Eventi estremi, ecco l’indice che regala oggettività a tutta Europa

Si chiama European Extreme Events Climate Index (E3CI) e arriva dall’Italia
13 Gennaio 2025 |
Marta Abbà

“Non ci sono più le mezze stagioni”: una presa d’atto passiva, che libera da chiunque da qualsiasi responsabilità. “Ciò che non si può misurare non si può migliorare”: una sentenza calata dall’alto, che lascia spazio all’immobilismo. Di crisi climatica e di eventi estremi in Italia si parla molto, ma non altrettanto si fa, soprattutto nel lungo termine. Siamo un Paese dalle invidiabili performance, quando si tratta di interventi di emergenza, sul recupero all’ultimo minuto pochi ci battono, ma restiamo ancora miopi e sprovveduti su molti contesti che richiedono continuità e costanza, gestione degli eventi estremi compresa.

Serve un cambio di mindset, ma anche uno strumento che supporti nel concreto chi questo cambiamento lo ha già compiuto e ha bisogno di riferimenti scientifici affidabili e inattaccabili per tradurre la propria evoluzione di pensiero in azione. Per gli eventi estremi, uno strumento come questo ora c’è, è made in Italy, di valenza internazionale e liberamente utilizzabile. È l’European Extreme Events Climate Index (E3CI) l’indice europeo degli eventi climatici estremi.

I progetti E3CI

Pur chiamandosi indice, non è un solo numero, e nemmeno solo tanti numeri, ma un vero e proprio progetto finanziato da IFAB (International Foundation Big Data and Artificial Intelligence for Human Development), implementato da CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) e Leithà Gruppo Unipol e distribuito da Hypermeteo e Radarmeteo. L’idea di partenza è stata quella di creare uno strumento per analizzare, quantificare e monitorare nel tempo la frequenza e la severità degli eventi meteorologici estremi.  Per confermare che non ci sono più le mezze stagioni? Anche, ma soprattutto per offrire a istituzioni e privati maggiore consapevolezza e nuove opportunità per gestire, al meglio, gli impatti di tali eventi. Consapevolezza, significa verificare che gli effetti della crisi climatica non siano solo un’impressione, un pensiero indotto dai media o dalla paura. Nuove opportunità vuol dire avere una base scientifica per sviluppare (o chiedere di sviluppare) soluzioni adeguate, con in mano le prove di quanto siano necessarie. Un’arma potente per penetrare nelle coscienze anche dei più imperturbabili.

Gli eventi estremi d’Europa

Concentrandosi, per ora, su quelli di maggiore interesse europeo, E3CI si occupa di eventi estremi. Ci suoneranno quasi tutti familiari: seppur non particolarmente esteso, il nostro Paese ha la sfortuna di poterli sperimentare di persona quasi tutti, grazie a una conformazione peculiare che gli regala gioie e dolori.

Passiamoli in rassegna uno per uno, per meglio circostanziarne le caratteristiche. Partiamo dalle ondate, che possono essere di calore o di freddo. Le prime sono definite come periodi prolungati in cui permangono temperature massime o minime molto al di sopra rispetto alle medie stagionali. Questo caldo continuo e anomalo spesso causa fenomeni come lo stress termico e la disidratazione, con conseguenti problemi di salute ma anche con l’aumento del rischio di incendi boschivi e di danni alle coltivazioni. Da un estremo all’altro, quando per lunghi periodi il termometro segna temperature eccezionalmente basse rispetto alle medie stagionali, si parla di ondate di freddo. Gelo e neve o meno, se prolungato, un freddo fuori stagione può causare congelamenti, danni a infrastrutture e coltivazioni e rischi per la sicurezza sia stradale che aerea. Non è necessario che le temperature siano estreme in assoluto: si considera evento estremo ogni periodo di tempo in cui i valori registrati risultano molto al di sotto delle medie stagionali. In piena estate, per avere un’ondata di freddo, non si deve scendere sotto lo zero: in molte zone d’Italia, anche una settimana attorno ai 10 gradi basta.

Al di là del freddo e del caldo, esistono anche altri eventi estremi, per esempio il vento. Quando supera un certo limite di velocità, anche questo fenomeno atmosferico è in grado di provocare danni strutturali, interruzioni alla fornitura di energia e la caduta di singoli alberi o di intere foreste. Anche la navigazione e i trasporti possono venirne turbati. Si parla invece più in generale di danni alle infrastrutture in caso di alluvioni. Questi eventi caratterizzati da un’elevata quantità di precipitazioni concentrata in un breve periodo di tempo, possono causare inondazioni, frane e anche allagamenti urbani. Similmente accade in caso di grandinate: quando invece che gocce, dal cielo cadono chicchi, essendo allo stato solido, essi riescono a provocare danni maggiori alle coltivazioni agricole, ai veicoli e agli edifici, mettendo anche a rischio la sicurezza delle persone, soprattutto se in spazi aperti.

Gli eccessi non sono quasi mai graditi, per lo meno nel mondo della meteorologia: anche la mancanza di acqua è da considerare un evento estremo. La carenza di risorse idriche crea problemi alle coltivazioni ma anche a chi semplicemente usa l’acqua per lavarsi. Non è una certezza il poterne usufruire, in periodi di siccità. A volte  anche gli incendi sono legati proprio a questo. Sono estremi quando si manifestano con esplosioni di fuoco incontrollate, spesso causate da condizioni di bassa umidità e forte vento, e che possono letteralmente devastare vaste aree boschive, habitat naturali e strutture abitative, mettendo in pericolo vite, sia umane che animali.

Quando si arriva agli estremi?

Pur conoscendoli tutti bene, il vederli elencati in fila, in sintesi, fa un certo effetto. Fa sentire fragili, ad alcuni, ma per altri è troppo, troppo di cui preoccuparsi: un’esagerazione che può spingere a far finta che non esistano, questi estremi. Che si tratti di eventi ciclici che oggi come in passato scandiscono le nostre stagioni. Per attribuirsi il diritto di decidere se si tratta o meno di fenomeni estremi, E3CI si rifà al passato, misurando quanto un singolare evento si discosta dalla climatologia, ovvero dal normale comportamento meteorologico. Ci si basa quindi su set di dati continui e quanto più possibile omogenei nello spazio e nel tempo, confrontando per esempio le temperature massime giornaliere di un potenziale evento estremo con lo storico delle temperature massime, giorno per giorno, registrate negli anni nello stesso periodo e nello stesso luogo. Questo approccio vale anche per tutti gli altri eventi estremi: “il processo di individuazione degli indicatori è concettualmente identico – spiega Guido Rianna, ricercatore della Fondazione CMCC Centro Euro Mediterraneo dei Cambiamenti Climatici – questa uniformità ci ha permesso di sviluppare anche un indice sintetico, calcolando la media dei valori di tutti i 7 indicatori per i singoli fenomeni. È un modo per valutare in modo sintetico quanto un determinato mese sia climaticamente estremo, a prescindere dalla tipologia di fenomeno verificato”.

ERA5, il riferimento oggettivo

Sembra facile, ragionevole e affidabile. Ragionevole e affidabile lo è, questo approccio, e facile anche, ma solo per chi usufruisce dei risultati. Per chi li deve ottenere, un po’ meno. Dietro a E3CI c’è un enorme lavoro di calcolo e anche tanta strategia, moltissima fisica e scienza in generale. E c’è ERA5, la quinta generazione di reanalisi atmosferica che, combinando i dati dei modelli con le osservazioni provenienti da tutto il mondo, fornisce un set di dati completo e coerente a livello globale. È il riferimento che rende possibile effettuare una comparazione, valutando nella maniera più precisa possibile se e quanto un evento è fuori dall’ordinario.

Fornito dal Servizio Copernicus Climate Change Service (C3S), questo strumento copre gli ultimi 8 decenni con una risoluzione spaziale di 0.25° (circa 31 km sull’Europa) e temporale di un’ora, e con un ritardo di solo 5 giorni. È in grado di offrire stime orarie per un gran numero di grandezze atmosferiche comprese di stime di incertezza e viene aggiornato quotidianamente. Pochi sanno che esistono e spesso in progetti come E3CI tutto questo resta dietro le quinte. Ma Rianna ne parla subito, ponendo un forte accento all’importanza del suo ruolo all’interno dell’indice realizzato, un indice europeo, come dice il nome, ma già pronto per essere esteso in ogni parte del mondo. Perché ERA5 ragiona su scala globale.

L’oggettività come punto di partenza

Guardarsi alle spalle non è sempre consigliato, ma in questo caso risulta la scelta più saggia per non restare in balia di giudizi soggettivi, nostri o altrui. È scienza e servono numeri e criteri condivisi per raggiungere risultati concreti e impattanti anche sulla società.

Una possibile lettura dell’indice è proprio questa: permettendo ai suoi utilizzatori di accedere a una estesa mole di dati sugli eventi meteorologici estremi occorsi negli scorsi decenni, libera il campo dall’incertezza interpretativa del concetto di eventi estremi. E mette a tacere le voci fuori campo che negano l’evidenza di una crisi climatica galoppante, ma anche quelle che allarmano senza fondate ragioni.

L’Europa si sta trovando ad affrontare sempre più spesso fenomeni estremi, c’è la necessità di monitorarli attentamente e solo con E3CI è possibile farlo in modo oggettivo e preciso, per riuscire a comprendere l’impatto che hanno sul territorio. Solo con in mano dati raccolti e analizzati che dimostrano una tendenza all’aumento degli eventi estremi si può con urgenza segnalare o rispondere alla necessità di adottare politiche e azioni concrete.

Dall’indice alla pratica

Al di là della sua funzione antinegazionisti e anti-allarmisti, ecco allora che questo indice prende quota, mostrando la sua capacità di supportare non solo i decisori politici ma anche cittadini, aziende e comunità, nell’individuare le più efficaci azioni di adattamento, a seconda delle aree di volta in volta interessate. O interessanti. Questo suo saper rispondere alle più differenti richieste è dovuto alla natura flessibile, dinamica e personalizzabile di cui lo si è voluto dotare, alla sua scalabilità, anche geografica, e alla sua integrabilità. A seconda dei casi, ci si può infatti focalizzare su una regione, su una provincia e su aree più macro, si può far confluire E3CI anche in sistemi più ampi di coefficienti o variabili che caratterizzano analisi e ricerche aziendali, giornalistiche o istituzionali.

Per meglio comprenderne l’ampia e variegata fruibilità, meglio passare a esempi concreti. Potrebbero anche diventare ispiranti per chi ancora non lo usa.

Quello della finanza potrebbe essere uno dei primi settori interessati a E3CI, per quantificare con maggiore precisione i rischi legati alle condizioni meteorologiche, per esempio, ma anche per favorire una maggiore trasparenza sulle valutazioni per riuscire a fornire informazioni strategiche per gli investitori. Nel campo dell’energia e le utilities, un indice come quello proposto da IFAB permette di minimizzare i rischi finanziari dovuti alle fluttuazioni dei prezzi causate dalla crisi climatica, nel settore delle infrastrutture fornisce invece indicazione utili sui rischi climatici dei territori, aiutando a individuare meglio le aree più strategiche per la pianificazione urbanistica. Il pensiero corre subito al Real Estate: anche questo mondo può trovare in E3CI un alleato per una pianificazione urbana più smart e sostenibile. Gli eventi estremi colpiscono fortemente anche il settore agricolo, ma anche questo può far leva su questo indice per rialzarsi, con una maggiore consapevolezza degli scenari climatici che deve affrontare nel presente e nel futuro. E a proposito di fake news o falsi allarmi, da non trascurare che anche i media hanno la possibilità di usare E3CI. Nel loro caso, serve per adottare un approccio data-driven al cambiamento climatico che contribuisca a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle sfide legate alla crisi climatica con equilibrio e oggettività.

Non va dimenticato il settore assicurativo, che è stato uno dei primi ad avvertire ed esprimere il bisogno di un riferimento come E3CI. Può servire a migliorare i modelli di analisi per elaborare meglio le tariffe, per esempio, ma anche per indirizzare l’ideazione di nuovi prodotti assicurativi. Non è un caso, infatti, che nel team che ha dato vita a questo progetto ci sia Leithà Gruppo Unipol. Come spiega il suo Presidente Renzo Giovanni Avesani, la collaborazione è stata importante, e fondamentale è stato il ruolo che un soggetto privato come Leithà ha avuto nel supportare il mondo della ricerca nel mettere a terra quanto studiato, creando uno strumento il più possibile accessibile e funzionale per le aziende e le comunità.

È IFAB che all’interno del team ha poi saputo fare in modo che il lavoro progredisse in modo armonioso e tempestivo. Non ha solo finanziato il progetto, ma lo ha seguito e curato, come fa con molti altri progetti innovativi e applicativi in ambito green e per la gestione del cambiamento climatico. Poi li mette a disposizione delle imprese, della Pubblica Amministrazione e dei cittadini, un’altra mission non banale ma chiave. A spiegarlo è lo stesso direttore di IFAB, Marco Becca. “Gli eventi estremi, nella loro drammaticità, ci fanno prendere coscienza del fatto che siamo su una china pericolosa e che la transizione green è fondamentale per il nostro futuro – afferma – in questo contesto l’utilizzo dei dati, reso possibile anche grazie alle moderne strutture di supercalcolo, diventa sempre più importante. Comprendere i fenomeni è alla base dell’azione: sta a tutti noi, cittadini, aziende e policy makers, invertire questa tendenza e i dati e il digitale in tutte le sue componenti possono essere la risorsa decisiva per farlo”.

La mission di IFAB è chiara e virtuosa, e la newsletter e altre iniziative spuntate attorno al suo E3CI tradiscono la presenza di altre ambizioni, ancora più sfidanti e lungimiranti. La più urgente riguarda la creazione di una community europea informata e consapevole sul tema, composta non solo da esperti, ma anche da varie tipologie di professionisti, ricercatori e studenti interessati a un aggiornamento continuo sia qualitativo che quantitativo sugli eventi meteorologici estremi e i trend climatici. Ogni mese, E3CI invia quindi analisi su tutte le componenti e un focus sulle aree con le anomalie più importanti. C’è poi anche un sito dedicato e una E3CI data station sempre aggiornata. Proprio quest’ultima è il risultato dell’E3CI hackathon, una competizione svoltasi nel 2023 per raccogliere idee efficaci ed originali per comunicare gli eventi estremi a un pubblico composto da persone interessate ma non sempre con un background scientifico. Una vera sfida, oggi più che mai urgente, vinta da tre progetti realizzati in squadra.

Un hackathon per gli eventi estremi 

Come da definizione, anche questo hackathon è durato 24 ore, e sono state 24 ore di analisi, brainstorming, confronto e prototipazione. “Un’esperienza intensa, ma senz’altro divertente, con una bella atmosfera tra i partecipanti e tante occasioni di networking” racconta Cinzia Bongino che, assieme a Federica Guerrino, ha sviluppato uno dei tre progetti vincitori. “È una dashboard che aiuta cittadini e giornalisti che vogliono capire gli effetti dei cambiamenti climatici sul proprio territorio – racconta Bongino, spiegando anche la scelta di un nome così lungo: “Come sta l’Italia”. “L’intento era quello di presentare lo stato di salute del paese attraverso gli indicatori dell’indice climatico, un po’ come quando si fanno gli esami del sangue e dai risultati capiamo se i valori sono nella norma o meno”.

Bongino lavora come UX/UI e data visualization designer freelance, Guerrini è una climate data scientist: assieme queste due professioniste hanno creato una squadra vincente e adatta a comunicare un progetto come E3CI. “Sono stata fortunata ad essere in squadra con Federica: senza le sue competenze e la sua conoscenza di Python non sarei riuscita ad estrarre tutti i dati e ottenere delle mappe con cui lavorare – racconta Bongino – Insieme, abbiamo ragionato su che forma dare ai dati e quali grafici potessero meglio comunicare gli indicatori. Tenendo conto del target primario (aziende, investitori, banche e pubblica amministrazione), abbiamo cercato di creare uno strumento che potesse essere utilizzato anche dai non addetti ai lavori. Collaborare con una professionista con esperienza in dati climatici è stato utilissimo: avevo qualcuno a cui chiedere se fosse utile evidenziare alcuni trend, avere chiarimenti sul calcolo dei dati, oppure scambiare opinioni sull’uso dei colori per rappresentare eventi atmosferici, step che avrebbero richiesto ore di ricerca se fossi stata da sola o avessi lavorato con una persona meno qualificata”.

Il bello degli hackathon, quando funzionano, ma quello organizzato per E3CI ha portato questo team anche a veder realizzata e implementata la propria idea, 5 mesi dopo, e un po’ a sorpresa. “IFAB ci ha contattate per sviluppare effettivamente il nostro concept, perché l’E3CI index non aveva una vera e propria pagina da cui poter essere fruito. Il nostro prototipo presentava invece un sito con una dashboard e la spiegazione dei vari dati climatici: una ‘casa’ molto grande e accessibile, soprattutto per il grande pubblico – racconta Bongino – ho quindi coinvolto nuovamente Federica, come supervisore scientifico del progetto, e Alberto Arlandi, come developer della piattaforma. Molti dei grafici e interazioni che avevamo abbozzato nell’ hackathon sono stati sviluppati nella piattaforma attuale. Non è ovvio che accada. Temi come accessibilità visiva, uso dei colori, tooltip esplicativi e summary dei dati che oggi tutti vedono implementati, erano già riscontrabili nel nostro primo progetto”.

10 modi possibili modi di usare E3CI (ma sono molti di più)


La protezione civile può usare E3CI per monitorare la frequenza e la severità degli eventi estremi, individuare trend climatici e pianificare gli interventi.


La protezione civile può utilizzare lo strumento per sviluppare mappe di rischio aggiornate in tempo reale, basate su dati recenti e previsionali.


Le amministrazioni comunali e regionali posso individuare i luoghi maggiormente interessati dagli eventi estremi e monitorare le infrastrutture che vi vengono costruite.


Allo stesso modo, conoscere i trend climatici sul territorio permette alle amministrazioni comunali di orientare la pianificazione urbanistica.


I trend climatici relativi alla siccità e alle precipitazioni possono generare dati per gestire al meglio le risorse idriche.


I dati estraibili da E3CI e i report possono essere utilizzati da scuole ed enti di formazione per sensibilizzare ed educare studenti e cittadini sui rischi legati ai cambiamenti climatici e alla crescente frequenza di eventi meteorologici estremi.


I governi regionali e nazionali possono utilizzare i dati raccolti per sviluppare politiche di adattamento ai cambiamenti climatici.


Le amministrazioni possono usare E3CI per proteggere il patrimonio culturale e architettonico, monitorando le condizioni ambientali attorno ai siti storici e pianificando interventi di conservazione o messa in sicurezza.


Comuni e Regioni possono disporre di una maggiore consapevolezza nel settore agricolo sugli scenari climatici e rendere più efficace la gestione di potenziali minacce atmosferiche attuali e future.


Le amministrazioni comunali, regionali e nazionali possono avere evidenza dell’entità dei fenomeni idrogeologici e identificare le aree più colpite per prevenire futuri impatti.

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