I pazienti italiani promuovono la sanità digitale, con qualche riserva legata soprattutto al mantenere un rapporto diretto con i medici. Questo è uno degli aspetti fondamentali emersi da uno studio ProSafe, che analizza il rapporto dei pazienti con la medicina di prossimità e la digitalizzazione delle cure. Il progetto, sostenuto da Roche in collaborazione con l’Università di Verona e le Associazioni di Pazienti del Patient Safety Council esplora le opinioni di cittadini e pazienti su tematiche cruciali legate all’evoluzione e all’implementazione dell’assistenza di prossimità e all’integrazione della cura digitale, con un focus particolare sulle nuove sfide in materia di sicurezza nella cura farmacologica.
A proposito di sanità digitale emergono dati contrastanti. Per esempio, lo studio evidenzia che quattro rispondenti su cinque possiedono tutto il necessario per una visita in telemedicina; eppure il 40% riferisce di non utilizzare quotidianamente questi strumenti e il 30% non sa come accedere al proprio Fascicolo Sanitario Elettronico. Strumenti come il dossier farmacologico e la telemedicina sono percepiti positivamente dalla maggior parte del campione anche se circa il 30% degli intervistati nutre dubbi sul fatto che queste tecnologie possano realmente garantire un maggiore controllo nella gestione sicura della terapia farmacologica.
Indicativo in tal senso è l’esempio del monitoraggio digitale: sette persone su dieci non lo ritengono vantaggioso e più personalizzato rispetto al monitoraggio in presenza. Più in generale, il 20% dei rispondenti teme che l’utilizzo di strumenti digitali nell’assistenza domiciliare possa ridurre il coinvolgimento del paziente nel percorso terapeutico, il 30% ritiene che possa comprometterne l’autonomia e il 43% esprime preoccupazione per l’eccessiva responsabilità che ricadrebbe sul paziente stesso.
Parlando di assistenza di prossimità, invece, il campione considerato, per i propri bisogni, ritiene insufficiente l’assistenza di prossimità: più nel dettaglio il 56% degli intervistati segnala difficoltà nella gestione domiciliare delle riacutizzazioni di malattia e il 42% riferisce di aver vissuto una dimissione ospedaliera precoce. Inoltre, quasi un intervistato su tre (31%) ha dichiarato di aver incontrato ostacoli nella continuità delle cure farmacologiche dopo le dimissioni.
C’è ancora molto da lavorare dunque, come sottolinea anche Luisa De Stefano, Patient Partnership Leader e Andrea Ilaria Zotti, Patient Safety Leader di Roche Italia: “emergono due bisogni fondamentali: un maggiore grado di informazione e formazione sull’utilizzo degli strumenti digitali e la rassicurazione che la medicina di prossimità si traduca in un’evoluzione positiva del contesto di cura per rispondere a tutti i bisogni dei pazienti, compresa la gestione della terapia dal punto di vista della sicurezza. Sono fronti sui quali continueremo a lavorare per facilitare il ruolo attivo e il dialogo tra tutti gli stakeholder, con un’attenzione alla gestione in sicurezza della terapia”.
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