Rapporto MobilitAria 2025, male l’Italia

La mobilità italiana non naviga in buone acque. Anzi tende a muoversi in mezzo allo smog. Sono i risultati, abbastanza sconfortanti, del rapporto MobilitAria 2025, firmato dal Kyoto Club e dall’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IIA). Il rapporto esamina la situazione delle 14 città metropolitane italiane: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia. In linea generale, purtroppo, l’andamento della mobilità è tornato ai livelli pre-pandemia, con un tasso di motorizzazione più elevato rispetto alla media UE. E più veicoli circolanti si traducono, inevitabilmente, in più emissioni e dunque in una peggiore qualità dell’aria.
Qualità dell’aria e motorizzazione: un binomio inscindibile
Nonostante si avvicini l’entrata in vigore della nuova direttiva, le rilevazioni di Ispra evidenziano un continuo aumento delle emissioni di CO2 del settore trasporti. Una crescita che si ripercuote sulla salute: i dati del Rapporto MobilitAria 2025, infatti, confermano il primato negativo europeo dell’Italia per decessi prematuri attribuibili agli inquinanti atmosferici PM2.5, NO2 e O3. Le uniche note positive in tal senso arrivano da Bologna, che registra un netto calo del biossido di azoto (NO₂), con una riduzione del 35% in un solo anno (da 43 a 28 µg/m³). Altrove c’è qualche miglioramento ma minimo.
Una situazione che, nonostante qualcuno continui a negarlo, dipende molto dal numero di veicoli circolanti. E, in effetti, nei grandi centri urbani italiani ci sono dalle 2,5 alle 4 volte più auto rispetto a quanto auspicabile per una mobilità sostenibile. Questo inevitabilmente porta ad un uso privatistico dello spazio pubblico che impedisce riforme strutturali.
La lentezza italiana
A dir la verità i cambiamenti sono ostacolati anche dalla burocrazia e da una parte della politica. Non a caso lo sviluppo delle infrastrutture ciclabili in Italia ha subito una brusca battuta d’arresto, rallentato dall’esaurimento delle risorse del PNRR e la mobilità condivisa è penalizzata da misure restrittive adottate a livello locale.
Inoltre, la Legge di Bilancio 2025 non prevede nuove risorse per lo sviluppo di reti metropolitane, tramvie, corsie preferenziali per bus, mobilità ciclabile o ciclovie turistiche. L’unico fronte su cui si intravede una relativa continuità è quello della re-infrastrutturazione del trasporto pubblico nelle grandi città. Tuttavia, i fondi del PNRR hanno inciso poco o nulla sui centri urbani piccoli e medi, che rischiano ora di restare esclusi, mentre si avvicina la scadenza operativa delle risorse. Ed è inutile ricordare che una parte consistente del traffico dei grandi centri urbani è costituita da lavoratori che risiedono fuori città e non hanno altri mezzi a disposizione per raggiungere il luogo di lavoro.
Un ultimo dato curioso riguarda la mobilità e il gender gap, considerato per la prima volta nel rapporto. I dati evidenziano differenze marcate tra uomini e donne negli spostamenti urbani: secondo un’indagine RSM su Roma (2024), le donne si muovono più a piedi, con tragitti brevi e maggiore uso del trasporto pubblico.
Che cosa fare?
Le proposte del Kyoto Club e del CNR-IIA sono chiare: ridurre l’uso dell’auto privato favorendo il trasporto pubblico, fare investimenti nel breve e nel lungo termine e così via. Ma il problema di fondo che pare insormontabile è l’abitudine delle persone. Basti pensare alla crociata che sta partendo contro lo stop alle auto diesel euro 5 in vigore dal prossimo ottobre in diverse regioni. Perché la sensazione è che sia sempre troppo, che si debba procedere sempre per gradi per non scontentare nessuno. Ma il Rapporto MobilitAria 2025 conferma una volta di più come oggi servano azioni decise e visioni lungimiranti che pensino veramente al bene comune e non alle comodità o al portafoglio di qualcuno.