La Pa italiana tra le top in Europa per l’intelligenza artificiale

Secondo il rapporto di The European House Ambrosetti-Ibm, siamo al secondo posto per numero di sperimentazioni totali e al primo per numero di progetti implementati
2 Dicembre 2024 |
Giulia Galliano Sacchetto

L’Italia è seconda in Europa per numero di sperimentazioni totali dell’intelligenza artificiale nella Pubblica amministrazione e addirittura al primo per numero di progetti implementati. Sono alcuni dei dati emersi dal Rapporto 2024 dell’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia, realizzato da Teha (The European House Ambrosetti) Group in collaborazione con Fondazione Ibm Italia. Ma il panorama digitale italiano non è tutto rose e fiori.

Infatti, se dal lato appena citato l’Italia può vantare posizioni importanti, cui si aggiunge il sesto posto per copertura 5G e i 48 miliardi di euro destinati dal Pnrr alla transizione digitale, dall’altro lato emergono ancora alcune problematiche significative. Per esempio, soltanto il 46% degli adulti italiani possiede competenze informatiche di base, uno dei tassi più bassi di laureati in Ict (1,5%), e la sottorappresentazione femminile nel settore digitale, che conta solo il 16% della forza lavoro, non è uno stimolo alla crescita.

Scendendo più nel dettaglio del Rapporto emerge che, nel complesso, i servizi digitali offerti a cittadini e imprese dalla Pa stanno migliorando; ma, solo il 68,5% degli italiani interagisce online con la Pa, un dato che rimane ancora al di sotto della media europea. Urge dunque lavorare ulteriormente per ridurre il divario digitale.

Il Rapporto evidenzia, poi, alcune questioni chiave a livello normativo e regolatorio che potrebbero ostacolare l’efficacia delle politiche adottate per accelerare la trasformazione digitale del Paese. In primo luogo, un rischio di frammentazione delle politiche, con l’esigenza di una maggiore cooperazione tra gli Stati membri per garantire coerenza e sostenibilità nelle iniziative. Occorre dunque equilibrio tra la “self-regulation” – in cui le aziende sviluppano e applicano autonomamente le normative, senza un adeguato controllo esterno, creando incertezze – e una “hard regulation” che, seppure ben scritta, potrebbe risultare difficile da applicare, rischiando di frenare l’innovazione.

A corredo del Rapporto, l’Osservatorio individua tre priorità strategiche per sostenere e accelerare la trasformazione digitale. Innanzitutto, è urgente valorizzare il ruolo di etica, inclusione e collaborazione nel percorso di digitalizzazione. Poi, è necessario promuovere un approccio multidisciplinare alla formazione digitale, rafforzando il sistema di Vocational Education and Training (Vet), anche tramite attività di awareness e comunicazione. Inoltre, il Rapporto propone l’introduzione dell’obbligo, all’interno dei curriculum universitari in ambito Ict, di almeno un corso riguardante il legame tra digitalizzazione, governance, etica e sostenibilità, mentre per i curriculum non legati al digitale almeno un corso sull’Ia.

Infine, l’Osservatorio sottolinea la necessità di facilitare l’interoperabilità dei dati e una regolamentazione pro-innovazione: questo tramite, per esempio, la promozione dell’interoperabilità tra le banche dati delle piattaforme pubbliche attraverso l’adozione di standard comuni, il rafforzamento delle infrastrutture digitali centralizzate e gli incentivi alla condivisione sicura dei dati tra enti.


Giulia Galliano Sacchetto
Giornalista professionista, con alle spalle esperienze in diversi campi, dalla carta stampata al web. Mi piace scrivere di tutto perché credo che le parole siano un’inesauribile fonte di magia.

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