Il rapporto Bes di Istat fotografa un’Italia tra alti e bassi
Il rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) di Istat delinea un quadro complesso, fatto di progressi non omogenei, forti divari territoriali e un confronto europeo che vede l’Italia spesso indietro su lavoro, istruzione e innovazione, nonostante risultati positivi in salute, sicurezza e alcune dimensioni ambientali. Per quanto riguarda queste ultime, per esempio, dal rapporto emerge che le emissioni di gas serra si attestano a 6,8 tonnellate di CO2 equivalente per abitante, il valore più basso degli ultimi 15 anni. Inoltre, l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili raggiunge il 36,9% del consumo interno lordo nel 2023, in forte aumento rispetto al 30,7% del 2022. Ma crescono anche il consumo di suolo, che interessa il 7,17% del territorio nazionale, e la produzione di rifiuti pro capite, mentre il conferimento in discarica scende al 15,8%, avvicinando l’Italia all’obiettivo Ue del 10% entro il 2035.
In generale poco più di un terzo degli indicatori del rapporto migliora rispetto all’anno precedente, mentre oltre un quarto peggiora e quasi il 40% resta stabile. Il rapporto è stato stilato la prima volta nel 2010 e misura la qualità della vita attraverso 152 indicatori suddivisi in 12 domini che includono salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, innovazione, ricerca e creatività, qualità dei servizi.
Rapporto Bes di Istat: luci e ombre
Entrando più nel dettaglio del rapporto Bes di Istat emerge che, nel 2024, le aree con più segnali negativi sono “Sicurezza” e “Politica e istituzioni”, mentre “Istruzione e formazione” e “Lavoro e conciliazione dei tempi di vita” mostrano andamenti misti. Nel lungo periodo (2014-2024) il quadro è più favorevole: oltre la metà degli indicatori, infatti, migliora in modo significativo, con progressi marcati in Sicurezza, Innovazione, Ricerca e creatività, Politica e istituzioni e Benessere soggettivo.
Rimangono tuttavia le differenze territoriali. Nord e Centro – con l’eccezione del Lazio – presentano livelli migliori della media nazionale per almeno il 60% degli indicatori regionali. Alcune regioni come Veneto e Friuli-Venezia Giulia superano il 70%. Nel Mezzogiorno, invece, la maggioranza degli indicatori è peggiore della media italiana, con valori particolarmente critici in Campania e Puglia, dove oltre sette indicatori su dieci risultano peggiori del dato nazionale.
Allargando il confronto all’Europa emerge che l’Italia è sotto la media Ue per 18 dei 39 indicatori confrontabili, mentre solo 11 risultano migliori. Le maggiori difficoltà riguardano il mercato del lavoro e i percorsi formativi. Dall’altro lato l’Italia fa meglio della media Ue in alcuni indicatori di benessere economico (come il sovraccarico del costo dell’abitazione) e nei domini “Salute” e “Sicurezza”.

