo studio dell’andamento del mercato dei nomi a dominio. E ancora, il Registro si occupa di attività di comunicazione sia verso le imprese che per la diffusione della cultura della rete in generale, presso imprese e scuole. Infine amministra i proventi che derivano dalle registrazioni e dai rinnovi tramite i Registrar.
In termini di risorse umane e tecnologiche, quali sono quindi quelle messe in campo per l’operatività del Registro .it, e i progetti che avete realizzato anche internamente, a supporto di tutto questo?
Per svolgere l’attività il Registro impiega il tempo equivalente di 70 persone, quindi è una struttura equiparabile a una media impresa, con dimensioni allineate a quelle degli altri Registri. Il fatto, inoltre, di essere inseriti in un ambiente di ricerca come quello del CNR, offre la possibilità di impegnarsi su progetti formativi e tecnologici altrimenti più difficili da portare avanti. Ad esempio per evidenziare automaticamente la congruenza o meno dei dati all’interno del database è stato avviato un progetto interno per sfruttare tecniche di intelligenza artificiale anziché decidere di fare affidamento a soluzioni esterne in vendita sul mercato. Inoltre, attraverso parte dei proventi derivanti dall’attività di Registro, finanziamo alcune attività ricerca di base all’interno dell’Istituto anche in relazione a progetti europei. Fronte tecnologia abbiamo infine una sala macchine dedicata al Registro con numerosi server destinati alla risoluzione degli indirizzi IP e replicati per sicurezza anche in altri Paesi e continenti.
Ad oggi quali sono i numeri dei domini italiani? Qual è stato il tasso di crescita negli anni anche in relazione alla tipologia di soggetti che ne hanno fatto richiesta?
Attualmente il .it ha oltre 3,2 milioni di nomi a dominio registrati con una crescita annua di circa il 2,4% laddove quelli di altri Paesi sono in calo, ossia il numero delle cancellazioni supera quelle delle nuove registrazioni. Il fatto che l’Italia abbia ancora un saldo in positivo può essere dovuto a diversi fattori, in primis il fatto che il nostro mercato non è ancora saturo per via dell’enorme numero di partite IVA, circa 10 milioni, molte delle quali non hanno ancora un proprio nome a dominio. Il tutto in uno scenario di mercato locale ripartito più o meno al 50% tra .it e .com, con le restanti briciole in mano agli altri TLD. Inoltre, i costi di registrazione del .it sono inferiori ai 4 euro e il mantenimento è pari a 4 euro, laddove la media europea è di circa 12 euro. Il numero così basso di domini nazionali registrati, rispetto ad esempio alla Germania dove i .de sono circa 16 milioni, rappresenta è però un segno della necessità di sviluppare ancora la cultura digitale nel nostro Paese. Se infine passiamo ai Registranti, in Italia i principali sono persone fisiche e aziende, mentre liberi professionisti, enti pubblici e associazioni no profit rappresentano una quota molto inferiore.
Il 28 settembre 2009 è una data da considerarsi storica per l’Internet italiana. Quel giorno, infatti, fu introdotto il sistema di registrazione sincrono dei nomi a dominio con ccTLD it. Fino ad allora, di fatto, chi voleva registrare un suo dominio doveva inviare via fax al Registro la cosiddetta LAR, ossia la Lettera di Assunzione di Responsabilità completa di dati anagrafici e del nome del Mantainer (che oggi è il Registrar al quale il Registrante si rivolge) prescelto. Innescando un percorso che portava poi all’assegnazione del nome a dominio indicato nella richiesta. Con il metodo sincrono tutto avviene invece tra Registrar e Registro: il Registrante ha contatti solo con il Registrar tramite procedure telematiche, abbattendo di fatto i tempi.
Il coordinamento nella progettazione e nello sviluppo di sistemi di registrazione di nomi a dominio e di strumenti tecnologicamente innovativi che siano di ausilio alla gestione del Registro .it è affidato all’Unità Sistemi e Sviluppo Tecnologico dell’Istituto di Informatica e Telematica del CNR. Questi, si legge sul sito del CNR, si occupa anche di altre attività quali: la loro effettiva implementazione e realizzazione; la progettazione, la gestione, lo sviluppo e il monitoraggio della rete del Registro e dei suoi apparati, della server farm del Registro e delle apparecchiature client del personale del Registro, dei servizi erogati ai Registrar (DNS, Whois, sistema di registrazione dei nomi a dominio, server EPP, Web, posta elettronica, liste di distribuzione, centralino telefonico, ecc.); l’erogazione di un servizio di helpdesk tecnico ai Registrar e all’utenza Internet in generale. L’unità svolge, inoltre, attività di formazione tecnica al personale del Registro e ai Registrar e cura le relazioni con le organizzazioni internazionali, anche partecipando a convegni e gruppi tecnici di lavoro.
Lo scorso 3 febbraio è stata inaugurata a Pisa la sede del Registro .it, un progetto da 5 milioni di euro totalmente autofinanziato e che ha nella sostenibilità la sua caratteristica principale. “Il Registro ‘abita’ da sempre all’interno dell’Area della Ricerca, che è una sorta di cittadella con tredici istituti, circa 1.600 persone, e una unità sanitaria di cardiologia in convenzione con il SSN. Ecco che negli anni sia l’Istituto dove ‘viviamo’ che lo stesso Registro si sono espansi rispetto agli spazi assegnati per cui è nata l’esigenza di crearne di nuovi da destinare, in questo caso, direttamente al Registro per identificarne meglio il gruppo e dargli finalmente un’identità”, spiega l’Ing. Anna Vaccarelli Responsabile Relazioni Esterne, Media, Comunicazione e Marketing del Registro .it. “Di fatto è stata sfruttata la possibilità di sopraelevazione già prevista dell’area destinata alla ricerca realizzata alla fine degli anni ‘90, completando quindi il secondo piano per un progetto che mette al centro la persona e la sostenibilità”.
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La tecnica costruttiva in legno adottata, chiamata X-Lam, ha previsto l’uso di una particolare tipologia di abete rosso, mentre le stratigrafie delle pareti e della copertura sono state realizzate esclusivamente con materiale isolante in fibra di legno, e materia prima per il 96% di legname riciclato. A questo si sono affiancate alcune scelte che hanno puntato all’introduzione di sistemi domotici, per l’efficienza energetica comprensiva dell’utilizzo di fonti solari fotovoltaiche installate in copertura, e termiche, puntando a obiettivi di benessere termo-igrometrico. “L’edificio, allineato ai principi ARCA in tema di durabilità e sicurezza in caso di avvenimenti come terremoti e incendi, è classificato come ‘a energia quasi zero’ essendo vicino all’autosufficienza su tale fronte”, commenta Vaccarelli. Lato climatizzazione si parla di un impianto a ‘tutt’aria’ composto da tre centrali il cui posizionamento è stato studiato per ridurre al minimo il trasporto del fluido termovettore, e di una strategia che prevede il free cooling invernale. Inoltre sono stati installati un recuperatore di calore ad alta efficienza e ventilatori ad elevata efficienza a controllo elettronico.
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Tutto questo per contenere al massimo i consumi energetici. “Viene anche usato un sofisticato apparato di monitoraggio della CO2, che permette di valutare e quindi erogare la quantità d’aria da immettere in un locale rilevando tramite sensori la quantità di CO2 (per esempio se c’è una riunione ci sono più persone e la CO2 è maggiore) elevandone il benessere. L’illuminazione dei locali è poi ottimizzata grazie a un sistema di controllo delle fonti, naturali così come artificiali, e alla regolazione degli oscuranti modulari che si orientano automaticamente nel corso della giornata”, aggiunge Vaccarelli sottolineando inoltre come la ‘casa del Registro .it sia organizzata per uffici singoli, multipli, e sale riunione multimediali e riconfigurabili, con la particolarità di avere le pareti realizzate in vetro satinato per sfruttare la luce degli ambienti per illuminare anche i corridoi sui quali i locali si affacciano. Il tutto per una superficie calpestabile che, raccontano le stime fornite dal Registro, risulta superiore del 6% rispetto a una realizzazione con un sistema costruttivo tradizionale. Sistema, di tipo prefabbricato, per il quale i lavoratori coinvolti nella costruzione sono stati infine preparati tramite applicazioni di realtà aumentata e virtuale.
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