Il brand Bosch non ha certo bisogno di presentazione ma il suo pay off, Invented for life, indica al meglio la missione della multinazionale tedesca, impegnata in questi ultimi anni in ingenti investimenti nella ricerca allo scopo di qualificare sempre più i propri servizi tecnologici ad alta efficienza.
“Utilizziamo la nostra competenza tecnologica per creare prodotti che suscitino entusiasmo, migliorino la qualità della vita e aiutino a preservare le risorse naturali” non tradisce nessun dubbio Federica Cudini nel prologo alla nostra chiacchierata che rivelerà, nel corso di tutta l’intervista, il suo forte senso di appartenenza.
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Come possiamo oggi definire Bosch?
È prima di tutto un’azienda fornitrice di servizi tecnologici sempre più qualificati ed efficienti. Siamo presenti in 60 Paesi del mondo, contiamo sulla professionalità di 430mila collaboratori. Oggi Bosch è molto attenta ai temi della ricerca e sviluppo per i quali investiamo ogni anno il 15% degli utili e ci piace definirci come fornitori di tecnologie per la vita. In quest’ottica Bosch si sta molto orientando verso l’Internet of Things, l’internet delle cose (IoT), non è un caso che tutte le Business Unit aziendali si muovono nella direzione della trasformazione digitale. Tutto quello che sviluppiamo dovrà integrarsi nella vita quotidiana delle persone. Ma soprattutto quello che reputo interessante ma allo stesso tempo sfidante è la creazione di infrastrutture per i nostri prodotti in grado di comunicare tra loro ma anche con l’ambiente esterno. Faccio un esempio relativo alla digitalizzazione degli ambienti domestici: il garage si apre perché allo stesso tempo comunica con i nostri circuiti presenti sulle auto, circuiti d’infotainment che mandano il segnale dell’arrivo della persona a casa per cui il nostro garage intelligente sviluppato su piattaforma Bosch si aprirà. È un esempio banale, ma indicativo di quello che stiamo facendo: mettere le esigenze della persona al centro di tutto quello che viene sviluppato in termini di soluzioni digitali. Per questo utilizziamo e comunichiamo dati in cloud, uno spazio dove immagazziniamo tutte le informazioni che vengono rilasciate da qualsiasi sistema da noi sviluppato banalmente anche dal frigorifero. Tutti i nostri prodotti raccolgono dati, e sappiamo quanto sia importante nel nostro tempo il dato, da lì tutto prende vita.
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In questo contesto, qual è il ruolo della Business Unit eBike System Italia?
La divisione eBike è nata nel 2009 come start up all’interno del Gruppo Bosch e nel corso del tempo è cresciuta a tal punto che oggi siamo considerati leader di mercato e scelti da oltre 100 marchi di biciclette nel mondo. Facciamo parte della Business Unit Bosch Mobility Solution, la stessa che si occupa di sviluppare anche l’infotainment a bordo dei veicoli perché, oggi più che mai, l’industria dello spostamento sta cambiando secondo le leggi della digitalizzazione e l’IoT sta spingendo la mobilità verso confini e oltre limiti fino a poco tempo fa inimmaginabili. Oggi la bicicletta per noi è un hub tecnologico e viene inserita all’interno della mobilità connessa e interconnessa. Con il lancio del sistema intelligente abbiamo fatto il primo passo verso queta nuova mobilità che parla e comunica con il cloud. La digitalizzazione ci sta aiutando a utilizzare anche servizi terzi che vanno a implementare quelle funzionalità e necessità che magari oggi noi non siamo in grado di soddisfare. Così la bicicletta diviene una parte attiva della mobilità, perché riceverà e raccoglierà dati, li elaborerà e li rimetterà in circolazione.
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Parliamo di biciclette di nuova generazione
Si dice che non siano biciclette normali perché hanno un motore, che io definisco biodinamico, ma se non pedali non si accende. L’originalità di queste biciclette sta nella loro capacità di interloquire con il cloud e parlare con gli altri utenti. Biciclette che diventano quasi l’amico immaginario a cui da bambino chiedevi consigli, raccontavi le tue storie anche se questo amico non esisteva. Oggi la bicicletta, grazie proprio ai sistemi di connettività, è in grado di riconoscere le tue necessità di spostamento e non solo. Abbiamo spostato la centrale intelligente della bicicletta dal computer di bordo al telefonino perché ormai, tutto quello che ci riguarda, dalle informazioni personali alle abitudini quotidiane, è racchiuso in un cellulare. Anche la bicicletta quindi, doveva essere adeguata ai cambiamenti e restare al passo coi tempi. Ed ecco che quindi, grazie al sistema intelligente, abbiamo sviluppato una app che gestirà il mezzo in modo personalizzato nel rispetto delle proprie esigenze, attraverso il portatile. Questo comporta che quando si comincia a pedalare non è più necessario accendere e attivare il sistema, ma dal momento in cui si sale sulla bicicletta il cellulare registra il movimento e raccoglie tutte le info che prima venivano registrate dal computer di bordo e che in seguito si possono scaricare direttamente dal telefono. Per cui il computer di bordo non sarà più la parte centrale, potrebbe non essere più presente sul manubrio, ma tutto verrà gestito dallo smartphone. E per ottenere questo significativo risultato, abbiamo sviluppato quello che noi chiamiamo connect module che sarà integrato nei motori, dotato anche di un sistema di localizzazione GPS, un gran bel plus che limita anche la possibilità di furto del mezzo. Anche in questo caso la connettività ha aggiunto valore alla bicicletta permettendo, per esempio, di scaricare una funzione che si chiama LOCK, che permette di bloccare il motore della bicicletta quando la si deve parcheggiare. Una volta scesi dall’eBike ed estratto il computer di bordo, il motore non funzionerà più e il nostro telefono non solo riceverà segnali acustici, ma anche visivi quando registrerà alert per esempio in caso di tentativo di furto. Ma per sicurezza non intendiamo solo quella del mezzo ma anche delle persone che lo utilizzano. Infatti in caso di incidente il sistema così pensato riesce a far partire direttamente una chiamata di emergenza al nostro Centro il quale chiederà immediatamente l’intervento dei soccorsi contando sulla possibilità di calcolare l’impatto dell’incidente, della caduta. Questo grazie a degli algoritmi appositamente studiati capaci di definire la velocità e la tipologia dell’impatto.
Nel caso di un suo utilizzo frequente magari nel traffico urbano è in grado di suggerire percorsi alternativi segnalando la presenza sul tragitto di strade chiuse per lavori, di code o ingorghi di altro genere. Inoltre i dati raccolti vengono poi elaborati anche per creare medie di utilizzo, sulla base dello storico: se per consuetudine la bicicletta registra che tutte le mattine ad una certa ora si esce da casa per raggiungere puntuali il luogo di lavoro, il giorno in cui sulla base della mappa impostata e della velocità registrata può rilevare l’eventuale ritardo, potrà suggerirci il cambio di modalità della pedalata, in modo da aumentarla per rispettare la tempistica che solitamente abbiamo. Insomma più che una bici è un “cervello” con i pedali.
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I processi di digitalizzazione hanno subito una forte accelerazione negli ultimi due anni, complice anche il lockdown. In particolare la PA sta affrontando grandi trasformazioni. Come il privato, il mercato delle soluzioni tecnologiche e digitali può aiutare questa importante trasformazione?
La responsabilità delle aziende di servizi tecnologici deve manifestarsi fin dall’inizio del rapporto con la Pubblica Amministrazione (PA). Quando si presenta un progetto, una soluzione digitale a qualsiasi PA locale o centrale, prima dei classici studi di fattibilità andrebbero sottoposti agli amministratori piani credibili di rientro dell’investimento economico e quanto si potrebbe risparmiare in termini di spesa pubblica con l’adozione del progetto. Partendo proprio dalla mobilità ad esempio, qualificate ricerche scientifiche dimostrano come un più intenso utilizzo della bicicletta recherebbe beneficio alla salute del singolo cittadino e di conseguenza il ricorso al servizio sanitario pubblico potrebbe rivelarsi nel tempo minore e quindi tutto il sistema risparmierebbe. Quindi non solo benefici per l’ambiente ma anche per la salute e risparmio per il servizio sanitario pubblico. I ritorni sarebbero maggiori anche semplicemente a livello economico e sociale se avessimo le corrette infrastrutture. Per esempio, se i piccoli commercianti che da sempre animano i nostri centri urbani e che oggi soffrono per la presenza di grandi catene della distribuzione, potessero contare su una mobilità diversa che permetta di raggiungere i centri storici senza preoccuparsi di traffico, parcheggi, code, ne trarrebbero grandi vantaggi. Non solo, la città sarebbe più vivibile meno strozzata dal traffico e le persone starebbero molto più volentieri all’interno delle città, creando forme di economia circolare di diversa socializzazione. Questa può essere l’idea della città in 15 minuti, progetto attuato dal sindaco Hidalgo di Parigi. Se noi fossimo nella condizione di poter ridisegnare gli spostamenti urbani predisponendo un sistema di servizi più prossimi alle esigenze dei cittadini, potremmo capirne i vantaggi.
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Oggi le missioni del PNRR contemplano importanti investimenti nella nuova mobilità, nella digitalizzazione e transizione ecologica. Qual’è il vostro giudizio?
Tutto l’impianto del PNRR lascia ben sperare e credo sia un’occasione unica. La digitalizzazione rimane per noi una priorità, il nostro know how è anche questo, ma la situazione ambientale resta di fondamentale importanza. Per questo già nel 2020 abbiamo raggiunto nelle nostre sedi in tutto il mondo la neutralità climatica e vediamo in tutto questo la possibilità di raggiungere la sostenibilità in tutte le fasi di realizzazione del prodotto.
Oggi nei Comuni con cui ci interfacciamo, sindaci, assessori e dirigenti manifestano una grande voglia di cambiamento e spesso mi capita di rapportarmi con interlocutori preparati, informati. Non è un caso che negli ultimi anni nelle Pa locali sono per esempio nati uffici alla ciclabilità, si è iniziato a parlare di mobilità dolce. È chiaro che tra pubblico e privato i tempi rimangono diversi, il privato deve correre, deve fare business e questa velocità può evidenziare la staticità o meglio la lentezza del Pubblico che oggi, sono convinta, è pronto a misurarsi con le soluzioni tecnologiche e digitali votate al cambiamento.
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La pandemia ha secondo lei cambiato il rapporto tra cittadino e istituzioni?
L’emergenza Covid ha creato in tutti noi un nuovo bisogno dettato dall’emergenza. Dovevamo spostarci in sicurezza, mantenendo il distanziamento sociale. La crisi pandemica ha determinato un rafforzamento delle relazioni tra pubblico e noi cittadini: da un lato dovevamo rispettare le disposizioni restrittive ma dall’altro abbiamo potuto beneficiare dei bonus decisi dal Governo per l’acquisto per esempio delle biciclette elettriche. Una situazione che ha permesso a tutti di rivalutare gli spostamenti con le bici o monopattini nei centri urbani. Anche coloro che mai avrebbero pensato di andare in ufficio o portare i figli a scuola con la bicicletta, si sono trovati nella condizione anche impositiva, di farlo. Le nostre abitudini sono cambiate e sicuramente anche l’incentivo economico per l’acquisto di bici elettriche, è stato di grande aiuto in questo primo passo verso la transizione. Il cambiamento delle nostre abitudini si è anche riscontrato nel settore turistico. Abbiamo raccolto alcuni dati dall’ Apt Val di Fassa, uno dei nostri partner per la promozione del cicloturismo, e qui abbiamo constatato che si è registrato un sensibile aumento di passaggi in bicicletta sui tratti cruciali delle reti ciclabili, che da Trento toccano Moena per poi salire a Canazei, per un +22% di utilizzatori rispetto all’anno non pandemico. Un trend che comunque resta in continua crescita, anche adesso che le misure di distanziamento sociale si sono allentate.
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A proposito di crescita, qual’è l’obiettivo di Bosch in questo segmento di mercato?
Ogni anno l’obiettivo di crescita del mercato globale ebike aumenta e noi prevediamo che nei prossimi 2 o 3 anni una bicicletta su due vendute sarà elettrica. In Italia sono state vendute 2milioni di biciclette e se le nostre previsioni fossero corrette si potrebbe raggiungere 1milione di eBike. Io credo che aziende come la nostra hanno grandi responsabilità e proprio perché sono dei brand ingombranti, devono avere un ruolo altrettanto “ingombrante” in questa fase di cambiamento.
Bosch eBike è molto attenta a mettere in campo e seguire attività con la Pubblica Amministrazione e possibilmente estenderle anche al singolo cittadino. Rinunciamo ad attività di promozione tipicamente pubblicitaria e scegliamo di andare sui territori e fare qualcosa di concreto. Recentemente per esempio a Milano abbiamo siglato accordi con i corrieri di Urban Messengers: questa è un’attività per noi molto importante nella quale investiamo molto. Urban Messengers è un’azienda che, con un approccio etico totalmente diverso rispetto ad altri player, ha scommesso sulla nuova mobilità, così come i suoi rider, che spesso sono persone che hanno rinunciato ad un’occupazione ”tradizionale” facendo del loro nuovo mestiere una scelta di vita. E i casi sono molti altri. Queste realtà andrebbero aiutate dalle aziende come la nostra, per questo sono fiera di questa partnership, e mi stupisco quando racconto queste cose e scopro che i miei interlocutori spesso ignorano l’esistenza di queste società. Ovviamente ogni nostro accordo parte dalla verifica del rispetto delle regole del mercato del lavoro a tutela dei propri dipendenti: assunzione, ferie, copertura sanitaria e assicurativa, chiarezza nell’orario di lavoro. E inevitabilmente ogni rider deve rispettare tutto ciò che è previsto dal codice della strada, a partire dal casco.
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