Telemedicina in Italia: a che punto siamo?

Il Pnrr mira a potenziarla, tuttavia sono necessari ulteriori sforzi per renderla veramente efficace
14 Gennaio 2025 |
Giulia Galliano Sacchetto

Lo sviluppo della telemedicina in Italia è un pilastro del Pnrr, ma è tuttora un cantiere aperto. Come evidenziato dall’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano se da un lato il Pnrr punta a migliorare l’accessibilità e la qualità dei servizi di telemedicina su tutto il territorio nazionale, dall’altro si rende necessario un ulteriore sforzo di sistema per rendere veramente efficiente questa nuova pratica.

In effetti, recentemente il Pnrr ha aggiunto altri 500 milioni di euro agli 1,5 miliardi già stanziati per lo sviluppo e l’adozione della telemedicina in Italia. E, proprio, in questo contesto, è nato il progetto della Piattaforma Nazionale di Telemedicina (PNT), il cui popolamento dati è stato recentemente avviato da Agenas in collaborazione con alcune Regioni pilota. La PNT mira a garantire standard comuni ai servizi di telemedicina sviluppati dalle Regioni, oltre all’interoperabilità con il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 (FSE) e con l’Ecosistema dei Dati Sanitari (EDS).

L’opinione dei professionisti della sanità

Nonostante gli investimenti, negli ultimi anni, stando ai dati raccolti dall’Osservatorio Sanità Digitale, la quota di medici che utilizzano servizi di telemedicina è rimasta sostanzialmente stabile: questo anche a causa di un clima di attesa nei confronti della disponibilità delle nuove piattaforme regionali.

Più nel dettaglio, il 35% dei medici specialisti, coinvolti nella ricerca dell’Osservatorio, e il 43% dei medici di medicina generale hanno dichiarato di aver utilizzato servizi di televisita nell’ultimo anno, con percentuali simili per il telemonitoraggio (rispettivamente 33% e 35%). La maggiore criticità rimane, comunque, la sporadicità con cui i professionisti utilizzano questi strumenti: infatti, il 62% dei medici specialisti e il 46% dei medici di medicina generale li utilizza solo poche volte al mese. In compenso l’interesse futuro dei medici a utilizzare servizi di telemedicina lascia ben sperare, visto che la percentuale supera l’80%.

La sporadicità d’uso riguarda anche gli infermieri, con una percentuale in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente (per esempio, 22% per la teleconsulenza contro il 29% rilevato nel 2023). Tuttavia, anche in questo caso, l’interesse per l’adozione futura di strumenti di telemedicina si conferma elevato, in particolare per i servizi che facilitano l’interazione tra i diversi professionisti, come la telecooperazione e la teleconsulenza.

E i pazienti?

Anche i pazienti, attualmente, utilizzano poco i servizi di telemedicina: dalla ricerca svolta dall’Osservatorio nel 2024 e condotta con circa 400 pazienti cronici o con gravi patologie emerge che solo l’8% di loro ha usufruito di televisite con uno specialista. Invece l’11% ha utilizzato servizi di telemonitoraggio. Anche qui, la propensione futura all’uso di questi strumenti è particolarmente elevata: l’81% dei pazienti, per esempio, si dichiara interessato al telemonitoraggio, riconoscendone il potenziale per migliorare la relazione con il medico, risparmiare tempo e affrontare difficoltà di mobilità. Dati che evidenziano l’importanza di progettare servizi che rispondano alle esigenze dei pazienti e comunicarne i potenziali benefici per promuoverne una diffusione sempre più ampia.

Le quattro dimensioni della telemedicina in Italia

Per analizzare lo stato dell’arte della telemedicina in Italia, l’Osservatorio ha identificato quattro dimensioni principali che consentono di sviluppare in modo coerente ed efficace un servizio di telemedicina e che, ad oggi, mettono in evidenza alcuni gap sostanziali. La prima dimensione è quella delle tecnologie abilitanti: il 46% dei medici specialisti e il 38% degli infermieri utilizzano ancora piattaforme non certificate e dedicate all’uso sanitario per erogare servizi di telemedicina, utilizzando app di uso quotidiano e sollevando così diverse problematiche legate a sicurezza e privacy dei dati scambiati.

La seconda dimensione riguarda la raccolta e la valorizzazione dei dati: molto spesso, infatti, le piattaforme utilizzate non consentono di raccogliere dati strutturati, limitando così il valore clinico e organizzativo delle informazioni.

La terza dimensione è quella relativa a ruoli, processi e organizzazione: per esempio, solo il 10% dei medici specialisti afferma che i servizi di telemedicina sono stati adeguatamente integrati nei processi clinici delle proprie strutture.

Infine, l’ultima dimensione riguarda cultura e competenze: in questo caso si rileva che meno di un quarto dei medici specialisti ha ricevuto una formazione appropriata per l’utilizzo della telemedicina e in pochi casi questi hanno beneficiato di programmi formativi completi.

Quattro dimensioni su cui è necessario lavorare perché la telemedicina possa diventare pienamente operativa contribuendo a migliorare la sanità italiana.


Giulia Galliano Sacchetto
Giornalista professionista, con alle spalle esperienze in diversi campi, dalla carta stampata al web. Mi piace scrivere di tutto perché credo che le parole siano un’inesauribile fonte di magia.

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