Si chiama “Italia 5.0: le competenze del futuro per lo sviluppo dell’innovazione nell’epoca dell’intelligenza artificiale in Italia e in Ue” ed è il rapporto presentato al forum di Cernobbio realizzato da The European house – Ambrosetti insieme Philip Morris Italia. L’obiettivo è quello di sviluppare un quadro di riferimento strategico che orienti le decisioni di medio e lungo periodo delle istituzioni e della business community in merito alle competenze necessarie per i lavori del futuro, alla luce dei più recenti trend tecnologici.
Più nel dettaglio, il rapporto evidenzia tre sfide cruciali che l’Italia deve affrontare per promuovere il suo sviluppo economico e sociale: digitalizzazione e produttività, crisi demografica e sostenibilità ambientale. Per quanto riguarda il primo punto l’Italia è in ritardo rispetto ai competitor internazionali: accelerare questo processo è, dunque, fondamentale per migliorare la produttività e il posizionamento del Paese nel panorama globale. Concentrandosi sulla demografia si nota che l’Italia è uno dei paesi più vecchi al mondo e questo sta generando forti pressioni sul mercato del lavoro, sul sistema pensionistico e sul tessuto sociale. Contrastare questa crisi è, dunque, cruciale per garantire una crescita sostenibile e inclusiva nel lungo periodo. E proprio la transizione verso pratiche sostenibili è fondamentale per rispettare gli obiettivi globali e mantenere la competitività economica.
La chiave per affrontare queste sfide, secondo lo studio, risiede nello sviluppo di un nuovo paradigma chiamato “Società 5.0”, che pone l’accento sulla sinergia tra innovazione tecnologica e sviluppo sociale. La ricerca di Ambrosetti identifica innovazione e competenze come le due leve strategiche per una transizione di successo. Da un lato, l’innovazione trasforma le idee in prodotti, servizi e processi migliorati, contribuendo alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro. Per colmare il divario tecnologico e incrementare la produttività, l’Italia deve incentivare le imprese, in particolare le Pmi, a investire in ricerca e innovazione (R&D) e ad adottare tecnologie avanzate e sostenibili. È stata rilevata, infatti, una correlazione positiva tra investimenti in R&D e crescita del Pil, con ricadute dirette su performance aziendali come vendite, redditività e occupazione.
Dall’altro lato, però, l’innovazione non può esprimere tutte le sue potenzialità senza un adeguato capitale umano. Competenze avanzate e conoscenze specialistiche sono, dunque, essenziali per sviluppare e implementare soluzioni efficaci. In un contesto tecnologico in continua evoluzione, è fondamentale investire nell’istruzione e nella formazione continua per garantire l’aggiornamento costante delle competenze, rendendo così possibile l’adozione delle nuove tecnologie. Più nel dettaglio, secondo lo studio, è importante sviluppare tre categorie di competenze: la formazione in ingresso come i percorsi educativi scolastici e universitari; la formazione permanente come le attività formative per professionisti; le competenze 5.0, essenziali per affrontare le sfide legate alla rivoluzione dell’intelligenza artificiale e all’avvento dell’industria 5.0. L’Italia ha però un grosso problema in questo senso: oltre la metà della popolazione, infatti, non possiede competenze digitali di base e, per raggiungere gli obiettivi del Digital Compass europeo, sarà necessario formare circa 15 milioni di adulti entro il 2030. Un passo difficile ma necessario, anche perché molte professioni del futuro saranno inevitabilmente legate al digitale.
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