Incontriamo Marco Bellezza, Amministratore Delegato di Infratel Italia, per questa intervista con gli strumenti e i limiti imposti dal lockdown.
Ci parliamo, come tutti facciamo in questo periodo, grazie ad uno dei tanti strumenti di collaborazione che sono diventati i ferri del mestiere di chi manda avanti le proprie attività da casa.
Certo che non è come vedersi di persona, mancano tanti degli ingredienti della comunicazione cui siamo abituati: l’ambiente, la gestualità, le espressioni sono falsate. I tempi al telefono e al pc sono stretti, la qualità del collegamento e quindi, dell’interazione, dipende da dispositivi e connessione. Tuttavia, possiamo parlare senza affrontare spostamenti, scambiare file mentre parliamo, interagire su più piani.
Chi in questo periodo non si è fermato o è stato impegnato sul campo in attività primarie per affrontare l’emergenza, ha provato lo smartworking, o quella che potremmo definire una prova generale di questo modello di lavoro per il quale, adesso, servono regole, processi e reti adatte ma soprattutto: “un’amministrazione pubblica e una burocrazia all’altezza della trasformazione digitale” spiega Bellezza; è questo lo spazio in cui Infratel Italia dovrà dare il proprio contributo in futuro.
Partiamo, quindi, dal ruolo delle infrastrutture strategiche, ed in particolare della rete in banda larga e ultralarga, per la ricostruzione economica e sociale del nostro Paese nella fase di uscita da questa prolungata emergenza nazionale.
Con una vista più ampia, la sfida è fare della trasformazione digitale la leva di sviluppo delle nostre imprese, della nostra amministrazione e dei sistemi più sensibili della nostra società: istruzione, salute, sicurezza. Quale apporto possiamo aspettarci dai servizi di telecomunicazioni? E Infratel Italia quale parte gioca in questo scenario?
Infratel è una società in house del Ministero dello Sviluppo economico, sottoposta alla direzione e al coordinamento di Invitalia. La nostra missione consiste nel curare i programmi di infrastrutturazione del Paese, in particolare con riferimento allo sviluppo della rete di banda ultralarga e dei servizi pubblici di connessione Wi-Fi nella cornice della Strategia Italiana per la banda ultralarga. Lo facciamo seguendo tre aree di attività principali. La prima diretta di realizzazione della rete. In alcune aree del Paese, infatti, prima del piano banda ultralarga del 2015, è stato affidato ad Infratel il compito di realizzare direttamente le infrastrutture vendendo poi il diritto d’uso agli operatori di telecomunicazioni. È quello che viene definito ‘modello diretto’. Secondo questo schema abbiamo realizzato circa il 90% dell’infrastruttura prevista dal piano e siamo, quindi, in fase di completamento. Si tratta di un modello di valore che consente al Paese di avere una rete pubblica che opera in regime di wholesale con gli operatori di telecomunicazioni. Al tempo stesso questa impostazione permette ad Infratel di disporre di un asset che le consente di avere la propria autosufficienza economico-finanziaria. La seconda area, introdotta con il lancio del piano banda ultralarga per le cosiddette ‘Aree Bianche’. Infratel in questo caso opera come concedente; la realizzazione delle opere è stata assegnata a Open Fiber, in quanto aggiudicataria dei tre lotti messi a gara. Il nostro ruolo, in questo caso, è quello di svolgere un’attività di controllo su tutte le fasi; dalla progettazione all’esecuzione, sino al collaudo della rete, che rimane pubblica ma è concessa a Open Fiber per venti anni. La scelta di questo modello dipende dal fatto che si tratta di un piano particolarmente sfidante, di importanza strategica.
.
.
.
.
Qui invece il percorso sembra essere stato più difficile. Come state procedendo?
Indubbiamente questo percorso ha registrato notevoli ritardi dovuti a molteplici ragioni e centri di responsabilità. In questa fase stiamo lavorando con Open Fiber in maniera efficace per ‘smussare gli angoli’ e arrivare velocemente al completamento del piano, ragionevolmente entro fine 2022, nell’arco del mio mandato. In effetti, si tratta di uno dei miei principali obiettivi.
Tra le attività che vi competono c’è anche lo sviluppo di punti pubblici di connessione Wi-Fi, che importanza hanno questi servizi oggi?
Il Progetto Piazza Wi-Fi Italia è stato avviato da Luigi Di Maio come Ministro dello Sviluppo economico e si propone di installare punti Wi-Fi pubblici in ogni Comune italiano. Al momento abbiamo ricevuto oltre 3.000 adesioni al progetto da parte di enti locali e installato circa 3.400 comuni sul territorio nazionale. Il progetto, sotto la nostra responsabilità, ci vede collaborare con Telecom Italia, in qualità di partner tecnico. È un programma su cui stiamo accelerando e, in ragione dell’emergenza Covid, insieme al Ministro dello Sviluppo economico abbiamo ampliato il raggio d’azione con il progetto Wi-Fi ospedali. Creare strutture Wi-Fi all’interno degli ospedali italiani è importante sia per gli operatori sanitari sia per i pazienti. In questo momento stiamo lavorando su circa ottanta strutture distribuite su tutto il territorio italiano.
Per concludere questa panoramica sulle vostre attuali attività, in cosa consiste il SINFI?
Il SINFI è il catasto delle infrastrutture fisiche presenti sul territorio nazionale, sottosuolo e sopra suolo. È uno strumento molto importante perché consente di mappare tutto il sistema di infrastrutture a supporto di Comuni ed Enti e di offrire un unico cruscotto che gestisca con efficienza e monitori tutti gli interventi. In esso, infatti, sono raccolti i dati di infrastrutture di alloggiamento e delle reti di sottoservizi, divisi in strati informativi, diversi per tipologia (cantieristica di scavo, acquedotti e gasdotti in disuso, rete elettrica aerea a bassa e media tensione, condotte di acque reflue).
Quali risultati sono stati raggiunti, cosa resta da fare?
Una volta registrati gli operatori e i gestori di rete possono visualizzare tutte le informazioni presenti, gli enti territoriali limitatamente ai propri confini al fine di garantire il presidio locale per le autorizzazioni di scavo, il coordinamento delle opere di ingegneria e contestualmente ridurre il rischio di dispersione del patrimonio informativo contenuto nel SINFI. Con i successivi sviluppi sarà possibile l’ottimizzazione degli interventi, in particolare con la possibilità di visualizzare i cantieri già in corso o gli scavi programmati, in modo da condurre un solo scavo per più pose di infrastrutture; la gestione autorizzazioni informatizzata (c.d. «sportello unico») con significativo snellimento della burocrazia; il supporto alla dematerializzazione delle cartografie, da ultimo la possibilità di visualizzazione delle analisi di rischio per terremoti, frane, alluvioni e la definizione dei piani di emergenza per reti e infrastrutture, oltre alla valutazione preventiva degli impatti per vincoli archeologici e ambientali.
Proviamo a portarci avanti e ad immaginare un Paese dotato, in ogni sua parte, di un’infrastruttura di tlc di ultima generazione. A quel punto quale sarà il ruolo di Infratel? Quali sviluppi prevede per questa azienda?
Il piano industriale che ho elaborato ed il CDA ha approvato fa leva sull’expertise accumulata da Infratel in questi anni. L’azienda ha importanti punti di forza: è giovane e altamente qualificata. La gran parte del capitale umano è costituito da ingegneri specializzati in telecomunicazioni. In questo senso possiamo dire di
essere praticamente un unicum tra le società pubbliche. L’obiettivo è posizionarci come riferimento per lo sviluppo dei servizi digitali a favore delle amministrazioni pubbliche. Su questo stiamo lavorando e ovviamente il nostro primo interlocutore è il Ministero dello Sviluppo economico, che ci ha affidato insieme alla capogruppo Invitalia un compito importante: gli incentivi per la digital transformation delle piccole e medie imprese. Si tratta di un nuovo piano che sta per essere lanciato dal Ministero e che vedrà come partner tecnico, per la valutazione dei progetti, proprio Infratel. Credo sia un riconoscimento significativo di una fase nuova per questa società.
.
Anche voi vi state avviando alla trasformazione?
Nel nostro caso parlerei più di un’evoluzione naturale rispetto alla trasformazione del mercato e delle esigenze dei nostri principali interlocutori.
Quello dell’accesso alle reti è ormai avvertito come un bisogno sociale rilevante, lo dimostra la richiesta consistente che arriva dai Comuni italiani per il Piazza Wi-Fi Italia, cui corrisponde una diffusa resistenza allo sviluppo delle infrastrutture di rete, come spiega questa dicotomia?
Chiaramente le complessità operative del progetto Wi-Fi non sono minimamente paragonabili a quelle implicite nel piano banda ultralarga. Per installare un’infrastruttura Wi-Fi ci sono sicuramente norme tecniche da rispettare, sopralluoghi, verifiche e requisiti. C’è un’interlocuzione con gli uffici tecnici dei Comuni ma c’è una differenza sostanziale in termini di impatto. Le strade non si danneggiano. È vero che vediamo un grande interesse da parte dei Comuni, soprattutto quelli di minori dimensioni. In effetti, siamo partiti proprio da queste realtà. L’esigenza di connettività è diffusa e stiamo osservando un fenomeno importante: insieme alla realizzazione della nuova infrastruttura si avviano ulteriori servizi per i cittadini. In tanti paesi sono partiti servizi di messaggistica rivolti ai cittadini basati sulla rete Wi-Fi e, quindi, sull’applicazione che noi forniamo per l’accesso. Allora è evidente che mettere un sindaco nella condizione di avere a disposizione un prodotto ‘chiavi in mano’, che comprende infrastruttura e servizi abilitanti rende migliore l’interlocuzione.
Trova che l’evoluzione dello scenario che stiamo vivendo possa avere un impatto sulle modalità di relazione con queste realtà? Può diventare un fattore di stimolo al dialogo?
Questi mesi di emergenza hanno reso tutti più consapevoli dell’importanza che riveste la banda ultralarga e, di conseguenza, anche del suo piano di sviluppo. Purtroppo, però, questa sensibilità, incrociando il flusso della polemica politica prima e, il confronto con gli uffici tecnici, poi, perde gran parte della sua capacità di spinta. Modificare gli atteggiamenti burocratici e renderli compatibili ai ritmi che il digitale impone è un’operazione molto complessa che richiede il superamento di legacy di cui è molto difficile liberarsi.
Eppure, il Sistema Paese sente forte l’esigenza di cambiamento. Esisteva già prima, ma la fase di ‘resistenza’ ci ha portato ad introdurre su larga scala modalità di lavoro e di servizio di cui non potremo fare a meno anche per la ‘ripartenza’. Abbiamo tutti provato in questi mesi i pregi e i limiti delle nostre risorse per lo smartworking o la didattica a distanza. Funziona se i sistemi e le reti sono all’altezza.
Non crede che siano maturi i tempi per un dibattito politico più allargato sulle modalità della cittadinanza e dell’economia digitale che comprenda anche lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni?
Oggi questi temi, in effetti, vengono trattati da un pubblico più ampio di quello specialistico degli addetti ai lavori. Sicuramente hanno conquistato maggiore importanza e attenzione da parte del mondo politico. La consapevolezza sull’importanza delle tecnologie e delle telecomunicazioni è diffusa e trasversale ma il passaggio importante che dovrà essere fatto è nell’amministrazione italiana. Ci sono esempi di grande avanguardia ma esiste ancora una base burocratica che deve essere abituata alle nuove modalità di
interazione e di lavoro. Pesa molto il tema del ricambio generazionale cui sta mettendo egregiamente mani la Ministra Dadone. Quello che sta maturando ancora di più è l’essenzialità di avere una rete di telecomunicazioni nazionale come asset decisivo del Paese. Se attraverso la rete oggi passa il lavoro, l’istruzione, l’esercizio dei diritti e delle libertà costituzionali, è evidente che la natura strategica dell’infrastruttura di rete e l’esigenza di un controllo pubblico si fa sempre più avvertita come ricordato dal Ministro Stefano Patuanelli.
Lo definirebbe un bene comune?
Io mi sono formato in un ambito culturale vicino a Stefano Rodotà che già molti anni fa aveva questo concetto della Rete. Era un precursore su tanti temi che oggi sono di estrema attualità.
Tra i quali la privacy e la tutela digitale delle persone che oggi impegna tutti gli operatori della filiera tecnologica. Quanta importanza riveste in questo momento questo aspetto e quali sfide pone?
L’attenzione del Garante della Privacy e strumenti come il GDPR hanno fatto compiere grandi passi avanti e hanno alzato il livello di attenzione in modo significativo. Ora sarebbe necessario cominciare a vedere il diritto alla privacy non più soltanto in termini ‘protettivi’ ma anche in termini proattivi. Oggi questo diritto deve garantire a ciascuna persona di avere il controllo dei propri dati. Questo si può ottenere tutelando, da un lato, i dati in maniera sempre più avanzata e, dall’altro, dando ai cittadini gli strumenti per controllare come i propri dati vengono diffusi. Su questo aspetto c’è ancora strada da fare. L’atteggiamento rimane più formalistico che sostanziale. In realtà i dati personali non sono che un’estrinsecazione della persona, che deve avere il diritto di controllare la circolazione di queste informazioni.
Non possiamo chiudere questa disamina senza una riflessione sullo sviluppo della rete 5G in Italia. Quali opportunità offre al Paese?
Il 5G è l’infrastruttura strategica del prossimo decennio. Il nostro Paese è stato tra i primi a sperimentare questa tecnologia e ora abbiamo la responsabilità di non perdere le posizioni acquisite. Il Ministero dello Sviluppo Economico insieme alle sperimentazioni ha avviato un programma di supporto per lo sviluppo delle tecnologie emergenti, con particolare riferimento al 5G, nell’ottica di coniugare lo sviluppo delle infrastrutture con la creazione di servizi utili per cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.
Come si incrocia con gli obiettivi del Piano Banda Ultralarga?
Penso che ci siano spazi per un’integrazione dei progetti. Le infrastrutture in corso di realizzazione nell’ambito del piano BUL possono essere serventi per l’installazione delle antenne 5G in particolare nelle zone svantaggiate del Paese.
Cosa ne pensa delle preoccupazioni sulla salute? È sufficiente denunciare le fake news o serve una strategia di dialogo e chiarimento?
In Italia abbiamo una normativa correttamente super protettiva sui limiti di esposizione a campi elettromagnetici e le sperimentazioni 5G rispettano pienamente questi limiti. Penso sia importante informare correttamente i cittadini anche per non alimentare allarmismi ingiustificati. Il 5G è una grande opportunità del Paese che non merita di essere frenato dalle campagne di disinformazione che purtroppo registriamo in alcuni territori.
InnovazionePA è una iniziativa Soiel International, dal 1980 punto d’informazione e incontro per chi progetta, realizza e gestisce l’innovazione.
Tra le altre iniziative editoriali di Soiel:
Soiel International Srl
Via Martiri Oscuri 3, 20125 Milano
Tel. +39 0226148855
Fax +39 02827181390
Email: info@soiel.it
CCIAA Milano REA n. 931532 Codice fiscale, Partita IVA n. 02731980153