Le nuove linee guida dell’Agid hanno confermato qualcosa che era nell’aria da tempo: anche la Pa, infatti, deve fare i conti con l’intelligenza artificiale e per questo serve una nuova figura professionale che agevoli l’adozione delle tecnologie innovative negli enti pubblici: l’IA Architect. Tutto questo mentre si aspetta il disegno di legge sull’IA, ancora da approvare, che permetterà ai ministri di emanare decreti per fissare le norme tecniche e operative relative all’implementazione dell’intelligenza artificiale in Italia.
Nel documento dell’Agid l’IA Architect viene definito come “un esperto in grado di valutare e progettare l’architettura dei sistemi di intelligenza artificiale assicurando che siano scalabili, sicuri e performanti”. In altre parole, questo professionista avrà il compito di pianificare, progettare e sviluppare ecosistemi in grado di favorire una comunicazione efficace tra le diverse tecnologie utilizzate negli enti pubblici. Un cambiamento quanto mai necessario, anche per superare la logica dei sylos che oggi permea ancora molti settori della Pa e impedisce di svolgere azioni rapide ed efficienti. Anche per questo le nuove linee guida dell’Agid pongono l’accento sull’importanza di sviluppare le competenze interne alla Pa per gestire al meglio l’adozione dell’IA e il cambiamento, organizzativo e culturale, che deriverà dal suo utilizzo.
L’IA Architect non è l’unica nuova figura professionale contemplata dalle linee guida dell’Agid. Serviranno, infatti, anche professionisti capaci di analizzare e valutare gli impatti sociali legati all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, ovvero gli IA Ethicist. Il loro ruolo, si legge nel documento Agid, “dovrà essere integrato in tutto il ciclo di vita di questi strumenti” e consisterà nell’affrontare i “temi legati alla discriminazione, alla responsabilità, alla trasparenza e alla privacy”. Ci sarà spazio anche per i change manager, a cui spetterà il compito di valutare gli impatti dell’IA e di elaborare le strategie di cambiamento necessarie.
Ma le figure tecniche da sole non bastano. L’Agid sottolinea, infatti, che gli enti pubblici dovranno assumere più umanisti, come filosofi, sociologi e psicologi linguisti, affinché approfondiscano con gli esperti di tecnologie informatiche le questioni etiche, sociali e culturali legate all’uso dell’IA nel pubblico.
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