Paolo Zangrillo è un manager di profonda esperienza nella gestione delle risorse umane e nell’organizzazione del lavoro vissuta all’interno di realtà del calibro di Marelli, Iveco e Acea. Da ottobre 2022 è Ministro della Funzione Pubblica. In questa intervista con Innovazione.PA fa il punto su quanto è stato fatto e quanto occorre ancora fare per dare al Paese una Pubblica Amministrazione adeguata alle sfide del presente.
Un mix di azioni che prevedono visione, concretezza e investimenti ma anche il confronto con e tra le amministrazioni pubbliche affrontando punti chiave come lo svecchiamento, la formazione continua, la semplificazione e l’evoluzione dei servizi resi.
Ministro nei mesi scorsi sono stati emanati decreti riguardanti il potenziamento del personale in diverse amministrazioni pubbliche, può descriverci il senso delle misure emanate a maggio e giugno?
Negli anni scorsi la Pubblica amministrazione ha attraversato un periodo molto complicato. Mi riferisco al blocco del turn over che, tra il 2010 e il 2020, ha innalzato l’età media dei dipendenti da 44 anni a quasi 50, riducendo di quasi trecentomila unità l’organico. Un impoverimento qualitativo e quantitativo. Questi dati appaiono ancor più significativi se messi a confronto con quelli degli altri Paesi. Il rapporto tra numero di residenti e lavoratori pubblici registra in Italia il dato più basso, il 5,6% contro l’8,4% della Francia, il 7,8% dell’Inghilterra e il 6,8% della Spagna. Siamo il fanalino di coda in Europa. Appare dunque chiaro, in questo scenario, che la necessità di colmare le carenze d’organico di cui soffrono molte organizzazioni pubbliche, soprattutto quelle di dimensioni minori, è una delle priorità con cui il Governo sta facendo i conti per ristabilire un equilibrio capace di garantire al servizio pubblico nuove energie. Partire dalle persone è il primo passo che ogni organizzazione, sia pubblica che privata, deve compiere per realizzare qualsiasi obiettivo. Il cosiddetto decreto PA, approvato in via definitiva a giugno scorso, e il decreto PA bis, ora all’esame del parlamento, vanno proprio nella direzione di rafforzare la capacità amministrativa e alleggerire la pressione sul personale già in servizio. Senza le persone, d’altro canto, nessun intervento può definirsi compiuto completamente. Voglio ricordare, in proposito, che queste misure si aggiungono a quelle dell’anno scorso, che hanno immesso 157 mila unità, e a quelle di quest’anno, che ne aggiungono altre 170 mila circa. Un numero, quest’ultimo, che verrà replicato anche nel 2024.
Le chiedo una valutazione sull’intensa attività di rinnovo dei contratti collettivi di lavoro nel settore pubblico che la vedono coinvolta, da ultimo in settori cruciali come scuola e sanità, come procede questo percorso? Quali sono i nodi da sciogliere?
Il lavoro cominciato nell’autunno scorso, con la firma sui contratti di 2,2 milioni di dipendenti, prosegue con impegno e determinazione. A metà luglio abbiamo chiuso la lunga trattativa per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), relativo al periodo 2019-2021, per il comparto dell’istruzione e della ricerca. L’attenzione per il lavoro pubblico è centrale nell’agenda di Governo. Il nostro obiettivo è quello di migliorare le condizioni lavorative di settori così importanti per la crescita del Paese. La firma del contratto scuola, che ha concluso il percorso avviato con l’accordo economico dello scorso dicembre, interessa oltre 1,2 milioni di dipendenti e prevede aumenti mensili tra i 124 euro, per i docenti, e i 190 euro per i direttori dei servizi generali e amministrativi. In più, abbiamo introdotto e regolamentato il lavoro agile anche per questo comparto. Al momento, il massimo sforzo è diretto a chiudere il contratto dei medici, tornata 2019-2021. Sono consapevole del ritardo, ma stiamo lavorando senza sosta per raggiungere i traguardi attesi e sono certo che una nuova stagione di confronto partirà presto e bene. Un’altra sfida importante che ci attende è proprio quella di creare le condizioni per avviare il percorso per i rinnovi dei contratti 2022-2024. Le interlocuzioni con il ministro Giorgetti sono costanti: dobbiamo comprendere il perimetro finanziario entro il quale potremo muoverci. La volontà di fare accadere le cose muove la mia azione ogni giorno, ma non posso ignorare che per chiudere l’ultima tornata contrattuale ci sono volute ben quattro leggi di bilancio. Purtroppo, nel 2023 non c’erano risorse. Sostenere imprese e famiglie in difficoltà a causa del caro energia e dell’aumento dell’inflazione era la priorità. In questo momento, però, la buona notizia ci arriva dai principali indicatori economici che confermano che il nostro Paese sta procedendo bene, anche se non possiamo abbassare la guardia. Serve ancora responsabilità, ma non smetterò di sostenere con forza l’importanza di affrontare il tema retributivo, che considero molto importante, oltre che elemento motivante per i lavoratori. Pur con la necessaria prudenza, guardo al futuro con fiducia.
Più in generale come procede la sua attività e quella del governo in materia di sviluppo della macchina pubblica? Cosa pensa di aver realizzato e dove intende portare la PA?
Siamo al governo da pochi mesi, ma la strada intrapresa sin dall’inizio è quella giusta. Un Paese moderno si riflette in una macchina pubblica innovativa, efficiente ed efficace, capace di dare risposte immediate e funzionali ai suoi utenti. Stiamo lavorando in questo senso per creare sinergie tra tutte le amministrazioni. Da gennaio scorso, per prima cosa, ho dato il via a “Facciamo semplice l’Italia. PArola ai territori”, un percorso lungo le regioni italiane proprio per ascoltare e creare un confronto con le realtà locali che ci permetta di capire, insieme, i punti di forza e le debolezze delle nostre organizzazioni. Stiamo procedendo affinché la burocrazia non venga vista da cittadini e imprese come un ostacolo, bensì come una opportunità. Puntiamo su semplificazione e digitalizzazione per realizzare i cambiamenti di cui tutti abbiamo bisogno. Il pacchetto di misure varato a maggio dal Consiglio dei ministri in materia di turismo, disabilità, farmaceutica e sanitaria, prevenzione incendio e dispositivi di sicurezza antincendio, ne è una ulteriore dimostrazione perché prosegue il lavoro cominciato con il decreto legge PNRR che aveva già semplificato oltre settanta procedure. E poi i già citati decreti cosiddetti PA e PA bis, che introducono una serie di interventi volti a rendere le nostre organizzazioni sempre più attrattive. Penso, ad esempio, alle nuove regole sui concorsi pubblici e alle nuove misure per inserire i giovani nella Pubblica amministrazione. È nostro dovere guardare avanti per pianificare strategie di lunga durata che garantiscano un miglioramento generale, sia degli apparati centrali, sia delle specifiche realtà territoriali. Ho intenzione di trasformare l’idea di una Pubblica amministrazione stanca e ripiegata su sé stessa. Lo devo al Paese e a tutti quei dipendenti che ogni giorno svolgono il proprio lavoro con passione, dedizione e spirito di servizio. E sono la stragrande maggioranza, lo garantisco! So bene che i passi da compiere sono ancora molti, in fin dei conti si tratta di una sfida molto ambiziosa che riguarda una organizzazione complessa come quella dello Stato, però ce la stiamo mettendo tutta e ce la faremo.
Lei ha una lunga esperienza manageriale proprio nella gestione delle HR in imprese di grandi dimensioni, che punti di contatto esistono con il mondo del lavoro pubblico? Esiste un tema di svecchiamento anche nelle imprese?
Credo fermamente che la dicotomia pubblico-privato sia ingannevole. Tutte le nostre organizzazioni, sia quelle del settore pubblico che quelle del settore privato, sono fatte di persone. È da loro che bisogna cominciare, sempre, per portare avanti qualunque risultato. La sinergia e la collaborazione tra i nostri settori, che, ribadisco, sono solo appartenente diversi, va costruita ogni giorno. Penso che una sana contaminazione di idee e di esperienze, una maggiore condivisione di nuovi modelli di organizzazione del lavoro, di progetti e di iniziative, possano spianare la strada alla realizzazione di ambienti di lavoro innovativi, in cui tutti i dipendenti possano sentirsi orgogliosi, soddisfatti e motivati. E poi la formazione. Non esiste miglioramento senza formazione. Possiamo e dobbiamo progredire insieme con puntualità. Il presente e il futuro si delineano forieri di grandi e repentini cambiamenti. Solo attraverso un aggiornamento costante possiamo destreggiarci con sicurezza in scenari in continua evoluzione. A questo scopo, abbiamo aggiornato Syllabus, la piattaforma indirizzata ai dipendenti pubblici che, attraverso percorsi personalizzati, permette al personale di frequentare corsi mirati allo sviluppo delle proprie abilità. Questo, oltre a darci la spinta per progredire singolarmente, ci consentirà di sentirci parte integrante di una squadra con cui condividere valori e obiettivi. Ognuno di noi, nel suo piccolo, contribuisce al bene comune. Quando avremo ben chiaro che la strada dell’autoreferenzialità non porta in alcun luogo, allora saremo a buon punto. Dobbiamo cominciare abbattendo le barriere culturali interne alle nostre organizzazioni, trasformando la paura dell’ignoto in opportunità di crescita. È un processo lungo, ma sono fiducioso.
La trasformazione digitale del Paese passa necessariamente per la PA e i suoi servizi? Come la stiamo affrontando?
Siamo nel bel mezzo di una vera e propria “rivoluzione copernicana” che scatena forti ripercussioni sui tessuti sociali ed economici di tutto il mondo. Queste profonde trasformazioni ci costringono ad affrontare sfide decisive e non più rinviabili. Siamo chiamati ad operare su più fronti contemporaneamente, se vogliamo gettare le fondamenta di un sistema Paese al passo con i tempi e pronto ad accogliere le prove che abbiamo di fronte. Tutti abbiamo potuto verificare personalmente, durante il drammatico biennio della pandemia, le accelerazioni vertiginose dovute alla necessaria diffusione di nuovi strumenti tecnologici, che consentissero al nostro Paese di garantire servizi a cittadini e imprese. L’utilizzo di queste nuove tecnologie ha mostrato, da un lato, le opportunità offerte dalla ineludibile trasformazione, ma, dall’altro, anche tutti i limiti. La Pubblica amministrazione, dal canto suo, si è dimostrata all’altezza di quel difficilissimo compito, mantenendo un certo grado di efficienza nell’erogazione dei servizi. È imprescindibile, ora, continuare su quella strada per realizzare servizi sempre più idonei a migliorare la vita delle nostre comunità. Non possiamo tornare indietro! Lavoriamo per una Pubblica amministrazione digitale, fornendo agli uffici le infrastrutture necessarie a sostenere i nuovi ritmi e le nuove tipologie di lavoro, ma allo stesso tempo ci stiamo preoccupando di trasmettere ai nostri 3,2 milioni di dipendenti la fiducia in questa nuova cultura digitale che ormai fa parte della nostra realtà quotidiana.
Ritiene che in tema di innovazione digitale la PA sia destinata al ruolo di follower o esistono ambiti in cui può avere un ruolo di spinta verso il cambiamento?
La Pubblica amministrazione può, e deve, essere la protagonista dell’innovazione. Ripensarla è un passo obbligato. Innovare, d’altro canto, significa creare un cambiamento in un sistema già in essere, ma aperto alle novità offerte dal progresso, dall’informatizzazione e dallo sviluppo delle tecnologie digitali. Lo scopo è quello di produrre, in modo sostenibile, nuovi servizi, e di riprogettare i processi organizzativi all’interno di ciascuna realtà. In questo delicato percorso, la Pubblica amministrazione va accompagnata, come vanno accompagnate le persone che di quel processo sono le dirette interessate. Stiamo realizzando nuove piattaforme, e aggiornando quelle già in uso, per garantire l’accesso a un numero sempre maggiore di utenti. Tra i vari traguardi già tagliati, voglio ricordare l’Anagrafe nazionale della popolazione residente, che ha permesso di trasformare l’Italia in un unico Comune di 60 milioni di abitanti. E, ancora, l’Anagrafe digitale della Pubblica amministrazione, in via di definizione, che consentirà di censire digitalmente i componenti della Pubblica amministrazione e porterà alla creazione del fascicolo digitale del dipendente. Il nostro impegno è indirizzato anche a individuare e migliorare i profili formativi e le competenze delle persone che lavorano, o che lavoreranno, all’interno dell’amministrazione. Ripeto, stiamo procedendo in modo spedito e con obiettivi chiari, per dotare le nostre organizzazioni degli strumenti necessari a realizzare una Pubblica amministrazione sempre più al passo con i tempi, capace di gettare le basi che permetteranno al nostro Paese di riconfermare la propria forza in Europa e nel mondo.
È nota la sua attenzione a temi come la formazione del personale pubblico e all’attrazione di nuovi talenti nella PA, cosa occorre fare e come si può lavorare su questo aspetto anche sul territorio?
Occorre creare una Pubblica amministrazione in cui le persone si sentono motivate, valorizzate e orgogliose. Oggi l’idea del posto fisso non basta più per attrarre, ma soprattutto per trattenere, i giovani che entrano a far parte dei nostri uffici. La formazione, la crescita professionale e personale di ciascun dipendente, il riconoscimento del merito sono elementi fondamentali per ritrovare il senso di appartenenza e la soddisfazione nel compiere il delicato compito cui ognuno di noi è chiamato. Siamo intervenuti anche in questa direzione, realizzando, in completa sinergia con la SNA (Scuola Nazionale dell’Amministrazione) percorsi di formazione mirati per i futuri dirigenti. Vogliamo che assumano connotati manageriali a 360 gradi, che sappiano coniugare le conoscenze tradizionali a quelle competenze trasversali legate al “saper fare”. Non soltanto esperti della materia e dei processi, quindi, ma soprattutto bravi nella gestione del capitale umano, capaci di agire con tempestività, generando ottimismo e favorendo lo spirito di squadra. Con lo stesso obiettivo, ci stiamo anche muovendo per incrementare la collaborazione con le Università, in modo da creare dei veri e propri “ecosistemi territoriali”, affinché all’interno delle offerte formative vengano realizzati percorsi mirati a formare in modo specifico i dirigenti di domani. Ma le iniziative intraprese non finiscono qui: abbiamo rivisto le modalità di accesso nella pubblica amministrazione. I concorsi dovranno esaurirsi in soli sei mesi dando la possibilità alle singole amministrazioni di scegliere se svolgere, o meno, la prova orale. Inoltre, sono state introdotte altre novità nel percorso di selezione, sviluppando un processo di reclutamento nuovo e totalmente digitale. Attraverso il Portale inPA, infatti, con pochi click è possibile caricare tutti i dati, scegliere i concorsi a cui si è interessati e iscriversi in modo veloce ed intuitivo. Stiamo inoltre lavorando a una apposita App del portale capace di rendere ancora più semplice la consultazione dei bandi e l’iscrizione ai concorsi.
Crede che esista lo spazio per un uso ‘maturo’ del lavoro agile nella PA? Cosa occorre definire più urgentemente, processi e piattaforme adatte o una logica di lavoro per obiettivi?
Ho sempre sostenuto che il lavoro agile sia uno strumento utile anche per il settore pubblico. Una modalità diffusa oramai in tutto il mondo che, però, modifica il rapporto tra il datore di lavoro e i suoi dipendenti. Ci sono tutte le condizioni affinché diventi una realtà per tutte le nostre organizzazioni, ma dovremo saper diffondere e condividere una cultura basata sulla fiducia, sulla determinazione di obiettivi e sulla capacità di misurarli. A me non interessa in quale luogo viene erogata la prestazione. Ciò che non deve mancare, però, è il raggiungimento dell’obiettivo. Il servizio deve essere garantito. Su questo non c’è alcun dubbio.
Il PNRR ha messo a disposizione delle risorse significative per la riforma della pubblica amministrazione, come stiamo sfruttando queste opportunità? Crede che tra gli ambiti da rivedere ci sia anche questo?
Il PNRR è uno strumento importantissimo per il nostro Paese, non possiamo permetterci di fallire, perché mette a disposizione risorse mai viste prima. Un “treno ad alta velocità” – come l’ho più volte definito – che deve necessariamente passare attraverso un processo di trasformazione della pubblica amministrazione, sia a livello centrale che territoriale. Tanto per citare alcuni dati: degli 1,8 miliardi di euro previsti dal Dispositivo di Ripresa e Resilienza per la modernizzazione della PA, oltre 1,26 miliardi (il 70% del totale) sono rivolti al PNRR italiano. La transizione digitale è uno dei sei pilastri per le strategie di rilancio delle economie europee e il nostro PNRR destina circa il 27% a investimenti in tecnologie, infrastrutture e processi digitali finalizzati a promuovere la competitività del sistema paese. Tra queste risorse, circa 6,14 miliardi di euro sono destinati in maniera specifica a interventi volti a trasformare la pubblica amministrazione in chiave digitale. La semplificazione, ad esempio, è una milestone del Piano che riguarda 600 procedure da semplificare entro il 2026. Settanta sono già state semplificate in questi primi mesi del 2023. È mia intenzione anticipare a quest’anno l’obiettivo di arrivare a 200 entro il 2024.
Come sostenere la capacità progettuale proprio delle amministrazioni che dispongono di minori competenze?
Circa 40 degli oltre 191 miliardi messi a disposizione dal PNRR sono destinati a progetti che sono, e saranno, attuati dai Comuni. Stiamo quindi lavorando con grande intensità per rinforzare le strutture di queste amministrazioni, che sono una infrastruttura nodale del Paese. Dal sostegno alle assunzioni nei Comuni fino a 5 mila abitanti, per i quali è previsto anche un contributo per sostenere la spesa dei segretari comunali, fondamentali per il loro funzionamento, alla possibilità di stabilizzare i dipendenti a tempo determinato che abbiamo maturato almeno 36 mesi di servizio. Le stesse procedure concorsuali, più veloci e totalmente digitali, sono state riviste proprio per favorire l’inserimento di nuove competenze. Il lavoro da fare è ancora tanto, ma sono convinto che la strada intrapresa sia quella giusta.
Il PNRR è uno strumento importantissimo per il nostro Paese. Non possiamo permetterci di fallire, perché mette a disposizione risorse mai viste prima.
È sempre dalle persone che bisogna cominciare,
per portare avanti qualunque risultato. Penso che una sana contaminazione di idee e di esperienze, una maggiore condivisione di nuovi modelli di organizzazione del lavoro, di progetti e di iniziative, possano spianare la strada alla realizzazione di ambienti di lavoro innovativi, in cui tutti i dipendenti possano sentirsi orgogliosi, soddisfatti e motivati.
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