Come favorire l’inclusione sociale delle persone con disabilità, coinvolgendole in un’attività ad alto impatto sia ambientale che sociale? Con orti urbani installati sui tetti dei tanti edifici pubblici di una città, trasformandoli in spazi in cui coltivare frutta, verdura e profumi a km zero da donare alle organizzazioni locali che supportano persone a rischio di esclusione. Per poi regalare una nuova vita a un edificio anni Settanta e uno spazio comune a un gruppo di studenti adolescenti, lo si restaura semplicemente riutilizzando i materiali già presenti, minimizzando così i rifiuti e le emissioni di gas serra, in perfetta linea con i principi dell’economia circolare. Rinasce la struttura ma rinasce anche in chi la frequenta lo spirito di gruppo e la voglia di costruire il futuro assieme.
Può poi capitare che, attorno a un’area verde cittadina, ci si accapigli tra chi la vuole proteggere e conservare selvaggia, in tutta la sua biodiversità, e chi spera di poterla valorizzare come scenario ideale per ospitare accattivanti attività ricreative e turistiche a sfondo green. E allora si opta per la co-progettazione inclusiva del suo futuro, in modo che possa veder confluire desideri e necessità diverse, e visioni di futuro da sempre immaginate incompatibili. Con lo stesso metodo partecipativo, anche gli spazi per uffici possono sperare in un cambio di carriera repentino, diventando luoghi in cui l’arte si diletta a creare connessioni tra persone diverse e che mai si frequenterebbero altrove, pur abitando vicine.
Connessioni se ne possono fare anche di digitali che, seppur immateriali, hanno il potere di unire informazioni e infrastrutture concrete come le fontane pubbliche di acqua potabile di una città, perché utile per chi ci vive e chi la visita, ma non solo. Mappando questa risorsa che abbiamo imparato essere non infinita come un tempo ci piaceva pensare, si acquisisce una maggiore consapevolezza del dover prendersene cura con attività di manutenzione e restauro. Un’opera di valorizzazione preziosa, quanto diversamente ma analogamente preziosa può essere quella del ripristinare un’area naturale abbandonata, proteggerla e affidarla alle donne sfollate con bambini piccoli in zone di guerra come l’Ucraina.
Un premio all’immaginario possibile
Non è un esempio di area a caso, o fatto per vicinanza geografica, ma è la zona per cui quel progetto è stato pensato: è un progetto vero, sviluppato in ogni dettaglio, e appartiene a quella sfida alla guerra chiamata “Unbroken Mothers”.
Anche gli altri progetti lo sono e li si trova tra i 14 selezionati dal New European Bauhaus (NEB) Festival 2023. Riceveranno fino a 30.000 euro e un pacchetto di comunicazione, grazie a un bando di Iniziativa urbana europea dedicato ad “Azioni innovative della politica di coesione” destinati a diventare esempi ispiranti di idee concrete e concretizzabili per rendere l’Europa un continente migliore.
Sfogliando approfonditamente ciascuna delle loro schede descrittive sul sito ufficiale dell’iniziativa, si può infatti fare scorta di nuove best practices per favorire meccanismi di circolarità, supportare tentativi di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e promuovere la trasformazione di edifici per soluzioni abitative a prezzi accessibili, rigenerando anche gli altri spazi urbani. È una sorta di libro delle meraviglie realizzabili, quello disponibile gratuitamente on line, una sfilata di progetti nati dal basso e, quindi, realizzabili dal basso e assieme, se adeguatamente finanziati, proprio come il Premio si impegna a fare.
È una risorsa a disposizione di chi ha voglia di fare, ma non è dotato di troppa fantasia e pensiero laterale. Può consultare il prodotto dell’estrosa intraprendenza altrui e spudoratamente copiarlo, senza affatto sentirsi in colpa. Anzi, deve sentirsi libero e sereno nel farlo, perché le informazioni vengono condivise proprio perché sblocchino una catena di condivisione di progettualità a volte inibita dalla burocrazia, a volte dalla paura, a volte dalla routine.
Se le idee citate finora non si adattano alle circostanze, ce ne sono molte altre da cui prendere spunto. Una arriva dall’Italia, è un “Community Garden” proposto da Matera intitolato “Noi Ortadini” e premiato nella categoria “Riconnettersi con la natura”, ma si può viaggiare con la fantasia anche fuori confine, per raggiungere percorsi di guarigione ludici in Danimarca o giardini comunitari in Montenegro, per poi salire a bordo di barche solari assieme a una community di artisti e scienziati uniti nella lotta contro la crisi climatica, in Irlanda.
L’Europa di NEB intreccia scienza, arte e sostenibilità
È il terzo anno consecutivo che il New European Bauhaus con il suo festival premia iniziative dal basso che incarnano i suoi valori. Continuerà a farlo, convinto che bellezza, sostenibilità, inclusività siano le tre leve per abilitare le politiche di coesione sempre più necessarie in modo coerente ed efficace. Per trasformare e migliorare la vita delle persone e rafforzare le comunità locali rendendo le città di tutte le dimensioni luoghi migliori in cui vivere.
L’assegnazione di un premio come questo è infatti solo uno dei tanti modi in cui questo movimento creativo e transdisciplinare si propone come ponte tra il mondo della scienza e della tecnologia, dell’arte e della cultura, per combinare design, sostenibilità, accessibilità e investimenti in attività mirate alla transizione europea.
E il tridente bellezza, sostenibilità e inclusione rappresenta la sua bacchetta magica in cui ogni punta ha un preciso significato, ma resta alla base sempre connessa con le altre. Quella per l’inclusione riesce a valorizzare la diversità e garantire l’accessibilità anche economica, affrontando problemi sociali complessi puntando sulla co-creazione. Quella della sostenibilità amplifica le dinamiche di circolarità e potenzia la lotta a contrasto della crisi climatica e dell’inquinamento, mettendosi al servizio della biodiversità per vincere sfide verdi e digitali.
E la bellezza?
Il New European Bauhaus la reputa fondamentale e per motivi molto concreti e attuali. Perché la interpreta come elemento magico per lasciarsi ispirare dall’arte e dalla cultura e rispondere ai bisogni funzionali, per vincere le sfide sostenibili e inclusive, abilitando il dialogo tra culture, discipline, generi e età. La bellezza non solo incanta l’individuo, secondo questo movimento: unisce persone che pensano di essere diverse ma si ritrovano vicine al suo presentarsi. Questo può innescare un paradigma rivoluzionario capace di rendere l’Europa una potenza, una superpotenza al pari di quelle che oggi guardiamo dal basso in alto, ma con diverse abilità. Pur utilizzando la parola magia per descriverlo, c’è molto di concreto a cui potersi riferire, se si approfondiscono i principi su cui il New European Bauhaus si prefigge di operare. Dall’attenzione ai processi che mettono al centro i cittadini nel co-design delle città e all’impatto human-centered che le tecnologie producono. Dalla diversità dei background e delle discipline che coinvolge alla varietà dei soggetti a cui si rivolge. Sia i singoli cittadini, sia gli esperti, le imprese e le istituzioni che vogliono reimmaginare il proprio futuro e quello dell’Europa possono contare su questo progetto per passare dal desiderio all’azione.
NEB indica una nuova strada, e la imbocca
Un’idea così fuori dalle righe, che può suscitare perplessità per il suo carattere alternativo, non poteva che sorgere in circostanze fuori dal normale. Infatti spunta nel panorama europeo nel periodo della pandemia, quando è emerso quel coraggio di provare una strada diversa, creativa che solo un trauma o un evento inaspettato riescono a far sorgere nell’animo umano.
Tutto è iniziato molto prima, però, addirittura nella scorsa decade, quando l’Unione Europea aveva fissato alcuni obiettivi da raggiungere entro il 2020. Sembrano ambiziosi e quasi irraggiungibili ora, figuriamoci anni e anni fa. Si va dalla riduzione della povertà, dell’esclusione sociale e dell’abbandono scolastico, all’aumento delle persone laureate, degli investimenti in ricerca e sviluppo e dell’occupazione, sempre con occhio attento all’efficientamento energetico e all’inquinamento, da minimizzare.
Una strada in salita si stava prospettando di fronte al nostro continente, una strada che con la pandemia, la guerra in Ucraina e un sistema socio-economico globale preesistente non è quasi nemmeno stata imboccata per molti anni. Comprensibile, da un certo punto di vista, ma (per fortuna) c’è chi ha pensato che alcune delle sfide elencate avrebbero potuto essere più affrontabili optando per un approccio che aprisse alla convergenza tra discipline, saperi e competenze diversi. Non affidandosi alla sola tecnologia ma integrandone l’evoluzione con la priorità di mettere al centro le comunità locali.
Da questo “e se avessimo provato a disegnare tutti insieme i futuri verso cui proiettarsi” è nata l’idea di farlo da quel momento in poi, dal 2021, lanciando il New European Bauhaus. In questa cornice, letteralmente ispirata al quasi omonimo movimento che già anni fa si prefiggeva di unificare arte, artigianato e tecnologia, si è cominciato e tuttora si cerca di capire come orientare le programmazioni e le attività di PA, centri di ricerca, imprese e Terzo settore in ottica transdisciplinare.
Questa mission si è subito tradotta in un importante lavoro di sviluppo e adozione di metodologie di cross-fertilisation, consapevoli che oggi, soprattutto oggi, sia impossibile – o poco efficace – parlare di ambiente senza ragionare di mobilità o lavoro, o di cultura senza considerare il suo impatto economico e sociale. Sarebbe come pretendere di investire solo in interventi di innovazione hardware, trascurando totalmente la parte software. Sarebbero soldi, tempo ed energie buttati.
I sogni di NEB hanno un piano operativo
Un paradigma che si fa distinguere tra i tanti proposti come risolutivi di una serie di sfide da anni trascinate per la compresenza di discipline diverse e a volte percepite fuori contesto, per convincere deve avere un piano operativo concreto. E il New European Bauhaus lo ha: la Commissione Europea, creandolo, ha indicato quattro step vitali per il suo perdurare e crescere.
Un manifesto con open call, laboratori, progetti faro, tavole rotonde, festival e premiazioni. Delle linee guida per la PA da subito, anche se ancora nella fase di co-design dell’iniziativa. Una community da creare per farle a sua volta ideare e realizzare progetti con valori comuni. E fondi, non da chiedere ma da dare, perché molti programmi di finanziamento UE integrano e integreranno il New European Bauhaus come un elemento di contesto o priorità per ottenerli, a partire dai noti Horizon, LIFE e Fondo di Sviluppo regionale europeo.
Veder comparire dei possibili finanziamenti nel piano operativo fa tirare un respiro di sollievo: spesso dove ci sono idee interessanti ma non canoniche, latitano. E invece l’Europa sembra davvero credere nell’approccio di contaminazione tra saperi come anche i partner ufficiali del NEB, impegnati a promuovere e/o realizzare progetti ecosistemici assieme a organizzazioni pubbliche e private di ogni tipologia. L’importante è che si applichino processi creativi in linea con l’approccio del movimento e lo si faccia per sviluppare modelli virtuosi di sviluppo sostenibile. Non è sempre facile e non sempre viene naturale farlo, si ha infatti quasi sempre di istinto la tentazione di sposare una separazione disciplinare, senza pensare che l’innovazione tecnologica come la pianificazione urbanistica possano avere un impatto prorompente sull’immaginario e sui comportamenti persone. Un impatto che non si può ignorare e che anzi richiede proprio l’azione congiunta di cultura, arte, economia, psicologia, antropologia e tecnologia per riuscire a compiere scelte infrastrutturali partecipate e mirate al benessere collettivo reale.
Tutto questo è impossibile da attuare, e i fondi impossibili da ottenere, se non si lavora per favorire la nascita di ecosistemi ibridi all’interno di Università e PA anche locali. Una vera sfida per molti territori anche italiani, una impresa da affrontare con tenacia e convinzione, adottando un modello di collaborazione e co-progettazione standard definito dal movimento stesso, attraverso quattro fasi principali da reiterare quanto basta: stesura dell’agenda, formulazione di azioni, implementazione e valutazione.
Benefici e to do per la PA
Si possono già percepire i commenti, da qualche scrivania di qualche ufficio, pubblico o privato che sia, di fronte all’idea di gettarsi in un’impresa del genere: enorme, utopistica, o magari solo vista come stramba. Una reazione prevedibile e anche comprensibile, data anche la mole di beghe quotidiane da gestire che si accumulano nel desktop o nella cartella della posta in arrivo. Una reazione prevista dai proponenti che ben sottolineano i vantaggi della cross-fertilization.
Tanto per cominciare rappresenta un’ottima occasione per la PA per acquisire e gestire big data in maniera etica e consapevole, realizzando una base su cui costruire politiche pubbliche basate su evidenze ed evidentemente data driven. Il suo orientamento green e sociale contribuisce al raggiungimento degli obiettivi ESG e innesca, o supporta, dinamiche di partecipazione civica incoraggiando l’uso consapevole della tecnologia, sia nelle istituzioni sia nella cittadinanza.
Benefici non scontati, azioni non proprio obbligatorie, per ora, ma caldamente consigliate da portare avanti, con lungimiranza, attività su cui lavorare. Come?
Il New European Bauhaus non abbandona la PA sul più bello ma fornisce un ricco elenco di “to do” che comprende il coinvolgimento multistakeholder nella messa a terra di politiche pubbliche, ponendosi come player abilitante, la ricerca e analisi eco-sistemiche a più livelli per comprendere la situazione in cui si agisce, la realizzazione di collaborazioni con altre PA, se non partenariati nazionali ed europei e con centri di ricerca e hub di innovazione, la creazione di un senso di empatia e presa in carico dei beni comuni attraverso narrazioni condivise.
Essenziale e spesso trascurata o fatta controvoglia, l’attività invece essenziale di condivisione pubblica diffusa dei risultati, stavolta provando a sperimentare l’arte contemporanea come strumento per rivolgersi al più ampio pubblico possibile.
Sineglossa e NEB: sinergia da tempi non sospetti
La tentazione di percepire il paradigma proposto troppo distante dal proprio presente per tentare un balzo in avanti, verso un’Europa più nostra, c’è. Ma c’è anche chi ha osato, e ora continua a procedere soddisfatto, evolvendo all’interno della community di cui è entrata a far parte. Quella dei partner del New European Bauhaus. È italiana, è un’organizzazione culturale che applica i processi dell’arte contemporanea alle sfide del nostro tempo, per costruire modelli virtuosi di sviluppo sostenibile. Si chiama Sineglossa ed è nata proponendo da sempre un approccio che si ispira all’idea di un Nuovo Rinascimento, favorendo la contaminazione tra discipline umanistiche e scientifiche per arrivare a soluzioni belle, sostenibili e inclusive.
Solitamente opera in ecosistemi ibridi composti da un mix di artisti, scienziati, imprenditori e umanisti. Se non li trova li costruisce, ma opera anche con università, pubbliche amministrazioni e comunità locali. Con tutti questi soggetti sperimenta e condivide nuovi strumenti per interpretare il presente con tutta la sua complessità, per poi trasformarlo secondo i valori comuni che guardano a futuri possibili e più umani. Sineglossa crede in tutto questo da quando è nata e si è pienamente riconosciuta nel paradigma del New European Bauhaus: impossibile non aderirvi, quindi.
I sogni realizzati da Sineglossa: belli e utili
Prendendo questa coincidenza come la conferma di essere sulla strada giusta, ne è diventata partner ufficiale, sfornando in questa cornice diversi progetti del tutto in linea con quello in cui crede. E con quello di cui il Paese ha bisogno, come d’altronde la maggior parte dei membri UE.
Il primo vuole offrire un esempio di narrativa alternativa dei luoghi, turistici o meno, attraverso racconti di comunità, quindi fatti dalla collettività in tutta la sua complessa ma affascinante diversità. La si ritrova nei punti di vista variegati ma anche negli approcci proposti, nella scelta dei luoghi chiave e dei toni. Una diversità che è ciò che rende potenti e uniche le guide Nonturismo (sineglossa.it/progetti/nonturismo/) che Sineglossa propone con Ediciclo editore e che possono essere realizzate da chiunque si candidi e ne sposi la natura. I luoghi di montagna in aree interne come le città invase da turisti possono realizzarne una, con le istituzioni pubbliche e/o le persone che ci abitano. L’importante è che questa attività sia volta alla rigenerazione del luogo, seguendo i principi di sostenibilità, inclusività e bellezza. Si parte con la costruzione di una rete di partner territoriali e con l’individuazione delle risorse necessarie per avviare i lavori invitando gli abitanti disponibili a partecipare a un percorso di redazione di comunità. Ciò significa che un gruppo di artisti, storici, antropologi, economisti, botanici o sociologi arriva sul posto per proporre attività che aiutino tutti a riappropriarsi del patrimonio di memoria comune, indagando presente e passato, pensando ai futuri possibili. Tutto questo lavoro di scavo e di immaginazione deve convergere in uno storytelling collettivo per dar vita alla guida, un oggetto-libro poi distribuito in tutte le librerie nazionali e nei canali digitali per far conoscere il proprio territorio in modo autentico e senza dubbio originale. Prova ne sono i volumi già realizzati per Ussita (Macerata), Bologna, Ancona e Arcevia (Ancona). In arrivo quello sulla Valle del Fiastra, in provincia di Macerata, e appena confermato quello sull’Appennino Bolognese, all’interno della call Enhance NEB, supportata da EIT Community per valorizzare le iniziative dei partner del New European Bauhaus.
Il paradigma di New European Bauhaus e di Sineglossa si può declinare anche in iniziative che sposano la tecnologia e l’innovazione. Non è una semplice promessa ma ciò che è avvenuto realmente in AI4future (sineglossa.it/progetti/ai4future/). Per questo progetto è stato creato un network internazionale in cui quattro centri di ricerca, artisti, giovani attivisti e computer scientist hanno unito le forze per affrontare sfide legate alla trasformazione del concetto di mobilità. Arte, AI e scienza hanno convissuto anche fisicamente in residenze di attivisti a Barcellona, Cagliari, Milano e Rotterdam per produrre opere multimediali sulla mobilità di genere, indagando anche il rapporto tra digitale e fisico, riconquistando spazi pubblici e rivendicando il diritto all’accessibilità digitale.
Intelligenza Artificiale ancora protagonista, ma in chiave relazionale, in un progetto realizzato con il collettivo AOS – Art is Open Source, dove collabora con arte e il co-design di comunità per trasformare i dati in conoscenza utile a comprendere e risolvere precisi problemi del contesto in cui è ospitata. Un’idea che ammicca ai gemelli digitali urbani e interroga su come i dati possano aiutare le città a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU. Si va oltre all’ammiccare, in realtà, si lavora sulla consapevolezza necessaria per ricavarne un impatto positivo diretto sulla vita delle persone. Una sfida in cui si ha come alleata preziosa l’arte, capace di stimolare la collaborazione e la comprensione di dati e AI, di minimizzare la diffidenza trasformando la paura in forza di creazione artistica. Il valore strategico di questo progetto sta nel ribaltare l’approccio all’AI. Non se ne fa un uso estrattivo, raccogliendo dati dai cittadini per profilarli e indirizzarne i comportamenti, generando a volte anche profitti. La si utilizza in chiave relazionale, per mettere in contatto le persone e renderle fautrici di trasformazione sociale. Ne risulta un invito a usare l’AI bene, non un’accusa o una messa al bando di tale tecnologia: è la strada per introdurre questa tecnologia controversa in modo efficace e costruttivo, dato che evitarla o vietarla non è un’opzione. Sempre che possa essere una buona idea.
Reduce da questi progetti, Sineglossa si può ormai dire capace di orientarsi tra le opportunità offerte dal New European Bauhaus e consapevole dei vantaggi che esserne parte comporta. “Per le PA e le organizzazioni che aderiscono, non è un progetto dell’Unione Europea, è molto di più. È una cornice teorica e un’opportunità di finanziamento, una community e un brand identitario riconosciuta a livello europeo” spiega Sofia Marasca, responsabile comunicazione di Sineglossa.
Attraverso meeting, eventi, call, progetti , segnalazioni di programmi finanziamento e condivisione di buone pratiche, si accede a un percorso di formazione che anche chi lavora in una PA può valorizzare nel proprio quotidiano. Lasciandosi contaminare da idee e confrontando le reciproche esperienze, senza per forza avviare grandi progetti ma anche solo per ampliare lo sguardo sui tanti futuri possibili. Futuri non lontani, neanche geograficamente, visto che si sta lavorando per sviluppare una sezione locale del New European Bauhaus in Emilia Romagna.
Sineglossa c’è e collabora con altri soggetti per iniziare a fare rete in scala locale, con enti pubblici, associazioni e altri soggetti coinvolti, per poi portare coralmente le proprie esigenze in Europa. Un’operazione non semplice ma che per la PA, soprattutto, rappresenta un prezioso modo “per provare a cambiare concretamente i processi standardizzati al proprio interno e che rischiano di immobilizzarla in uno stato di perenne inerzia. Un’inerzia da vincere cambiando mentalità, comportamenti e, soprattutto, procedure. Non da soli ma facendo rete con la comunità e con chi ha già fatto un passo avanti” spiega Marasca.
Sineglossa suggerisce proprio questo, soprattutto quando l’impresa appare inaffrontabile, si può e si deve chiedere aiuto alla rete. Ma non a quella di Internet, per lo meno non solo, ma soprattutto a quella di soggetti vicini per localizzazione e valori, utilizzando la lente del New European Bauhaus che mostra di saper ingrandire le opportunità e rimpicciolire gli attriti, se si ha la pazienza di mettere entrambi a fuoco.
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