La decarbonizzazione della Pa italiana procede, ma a rilento. Il Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) prevede, infatti, l’efficientamento del 3% degli immobili ogni anno dal 2025 al 2030: un obiettivo ben 9 volte superiore alla superficie riqualificata fra il 2014 e il 2022. Tra le principali cause di questo procedere a rilento due sono particolarmente evidenti: la mancanza di programmazione e la carenza di competenze (basti pensare che il 71,6% delle posizioni tecniche è rimasto vacante) da cui deriva una difficoltà cronica a spendere le risorse disponibili. Il partenariato pubblico privato può colmare il gap di risorse e competenze e accelerare il processo, ma in Italia è ancora poco utilizzato: solo 4,5 miliardi spesi tra il 1990 e il 2021. Questi sono alcuni dati che emergono dall’analisi condotta dalla Community Smart Building di The European House – Ambrosetti (TEHA), primo Think Tank privato e indipendente in Italia: un’analisi che ha coinvolto operatori della filiera, istituzioni e Pa per indagare opportunità e sfide della transizione smart per i Comuni italiani. Una community che mira ad evolvere da “think tank” ad “act tank”, supportando i policy maker, specialmente nella stesura del nuovo “Piano Nazionale per la riqualificazione energetica degli edifici”.
Il settore edilizio in Italia è responsabile del 42% dei consumi energetici e del 18% delle emissioni di gas serra, rileva il report, cui si aggiunge una spesa media di 50 miliardi di euro l’anno per i consumi termici ed elettrici negli edifici. Proprio per questo urge un’accelerazione sul fronte della decarbonizzazione e, in questo senso, la Pa può contribuire in maniera decisiva, considerando che il 56% degli edifici pubblici in Italia si trova nelle tre classi energetiche peggiori (E, F, G), con un quarto (24%) concentrato nella sola classe G, mentre gli edifici con classi energetiche buone (A4, A3, e A2) rappresentano appena il 4% del totale.
E il lavoro da fare è molto, considerando che negli ultimi anni si è verificata una contrazione del tasso medio di riqualificazione degli edifici pubblici: un fenomeno che ha evidenziato ulteriormente le criticità che ostacolano il processo di decarbonizzazione, tra cui la mancanza di programmazione, la carenza di competenze tecniche e le conseguenti difficoltà nell’utilizzo delle risorse disponibili (solo tra il 4% e il 50% delle risorse stanziate sono state effettivamente spese nel periodo 2019-2022). La Pa si è data comunque obiettivi ambiziosi: l’Agenzia del Demanio ha stanziato 2,1 miliardi di euro per riqualificare 5 milioni di metri quadri di superficie entro il 2026 e, attraverso il PREPA (Programma di Riqualificazione Energetica degli edifici della PA), è stato pianificato di efficientare il 18% degli edifici pubblici fra il 2025 e il 2030, con un tasso di efficientamento del 3% annuo e una riduzione annuale dei consumi energetici pari all’1,9%. Ma anche su questi obiettivi la Pa italiana appare in ritardo: gli operatori del settore e i rappresentanti degli enti locali, coinvolti in un sondaggio condotto dalla Community Smart Building, sono, infatti, poco ottimisti. Per il 94% degli intervistati, il tasso di riconversione aumenterà ma resterà lontano dal target fissato dal PREPA. La categoria più critica è rappresentata da scuole e università (82% del campione), che effettivamente rappresentano il 38% del parco immobiliare della Pa. Quasi la metà (47%) ritiene prioritario intervenire sull’edilizia pubblica residenziale, mentre il 41% indica gli ospedali e il 12% gli uffici pubblici.
I problemi da risolvere per la decarbonizzazione della Pa, dunque, sono tanti, e il sondaggio di TEHA li mette nero su bianco, evidenziando come le problematiche più sentite dagli addetti ai lavori siano i ritardi burocratici e l’eccessivo numero di enti coinvolti (indicati dal 68% del campione) e la mancanza di fondi (53%). Seguono la carenza di competenze tecniche all’interno della Pa (42%), l’adozione del criterio del massimo ribasso come principale metodo di selezione nelle gare d’appalto (32%), e criticità nella fase di diagnosi e monitoraggio dei risultati degli interventi (26%).
Un ulteriore e interessante elemento critico emerso dal sondaggio è l’importanza di considerare ognuna delle parti di cui si compongono gli edifici pubblici al momento di definire gli interventi di efficientamento, considerando anche i flussi di persone come una delle dimensioni da esaminare: porte, tornelli e ascensori sono, infatti, anch’essi elementi che possono essere integrati e connessi e contribuire all’efficienza energetica del complesso. Un buon esempio in tal senso sono le soluzioni che consentono di trasformare l’energia in eccesso generata da un ascensore in fase di frenatura in elettricità che può essere riutilizzata altrove nell’edificio, ad esempio per l’illuminazione delle aree comuni o il condizionamento.
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