Quando si utilizza la parola sostenibilità solitamente si pensa subito all’aspetto ambientale, che è fondamentale ma non da solo non basta. Occorre una sostenibilità anche sociale, economica e digitale. E parlando si sostenibilità digitale la prima immagine che viene in mente è l’impatto carbonico della tecnologia, ossia il suo consumo. La sostenibilità digitale, tuttavia, non è solo una questione di riduzione del consumo energetico o di ottimizzazione delle risorse, ma rappresenta un principio guida che deve ridefinire ogni fase della trasformazione digitale.
Questo vale anche per la Pubblica amministrazione, tanto che il Piano Triennale per l’Informatica nella Pa 2024-2026 dell’AgID riporta il concetto di sostenibilità principale tra i suoi principi chiave, esplicandolo come “il ruolo sistemico della tecnologia nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale, guardando ad essa da una parte come strumento di supporto per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, dall’altra come elemento da indirizzare attraverso criteri di sostenibilità. In questo duplice ruolo, la sostenibilità digitale riguarda quindi le interazioni della digitalizzazione e della trasformazione digitale rispetto a sostenibilità ambientale, economica e sociale”.
Un altro punto da chiarire è che non esistono tecnologie intrinsecamente sostenibili o, al massimo ci sono tecnologie più o meno energivore. La loro sostenibilità dipende, dunque, da analisi più ampie che devono considerare il loro impatto sistemico sulle dimensioni economica e sociale: considerando un determinato impatto ambientale vanno analizzate le ripercussioni economiche e sociali di una tecnologia, cercando di capire se bilanciano l’impatto ambientale negativo. Vanno anche considerati poi i vantaggi prodotti dall’implementazione di una tecnologia, con un approccio che si basi non solo sui consumi del digitale, ma anche sulle sue ripercussioni sull’intero ciclo di vita del contesto digitalizzato. Nulla di più dell’approccio LCA (Life Cycle Analysis), per il quale non è tanto importante evidenziare come una mail produca mediamente 11 grammi di CO2, ma capire quanta CO2 tale mail faccia risparmiare (di carta stampata, carburante per consegnare un plico, e così via…).
Quanto detto in generale per la sostenibilità della tecnologia vale anche per l’intelligenza artificiale. Sia per i suoi impatti ambientali – oggettivamente potenzialmente enormi – sia per quelli economici e sociali che, tanto in positivo che in negativo, richiedono metriche per essere valutati e misurati. Come evidenziato anche dal Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2024-2026, è cruciale che l’adozione dell’Ia sia orientata non solo all’efficienza, ma anche alla sostenibilità e al rispetto dei diritti fondamentali. Dal punto di vista della Pa questo significa che l’uso dell’Ia deve essere orientato a migliorare i servizi pubblici, riducendo al contempo l’impatto ambientale e promuovendo l’inclusione sociale.
Anche per questo nel marzo 2023 la Fondazione per la Sostenibilità Digitale ha pubblicato un documento che sviluppa una prima definizione delle caratteristiche di sostenibilità dei sistemi di Intelligenza Artificiale: rispetto dei diritti fondamentali, privacy, trasparenza, sicurezza, interoperabilità, portabilità, accessibilità, revoca, riconoscibilità, proporzionalità del rischio ed efficienza energetica.
Tutte caratteristiche importanti per una crescita benefica di queste tecnologie. Tuttavia, soltanto l’ultima di queste caratteristiche si riferisce strettamente all’ambiente. E questo suggerisce forse un’ancora bassa attenzione a queste tematiche, spesso relegate in fondo alla lista delle priorità. Eppure, dovrebbe ormai essere chiaro che senza un ambiente sano l’essere umano non va da nessuna parte. Perché non è implementando tecnologie sempre più spettacolari e fantascientifiche che si renderanno le estati meno calde e le piogge più regolari.
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