Il digital gender gap, ovvero la mancanza di accesso, competenze e opportunità digitali per le donne rispetto agli uomini, è un argomento di cui si discute in vari settori, ma tra questi spesso non rientra la sanità. Eppure, anche qui il divario esiste. Per affrontare il problema l’Associazione Scientifica per la Sanità Digitale (ASSD), da sempre impegnata in attività di advocacy culturale, ha presentato un volume che traccia un quadro sullo stato dell’arte, individua gli ostacoli alla parità di genere e le prospettive positive da costruire.
Nel settore sanitario, le donne costituiscono il 70% della forza lavoro globale, ma solo il 25% ricopre ruoli di leadership, mostrando un forte divario nelle opportunità di carriera. “Si stima che le donne che lavorano nel settore tecnologico guadagnino il 19% in meno degli uomini: è necessario rompere il cosiddetto «tetto di cristallo» per consentire alle donne di raggiungere posizioni apicali in organizzazioni innovative ad oggi dominate dagli uomini”, afferma Marisa De Rosa, coordinatrice del progetto “Il Digital Gender Gap nella cultura del digitale in sanità” e membro del Comitato Scientifico ASSD.
In generale, dunque, in Italia, sebbene le donne rappresentino una parte significativa del personale sanitario, sono gravemente sottorappresentate nei ruoli dirigenziali e nelle posizioni apicali, con un impatto negativo anche sulla medicina personalizzata e sui processi decisionali strategici. “E non si tratta di problemi di capacità – spiega De Rosa – secondo Forbes, le imprenditrici in aziende innovative sono in grado di generare il 20% in più di profitti rispetto a quelle gestite da uomini, nonostante abbiano avviato le loro aziende con il 50% di capitale in meno». Continuando ad analizzare la situazione italiana emerge che al Sud si configura addirittura una triplice disuguaglianza per le donne: territoriale, economica e di genere. “Nelle regioni meridionali si registra il tasso più basso di occupazione femminile rispetto all’Europa: parliamo del 30% di donne che lavorano contro una media europea del 72,5%. È chiaro che è anche un problema di welfare”, afferma ancora De Rosa.
Ma il digitale da problema può diventare soluzione per ridurre il divario. Se usate correttamente, infatti, le tecnologie digitali rappresentano uno strumento chiave per affrontare le disuguaglianze di genere: richiedono, però, una strategia che coinvolga uomini e donne.
L’ASSD, oltre a continuare il monitoraggio della situazione, evidenzia alcune direzioni in cui è importante muoversi: promuovere l’alfabetizzazione digitale e STEM tra le giovani donne attraverso programmi educativi e di mentorship; implementare politiche aziendali e di governo che incentivino la diversità di genere nei settori tecnologici e sanitari; investire in ricerca specifica per la salute delle donne e aumentare i finanziamenti per le tecnologie FemTech; riconoscere il ruolo delle donne nel disegno e nell’implementazione di soluzioni tecnologiche, con particolare attenzione alla rimozione di bias di genere.
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